15 settembre 2008
Media francesi sorpresi dal fervore religioso. Scatto d'orgoglio della «minoranza» cattolica (Nava)
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Comunità Meno di un cittadino su due è credente: ma il senso identitario è fortissimo
Media francesi sorpresi dal fervore religioso Scatto d'orgoglio della «minoranza» cattolica
Le monde «Benedetto XVI arriva tra il fervore popolare» si leggeva ieri sul sito Le Figaro Il Papa «richiama le radici cristiane della Francia» era il titolo di ieri
Massimo Nava
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI
Forse si sono sbagliati giornali e settimanali, che hanno dedicato copertine al divorzio di Jean-Paul Belmondo, ai protetti di Sarkozy, ai migliori vini o che avevano prognosticato (come Libération) una «missione impossibile» del Pontefice.
Forse erano pessimiste le parrocchie. Forse le statistiche non spiegano segreti percorsi della sensibilità collettiva. Forse la televisione, con le dirette, ha fatto il miracolo di scatenare la curiosità. Sta di fatto che la visita del Papa in Francia è stata accompagnata da entusiasmo popolare, attenzione delle classi dirigenti e alta partecipazione (260 mila persone, in grande maggioranza giovani, alla messa sull'Esplanade des Invalides) oltre le previsioni della vigilia (e le disattenzioni della stampa). Tutte inclini al ribasso, vuoi per la caduta della pratica religiosa e delle vocazioni (meno del 50 per cento dei francesi si dichiara cattolico, erano l'80 per cento nel Novanta), vuoi per il «tasso carismatico» di Benedetto XVI rispetto al fascino mediatico di Papa Wojtyla.
Sta cambiando qualche cosa nella Francia dell'Illuminismo e della Rivoluzione, nel Paese che ha eretto la laicità a pietra angolare del suo modello di convivenza? È legittimo, sull'onda del successo del Papa, parlare di rimonta della Chiesa? Occorre considerare fenomeni poco esplorati e in apparenza scollegati.
C'è una Francia agricola, provinciale, tradizionalista, che continua a praticare con intensità la propria fede. È una Francia che è anche capace di forte mobilitazione. C'è poi un fermento giovanile che s'impegna nelle associazioni umanitarie e in attività solidali e che esprime senza complessi la propria identità. Se è vero che calano vocazioni e seminaristi, sono in crescita diaconi e laici impegnati in attività religiose.
Nella Francia con record di divorzi e «single», la famiglia che si dichiara cattolica lo fa con coerenza e autenticità. La Repubblica laica protegge e aiuta la famiglia, indipendentemente dalla parola di Dio: basti considerare il numero di figli e il record europeo di nuovi nati. E questa Francia laica sovvenziona e tutela le scuole private, per lo più cattoliche, verso le quali le iscrizioni sono in forte crescita.
A questo mondo, Benedetto XVI, con la nomina di nuovi e giovani vescovi, ha offerto interlocutori e riferimenti più dinamici. «Ci sono meno credenti che in passato, ma diventano più ferventi. Prima si andava in Chiesa per tradizione, oggi è una scelta», dice Luc Ferry, filosofo laico, ex ministro dell'istruzione.
Ed essendo minoritaria, la comunità cattolica, come del resto altre confessioni, tende a farsi sentire di più e ad affermare la propria identità. Basta osservare le processioni notturne, i canti e gli slogan per le vie di Parigi, la lunga veglia di preghiera all'aperto.
«Sono stupito della differenza fra Wojtyla e Benedetto XVI — commenta Guy Gilbert, il sacerdote amico di Sarkozy: il primo era una attrazione, il secondo si fa ascoltare. È stupefacente come mobilita i giovani, da Roma, a Sidney, a Parigi».
Il fervore e la mobilitazione che accompagnano la visita del Papa non sorprende le altre comunità religiose. «Da qualche anno aumenta la frequentazione delle sinagoghe. C'è una forte ripresa di sentimenti religiosi che si spiega con il bisogno di dare un senso alla vita», commenta Richard Prasquier, presidente del Consiglio rappresentativo delle comunità ebraiche di Francia.
Il mondo politico e culturale, pur attento a salvaguardare i fondamenti della laicità, ha da tempo cambiato registro. Hanno fatto discutere le riflessioni del filosofo Regis Debray sulla «presenza» oggettiva della religiosità nel panorama culturale, architettonico e storico della Francia e su come affrontare l'argomento nell'ordinamento scolastico. Una riflessione che riguarda anche l'Islam, dopo le aperture fatte da Sarkozy su rappresentanza e finanziamento dei luoghi di culto.
«Quando il presidente parla di laicità positiva significa proporre uno Stato che dialoga, che tiene conto della realtà di oggi e che riconosce uno spazio alla questione della religiosità », dice l'opinionista Olivier Duhamel. «Il rischio è che si arrivi a un mercanteggio culturale che non corrisponde alla realtà sociale. In una parola, a una laicità negativa in una società neoconservatrice e ipocrita. Basta vedere la sfilata di politici divorziati e atei davanti al Papa», dice Caroline Fouret, autrice di saggi sulla questione della laicità.
© Copyright Corriere della sera, 14 settembre 2008
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