28 luglio 2007

Benedetto XVI? Un Papa gentile. Ma che brava persona.


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Salvatore Mazza

Ma che brava persona. Senza punto esclamativo alla fine, cantilenato nella dolcezza della cadenza cadorina, a esprimere non una sorpresa, ma una constatazione: Ma che brava persona. Che non è il contrario di "cattiva persona", ma qualcosa di completamente diverso. È uno che volentieri inviteresti a casa tua, perché sai che con lui ti puoi sentire a tuo agio, ti piace, e puoi offrirgli un bicchierino di qualcosa (magari aranciata?) e qualche pasticcino. Senza formalità. E parlare.

Papa Ratzinger è quello che non ti aspetti. Sempre se stesso. Con la sua dolce timidezza a frenarlo tra la folla, e di una gentilezza disarmante a tu per tu. Sembra avere quasi paura di disturbare, così com'è incapace di disinvolture. Ma è regolarmente il primo ad avvicinarsi e a chiedere: «Come sta?», sempre col "lei". Accogliente. Garbato. Semplice. Lorenzago di Cadore, come a suo tempo la valdostana Introd, l'ha scoperto nel piccolo dei suoi pochi tetti, e nuovamente rivelato al mondo. Innamorandosi del suo ospite.

Brava persona si declina in molti modi. I preti dicono «è come parlare col mio vescovo». I bambini, ai quali Benedetto si accosta come un nonno paziente, traducono lo stesso concetto con «è proprio simpatico», che poi detto da loro è davvero il massimo. Chiunque abbia l'occasione, o solo la fortuna, di trovarselo di fronte faccia a faccia, dice la stessa cosa. Si chiami George W. Bush o Lino Fontanive, il pensionato con la Baita di Stabie che quando se l'è visto davanti s'è fatto scappare una colorita espressione di stupore e poi gli ha offerto un bicchiere sulla veranda, con la moglie Celestina a servirli e a borbottare davanti al Papa «...me lo scusi questo marito mio...».
Momenti da ricordare, figuriamici da vivere. E vengono in mente le parole che il Papa gentile ha detto ai preti di Belluno-Feltre e di Treviso, parlando dell'"umanità" del prete. Quando ha raccontato che no, lui non è mai stato un grande sportivo «ma magari andare in montagna mi piaceva quando ancora ero più giovane». E che bisogna giocare a pallone così come studiare le Sacre Scritture, e non si può sempre vivere «nella meditazione alta» perché «normalmente viviamo con i piedi per terra e gli occhi verso il cielo». Soprattutto, quando li esortava a essere sempre «pastori del gregge» loro affidato dal Signore, e non diventare «burocrati sacri», a non perdere mai «la vicinanza con la gente».
È quello che Papa Benedetto ha mostrato in questi giorni. Nello stile - qualcuno l'ha definito "monastico" - in cui ha trascorso le sue vacanze a Lorenzago. Studio, preghiera, visite nei piccoli luoghi cari alla religiosità di questa valle, chiese minuscole o semplici edicole, o un crocifisso nel bosco. E pronto sempre a fermarsi con chi si trovava, per caso, a passare. Un Papa che non vuole essere un «burocrate sacro». Vicino alla gente. Sempre se stesso. Sempre lo stesso, timido cardinale Ratzinger che andava a piedi in ufficio e che, se lo incrociavi a Borgo, era il primo a scoprirsi la testa e a chiedere: «Come sta?». Un Papa gentile. Ma che brava persona.

© Copyright Avvenire, 28 luglio 2007


LE VACANZE DEL PAPA

L’arrivederci al Cadore
«È stato tutto molto bello»


Dopo 19 giorni ieri Benedetto XVI ha lasciato Lorenzago In serata il trasferimento in auto a Castel GandolfoSi è concluso il riposo del Pontefice tra le Dolomiti. Dalla gente corsa a salutarlo l’invito a tornare. «Certo, a Dio piacendo», la risposta

