7 maggio 2008

Il concerto dell’orchestra cinese in Vaticano: il commento di Asianews


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VATICANO - CINA

Il concerto dell’orchestra cinese in Vaticano

La China Philarmonic Orchestra di Pechino e il coro dell’Opera di Shanghai eseguiranno per Benedetto XVI il Requiem di Mozart e canti popolari cinesi. Ridda di interpretazioni su questo gesto: preparazione a rapporti diplomatici; pubblicità di Pechino per migliorare la sua immagine, dopo le violenze in Tibet e le critiche internazionali. È evidente una divisione della leadership di Pechino sulle questioni della libertà religiosa.

Città del Vaticano (AsiaNews)

La maggiore orchestra della Cina popolare si esibirà domani (oggi) davanti a Benedetto XVI. La China Philarmonic Orchestra di Pechino, in un suo tour in Europa, ha voluto infatti inserire anche una tappa in Vaticano. Nell’aula Paolo VI, l’orchestra guidata da Long Yu, uno dei più rinomati direttori cinesi con esperienza internazionale, eseguirà in onore del pontefice il Requiem di Mozart per poi passare a qualche canto popolare cinese, fra cui il famoso “Molihua” (“Fiori di gelsomino”). L’orchestra è accompagnata dal coro dell’Opera di Shanghai.

Al termine del concerto Benedetto XVI terrà un discorso.

Per l’occasione il Vaticano non ha fatto inviti ufficiali al corpo diplomatico presso la Santa Sede. In questa veste poco ufficiale, può permettere la presenza sia dell’ambasciatore della Repubblica di Cina (Taiwan), accreditato presso la Santa Sede, sia quello della Repubblica popolare presso il Quirinale. L’ambasciata della Cina popolare ha confermato la presenza del diplomatico di Pechino, ma non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione sul significato dell’evento. L’ambasciatore di Taiwan non sarà presente, a causa di impegni precedenti.

Cina e Vaticano non hanno relazioni diplomatiche, anche se da tempo vi sono segnali di apertura da una parte e dall’altra, pur frenati da durezze, arresti di fedeli e chiusure.

Sul senso di questo gesto ci sono varie interpretazioni. Alcuni, soprattutto lo stesso Long Yu, parlano di una “diplomazia del ping pong”, ricordando le partite di ping pong fra cinesi e americani che nel ’71 hanno facilitato le relazioni diplomatiche Cina-Usa.

Da parte vaticana, si dà molto risalto al concerto e all’ospitalità del pontefice. L’Osservatore romano e la Radio Vaticana sottolineano che con questo concerto “la musica si conferma linguaggio e tramite preziosissimo di dialogo fra i popoli e le culture”.

Anche il ministero cinese degli Esteri afferma che “la musica è un linguaggio universale che può mettere insieme persone di Paesi differenti e da diversi mondi culturali e religiosi”. Augurando al concerto “un grande successo”, un portavoce del ministero ha però precisato che si tratta di “un contatto da persona a persona, attraverso la cultura e l’arte”.
A sminuire ancora di più il valore del gesto vi è Ye Xiaowen, direttore dell’amministrazione statale per gli affari religiosi che in un giornale cinese ha dichiarato: “Il concerto in Vaticano è solo una tappa della tournée europea dell’Orchestra; non sono andati apposta in Vaticano per l’esecuzione”.
“Lo scambio culturale - ha però aggiunto – serve sicuramente a promuovere i contatti reciproci”.
Cattolici cinesi della Chiesa ufficiale e sotterranea, contattati da AsiaNews sono felici di questo gesto di “distensione”, ma fanno notare che il tutto sembra essere “una campagna pubblicitaria della Cina, in un momento come questo in cui è malvista dalla comunità internazionale a causa della repressione contro tibetani e attivisti per i diritti umani”.
Nel recente passato è successo qualcosa di simile. Alcuni mesi fa, qualche giorno dopo il rifiuto del regista Steven Spielberg a partecipare alla preparazione delle Olimpiadi, è toccato a Ye Xiaowen, a rialzare le sorti dell’immagine pubblica della Cina facendo dichiarazioni molto favorevoli ai rapporti sino-vaticani (v. AsiaNews 22/02/2008). Alcune settimane dopo, in un’intervista a un giornale cinese, egli ha invece parlato della “doppia faccia del Vaticano” e dei tentativi del pontefice di “colonizzare” la Chiesa cinese nazionale (v. AsiaNews 21/3/2008).

Da molti segnali appare ormai evidente che all’interno della leadership cinese – soprattutto nel ministero degli esteri - vi è un interesse ai rapporti diplomatici con la Santa Sede e a valorizzare l’apporto delle religioni allo sviluppo del Paese. Vi è però anche una parte della leadership legata a vecchi schemi ideologici e alla concezione totalitaria e confuciana del potere, che ammette solo esperienze religiose controllate strettamente dallo Stato. Per essi le richieste di libertà religiosa da parte della Chiesa cattolica e del papa sono inaccettabili.

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