10 aprile 2008
Le radici cristiane dell'Europa nella catechesi del Papa su San Benedetto
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OLTRE IL DIBATTITO IDEOLOGICO SULLE «RADICI»
QUEI MODELLI VIVENTI PER LA CASA DA RICOSTRUIRE
FRANCESCO BOTTURI
«Oggi l’Europa – ha detto il Papa rievocando la figura di san Benedetto – è alla ricerca della propria identità» e con essa di «un’unità nuova e duratura», dopo le profonde ferite di due guerre mondiali e il crollo di imponenti e tragiche ideologie. Per un’impresa così grande – osserva il Papa – non bastano «gli strumenti politici, economici e giuridici, ma occorre anche suscitare un rinnovamento etico e spirituale che attinga alle radici cristiane del Continente, altrimenti non si può ricostruire l’Europa», perché si resta ancora esposti «al pericolo di soccombere all’antica tentazione di volersi redimere da sè un giudizio forte che si illumina in relazione alla figura di san Benedetto, padre del monachesimo occidentale e patrono d’Europa. Proprio Benedetto, infatti, getta luce sul significato concreto e vivo delle «radici cristiane», spesso ridotto a oggetto di sterile dibattito ideologico.
Con Benedetto si può capire che le «radici cristiane » che servono a «ricostruire l’Europa» non sono anzitutto dei riferimenti storicoculturali e neppure delle verità e dei valori, per quanto fondamentali e venerabili, ma sono modelli viventi di cammino umano, come Benedetto è stato e continua a essere.
Proprio Benedetto è esempio e maestro di radicalità cristiana e umana, dell’andare alla radice dell’umano. «Essere radicali significa andare alla radice», proprio così scrisse Marx, pur avendo ormai smarrito l’itinerario verso la radice interiore dell’uomo.
Benedetto da Norcia invece – geniale organizzatore di vita comune e di una forma di autentico e riuscito 'comunismo' – ha trovato un itinerario alle sorgenti dell’umano, diventato «scuola» di nascita e di rigenerazione dell’uomo. sé».
Con sapienti cenni Benedetto XVI fa intravedere i passi essenziali di questo cammino al centro dell’uomo, di cui – più di ogni altra cosa – ha bisogno l’uomo di oggi e di cui – più di ogni altra cosa – sembra aver perso la direzione e la consuetudine.
Nella vicenda di Benedetto si delinea un ritmo vitale di discesa- purificazione e di ascesacomunione, in cui si riconosce la vita dello spirito e nello Spirito. Tutto comincia con il desiderio di Dio e con il ritrarsi nella solitudine, dove –osserva il Papa –«doveva sopportare e superare le tre tentazioni fondamentali di ogni essere umano, la tentazione dell’autoaffermazione, della sensualità, dell’ira e della vendetta». Da questa stessa radice di nascondimento e di lotta solitaria sarebbe nata la vocazione alla vita comune e alla pubblica 'visibilità' della «fede come forza di vita» dei monasteri. E nel loro grembo il cammino interiore di Benedetto sarebbe divenuto 'scuola' per generazioni: scuola di preghiera e di lavoro, di silenzio e di vita condivisa, di vita ritirata e di ospitalità aperta al mondo, di esercizio di autorità dell’abate e di accoglienza e ascolto dei giovani.
Scuola, in sintesi, di una «autorealizzazione » non «facile ed egocentrica », ma «vera […] come creatura a immagine e somiglianza di Dio». Cioè come uomo che non pretende di generarsi da sé, ma accoglie con gratitudine di essere generato e per questo riprende ogni volta il cammino della discesa, del nascondimento, della lotta e della ascesa, della manifestazione, della comunione. Che questo sia il ritmo essenziale della Vita, l’uomo europeo l’ha imparato proprio da Benedetto. E ancora da lui – esorta il Papa – ha profondo bisogno di reimpararlo.
© Copyright Avvenire, 10 aprile 2008
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