11 aprile 2008
La cultura statunitense e la «sfida» di Ratzinger (Avvenire)
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La cultura statunitense e la «sfida» di Ratzinger
DA NEW YORK
ELENA MOLINARI
Come si colloca la cultura americana all’interno delle sfide che la Chiesa cattolica ha di fronte? Ad invertire i termini della questione rispetto alla tendenza dei media Usa a chiedersi «cosa aspettarsi dalla visita del Papa» è il teologo Lorenzo Albacete. E con lui una compagine di autori e filosofi del pensiero religioso, riuniti alla Columbia University di New York per scardinare la cornice entro la quale è stato troppo strettamente inquadrato l’arrivo di Benedetto XVI.
Primo compito di religiosi e pensatori in questi giorni di vigilia, allora, è ampliare la prospettiva dell’attesa. Renderla «infinita», nella volontà degli organizzatori della serata di discussione, il centro culturale Crossroads, fondato a New York da una manciata di membri di Comunione e Liberazione, che hanno chiamato il convegno «Solo l’infinito basterà ». «Papa Benedetto non citerà necessariamente specifiche situazioni internazionali – ha esordito Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa sede all’Onu che ospiterà Joseph Ratzinger alla nunziatura di New York – ma ricorderà che il futuro delle Nazioni Unite si può solo basare sulla ricerca dell’umanità comune che unisce tutti i suoi membri».
Per aiutare il pubblico americano a capire il messaggio che il Pontefice porterà negli Stati Uniti, Richard Neuhaus, fondatore e direttore del giornale First things e presidente dell’Istituto per la religione nella vita pubblica, ha invece sottolineato la radice agostiniana del pensiero di Benedetto XVI, e il processo che lo ha portato a proporre un «nuovo umanesimo».
«Al funerale di Luigi Giussani, l’allora cardinale Ratzinger ebbe a dire che il cristianesimo non è una raccolta di dogmi, né solo un sistema di precetti morali – ha spiegato – ma soprattutto un evento, un incontro con il volto umano di Dio».
Un incontro che secondo Neuhaus il Papa porta dentro di sé, traendone una «palpabile tranquillità interiore». Di qui l’intento rivoluzionario, la proposta profetica che Benedetto XVI presenta al mondo e con la quale vuole sfidare anche gli americani: l’invito a superare le divisioni dell’illuminismo e a unire l’imminente e il trascendente, fede e ragione, carne e spirito.
Con questo richiamo a una via migliore e più completa di vivere e di testimoniare l’esperienza cristiana il Papa vuole offrire un modo di superare «il tormento dell’inefficacia del cristianesimo », ha spiegato Carl Anderson, cavaliere supremo dei Cavalieri di Colombo, citando parole che il teologo Ratzinger pronunciò all’inizio della sua carriera universitaria.
Dunque il rischio di un «cristianesimo sganciato dall’umanità di Cristo – ha aggiunto monsignor Albacete – che diventa un’astrazione, impotente di fronte alle sfide della modernità».
Esiste questo rischio nella società americana contemporanea?
David Schindler, rettore dell’Istituto Giovanni Paolo II per il Matrimonio e la vita familiare e direttore della rivista Communio,
fondata dallo stesso Ratzinger, ha fatto notare che in America non si verifica quella che Benedetto XVI identifica come la causa principale dei mali del mondo, vale a dire la «dimenticanza di Dio». L’America è una società religiosa, eppure moderna. «L’assioma che la modernità porti con sé l’assenza di Dio qui non si applica» –ha sottolineato Schindler –. D’altra parte, però, la cultura americana, che pervade anche le sue comunità religiose, è radicata nella centralità dell’io, in un falso senso di autonomia e di libertà. «Invece – ha continuato Schindler – la teologia di Benedetto è costruita attorno all’idea che l’io non nasce da se stesso ma dall’altro. E che la ragione è il dialogo dell’io con Dio. Quindi il matrimonio di modernità e religiosità in America è incompleto. Ha allontanato Dio dal dibattito pubblico. Ha dimenticato che nessun atto, pubblico o provato, del singolo o di uno Stato, può prescindere dal Creatore e rimanere neutrale».
La società americana dunque non può che attendere gli insegnamenti del Papa pellegrino sulla sua terra come un’opportunità di trasformazione culturale. Una trasformazione non indolore, ma che non respinge le conquiste raggiunte dall’America in termini di rispetto dei diritti e delle libertà individuali. Al contrario, parte dai loro successi per aggiungervi la dimensione cristiana. E rivelare che quell’inquietudine che anima la società statunitense e la muove a «cercare la felicità», come si legge nella sua Costituzione, non è altro che il desiderio di amare Dio e gli altri e di esserne amati.
© Copyright Avvenire, 11 aprile 2008
a Ground Zero
Il Papa pregherà il «Dio della pace»
Nel Messale della prossima visita, il testo che sarà pronunciato dal Pontefice nel luogo dove sorgevano le Torri Gemelle
E' certamente uno dei momenti più attesi della visita di Benedetto XVI negli Stati Uniti, che inizierà martedì prossimo. Domenica 20 aprile il Papa sarà a Ground Zero, il cratere lasciato dalle Torre Gemelle di New York crollate per l’attentato dell’11 settembre 2001.
Qui, secondo il Messale del viaggio del Papa, diffuso ieri dalla Sala Stampa Vaticana, Benedetto XVI guiderà un momento di preghiera. «Dio della pace, porta la tua pace nel nostro mondo di violenza: pace nei cuori di tutti gli uomini e di tutte le donne e pace tra le nazioni della terra – questo uno dei passaggi della preghiera –. Volgi verso la tua via dell’amore – proseguirà il Papa – coloro i cui cuori e le cui menti sono consumati dall’odio». «Dio della comprensione – è la conclusione del testo – oppressi dall’enormità di questa tragedia, noi cerchiamo la tua luce e la tua guida mentre ci confrontiamo con questi terribili eventi. Assicura a coloro le cui vite furono risparmiate di poter vivere in modo che le vite perse in questo luogo non siano perse invano. Dacci conforto e consolazione, rafforzaci nella speranza, e dacci la saggezza e il coraggio di lavorare instancabilmente per un mondo dove la vera pace e l’amore regnino tra le nazioni e nei cuori di tutti».
Secondo quanto riferito dalla Conferenza episcopale statunitense, a
Ground Zero il Papa sarà accompagnato dal cardinale Edward Egan, arcivescovo di New York. Il programma prevede che il Papa si inginocchi per una breve preghiera silenziosa, quindi accenderà una candela, cospargerà di acqua benedetta il cratere e benedirà i presenti. Nel luogo simbolo della terribile tragedia dell’11 settembre Benedetto XVI incontrerà un gruppo di 20 persone in rappresentanza delle vittime, dei soccorritori, dei sopravvissuti all’attacco e degli ufficiali del governo. Da Ground Zero, nell’ultima giornata della sua visita statunitense, il Pontefice si trasferirà allo Yankee Stadium di New York dove presiederà l’Eucaristia. La partenza per Roma è prevista nella mattinata del 21aprile.
© Copyright Avvenire, 11 aprile 2008
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