11 aprile 2008
Messaggio del Patriarca dei Caldei Delly nel trigesimo della morte dell'arcivescovo Rahho: "Pace e sicurezza per i cristiani in Iraq (Osservatore)
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Messaggio del Patriarca dei Caldei Delly nel trigesimo della morte dell'arcivescovo Rahho
Pace e sicurezza per i cristiani in Iraq
Un invito alla riconciliazione e alla speranza è stato rivolto da Sua Beatitudine Emmanuel III Delly, Patriarca di Babilonia dei Caldei, nel messaggio in occasione del trigesimo dell'arcivescovo di Mossul Paulos Faraj Rahho, vittima di un rapimento in Iraq, il cui corpo senza vita era stato ritrovato il 13 marzo scorso. Il testo è stato inviato al cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, che ha presieduto la messa di suffragio dell'arcivescovo caldeo, venerdì mattina 11 aprile, all'altare della cattedra della Basilica di San Pietro.
"Dalla lontana Terra di Abramo, padre dei credenti, - si legge nel messaggio del Patriarca letto alla fine della messa dal procuratore a Roma del patriarcato caldeo e visitatore apostolico per i fedeli caldei in Europa - alzo oggi la mia umile voce con quella dei fedeli caldei abitanti in questo paese, sfortunato e sofferente da tanti anni, e partecipo spiritualmente con il cardinale Sandri, con i confratelli in Cristo, i collaboratori della Congregazione per le Chiese Orientali e dei dicasteri della Curia romana, e quanti l'accompagnano, alla santa messa in suffragio dell'arcivescovo Paulos Faraj Rahho e dei cari giovani Samir, Rami e Firas".
"Il Signore ci conceda la pace e la sicurezza - prosegue il Patriarca - allontani da noi ogni male e ogni persecuzione, e faccia dono agli iracheni della grazia per sopportare tutto con fede e perseveranza.
A Benedetto XVI vanno la nostra devozione e gratitudine di figli, e l'assicurazione del nostro amore". Durante l'omelia il cardinale Sandri ha ricordato, oltre il presule, anche i tre giovani cattolici uccisi nel giorno stesso del rapimento; il giovane sacerdote don Raghed Aziz, i tre suddiaconi figli della Chiesa caldea assassinati lo scorso anno e il sacerdote siro-ortodosso Yussif Adel Abbudi ucciso recentemente.
"L'Eucaristia - ha detto il porporato riferendosi all'arcivescovo defunto - lo ha educato e preparato al compimento! Nulla sappiamo delle ore della sua prigionia e della sua agonia. Sono raccolte nel calice di Cristo! Ma possiamo pensarle segnate dalla santità del dolore e della speranza. Con quale risonanza interiore avrà proferito in quei momenti le parole del Crocifisso: "Nelle tue mani, o Padre, consegno il mio spirito", lui che fu strappato ai suoi appena dopo il sacro rito della via Crucis di quel venerdì 29 febbraio? Monsignor Rahho ha comunicato al Corpo e al Sangue del Signore. Ha celebrato in persona di Cristo il mistero della sua immolazione pasquale. È stato associato dal Signore Gesù all'unica e perfetta oblazione al Padre. Perciò: "vivrà in eterno", e con lui i nostri fratelli che ricordiamo in questa messa". Riferendosi poi alla prima lettura della liturgia il cardinale ha così proseguito: "Il persecutore Saulo diventa l'immagine della opposizione che sempre e ovunque gli evangelizzatori incontrano. Costante e ineludibile è la dimensione della sofferenza nella seminagione evangelica. Così è avvenuto per il caro monsignor Rahho. Come vescovo ricevette da Cristo lo speciale mandato di insegnare la Parola. Nel servizio della parola, e in quell'alto insegnamento che fu la sua morte cruenta, Cristo stesso col vescovo Rahho ha seminato nella fatica e nel pianto. Siamo pieni di speranza per il raccolto che il Signore prepara!". Quindi un invito alla fiducia: "Saulo, il persecutore divenne "strumento eletto" per portare il nome di Cristo dinanzi ai popoli. La tribolazione che oggi conoscono tanti discepoli del Signore è certamente destinata a portare evangelici frutti per la Chiesa caldea, per tutti i cattolici e i fratelli in Cristo iracheni. Frutti di riconciliazione interna alla comunità ecclesiale e di riconciliazione in Iraq". Con il cardinale Sandri hanno concelebrato i cardinali Bernard Francis Law, Jean-Louis Tauran e Ignace Moussa I Daoud, l'arcivescovo Vegliò, e i vescovi Youssuef Ibrahim Sarraf, Pierre Bürcher e Alfonso Milián Sorribas; monsignor Gabriele Caccia, assessore alla segreteria di Stato, officiali e collaboratori della Congregazione per le Chiese Orientali, e dei Pontifici Consigli per la promozione dell'unità dei Cristiani e per il Dialogo interreligioso, rettori dei pontifici collegi ecclesiastici orientali, sacerdoti e religiosi della comunità caldea e di altre comunità dell'oriente presenti in Roma. Tra i presenti il procuratore a Roma di Antiochia dei Siri, arcivescovo Jules Mikhael Al-Jamil. Erano inoltre presenti numerose religiose irachene e altre di origine araba. Hanno partecipato anche alcuni ambasciatori presso la Santa Sede, tra i quali quelli di Iraq, Egitto, Libano, Cipro, Turchia e Stati Uniti d'America.
(©L'Osservatore Romano - 12 aprile 2008)
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