Dal Nostro Inviato
A Lorenzago Di Cadore (Belluno)
Salvatore Mazza

Le campane di Lorenzago intonano il loro ultimo concerto per l'ospite che se ne va, proprio mentre alle 17.02 le pale del motore sollevano il grande elicottero bianco. «Arrivederci», dicono le labbra della gente e i grandi striscioni distesi a fasciare le strade. E dicono «ritorna tra noi». Ma tornerebbe? «Certo, a Dio piacendo». Qui «è stato tutto molto bello».
È un Papa Benedetto sereno, riposato, leggermente abbronzato quello che ha lasciato ieri pomeriggio il Cadore, al termine dei diciannove giorni di vacanza in montagna. Un congedo nello stile che ha contraddistinto questo periodo, semplice, essenziale, intimo. Dribbla con cortesia i giornalisti che provano a lanciargli qualche domanda al momento di salire in auto - «Per favore non è il momento di interviste, solo un saluto» - e saluta i ragazzi dell'oratorio di San Donà del Piave saliti a piedi fino al Castello di Mirabello per vederlo.
A loro, e prima di loro ai volontari della parrocchia di Lorenzago, dedica gli ultimi incontri e le ultime battute di questo soggiorno. Scherza con Marco Dambros, factotum del piccolo museo di Lorenzago dedicato ai soggiorni di Papa Wojtyla, che cerca di strappargli la promessa di un ritorno nel 2008: «Vedremo», dice ridendo. E nel ricevere la medaglia ricordo del suo soggiorno a Lorenzago (che lo ritrae con lo zucchetto bianco) e quella a suo tempo coniata per Wojtyla (col defunto Pontefice ritratto con la mitria), strappa un sorriso a tutti i presenti: «Si vede la differenza!». Poi ringrazia ancora i suoi ospiti per il concerto dedicatogli nel giorno di San Benedetto, e ricorda: «Avete davvero un organo molto bello».
Pochi passi più là, sempre accompagnato dai vescovi di Belluno-Feltre, monsignor Giuseppe Andrich, e di Treviso, monsignor Andrea Bruno Mazzocato, varca il cancello della recinzione che circonda la villetta che l'ha ospitato per quasi tre settimane. Qui incontra i bambini di San Donà, e si ferma ancora brevemente con don Francesco, responsabile dell' oratorio. Gli chiede il nome e, quando questi lo ringrazia «per l'incontro dell'altro giorno con i sacerdoti ad Auronzo, il Papa gli risponde: «La benedico e pregherò per lei».
Poi via in macchina, la lunga discesa fino in paese e all'eliporto ricavato vicino ai campi sportivi del paese. Per le strade pavesate di bandiere bianche e gialle vaticane, italiane e tedesche, i cittadini di Lorenzago e i villeggianti l'hanno salutato agitando fazzoletti e bandiere. «Santità, la gente del mio comune è entusiasta - gli ha chiesto congedandosi il sindaco Mario Tremonti -. L'anno prossimo quando avremo la possibilità di rivederla, prima o dopo il viaggio a Sydney». Un altro sorriso da parte di Benedetto XVI. Un altro: «Vedremo, vedremo». Ripetuto subito dopo, «a Dio piacendo», anche a don Sergio De Martin, parroco di Lorenzago.
Poi, esaurito il tempo dei saluti e della commozione, il grande elicottero bianco dell'aeronautica militare è decollato con il Papa che, accompagnato dal vescovo di Treviso, ha raggiunto l'aeroporto di Istrana, sorvolando e benedicendo il cimitero di Longarone, dove riposano le duemila vittime del disastro del Vajont che, nel 1963, cancellò dalle carte geografiche il piccolo paese ai piedi della diga. Da Istrana, su un aereo sempre dell'aeronautica militare, in circa un'ora di volo ha poi raggiunto l'aeroporto romano di Ciampino. Da qui poco prima delle 19 Benedetto XVI si è trasferito in auto a Castel Gandolfo, dove risiederà sino alla fine di settembre. Dal Palazzo apostolico della residenza estiva, simpaticamente definita «la mia seconda patria» il Papa ha rivolto un breve saluto alla gente che lo aspettava. «Cari amici, ho trascorso vacanze bellissime nella terra delle Dolomiti - ha detto -, ma adesso sono felice di essere di nuovo a Castel Gandolfo. Mi sento sempre a casa qui, circondato dalla vostra amicizia e dalla vostra ospitalità. Speriamo di vederci domenica all'Angelus».
Anche la terza vacanza in montagna di Papa Ratzinger, la prima a Lo renzago di Cadore dopo le due a Introd, in Valle d'Aosta, è così terminata. Diciannove giorni dedicati al riposo, al lavoro (non solo sul secondo volume del suo libro su Gesù, ma anche alla scrittura del Messaggio per la Giornata mondiale della Gioventù del luglio 2008, a Sydney), e alla preghiera. Insieme alle passeggiate preparate appositamente per lui nel parco attrezzato attorno alla villetta - «Sentieri riposanti, e lui ha molto gradito», ha detto Flavio De Nicolò, capo del Corpo forestale dello Stato - e alle quasi quotidiane uscite serali nei piccoli e piccolissimi luoghi di culto che sono parte dell'anima di Lorenzago, e di tutto il Cadore, per recitare il Rosario. Stile monastico, è stato detto. Lo stile di Benedetto XVI.

© Copyright Avvenire, 28 luglio 2007

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