28 luglio 2007

Intervista a Don Georg: cio' che Repubblica e Corriere si sono "dimenticati" di scrivere


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Cari amici, ieri Politi e un giornalista del Corriere (non e stato divulgato il nome) si sono affrettati a riportare alcuni stralci (poche frasi a fronte di una intervista lunghissima) dell'intervista (qui trovate il testo originale, in tedesco)che il segretario personale di Papa Benedetto, Mons. Georg Gänswein ha rilasciato a Peter Seewald.
Con molta enfasi si e' dato spazio alle considerazioni di Don Georg sull'Islam. Peccato che Repubblica e Corriere si siano dimenticati (ma che strano!) di tradurre la frase completa pronunciata dal prelato tedesco. Mons. Gänswein, come noi del resto, sa perfettamente a chi attribuire la responsabilita' dei disordini scatenatesi nel mondo islamico dopo la lectio di Ratisbona, disordini che non sono stati immediati ma che sono stati "partoriti" da errate interpretazioni. Da parte di chi? Ma dei media ovviamente!
Caro Politi, come mai ha omesso questo piccolo particolare? Come mai non ha riportato la frase esatta di Mons.Gänswein? Come mai un vaticanista che critica un giorno si' e l'altro pure le presunte (per me inesistenti) ingerenze del Vaticano omette particolari cosi' importanti? Non e' da Lei, Politi, mi delude... :-)
Idem per il Corriere.
Non mi pare corretto tradurre solo cio' che fa comodo "dimenticando" proprio la parte che riguarda i mass media, primi responsabili della errata interpretazione delle parole del Pontefice.
Confesso che anche a me viene spesso la tentazione di tagliare gli articoli e di inserire solo cio' che mi piace, ma preferisco riportare tutto e poi contestare parola per parola. Per fortuna stamattina Il Giornale pubblica integralmente la risposta di Don Georg alla domanda su Ratisbona.
:-)
Raffaella

«L’islam minaccia l’identità dell’Europa»

di Salvo Mazzolini

da Berlino

A quasi un anno dal discorso di Benedetto XVI a Ratisbona, che tante polemiche suscitò nel mondo musulmano, una delle persone più vicine a Papa Ratzinger torna sullo scottante tema dei rapporti con l’islam segnalando i tentativi di islamizzazione in corso nel mondo occidentale ed esortando a non sottovalutarne le conseguenze.

A lanciare il nuovo grido di allarme, seppure formulato con parole caute e diplomatiche ma dal significato inequivocabile, è monsignor Georg Gaenswein, il prelato che meglio conosce il pensiero di Benedetto XVI sia per la sua carica di segretario del Papa sia per la sua biografia. Tedesco e bavarese come il Pontefice e come lui docente di Teologia, Georg Gaenswein giunse a Roma nel ’95 e da allora ha sempre ricoperto incarichi che lo hanno portato a collaborare con Joseph Ratzinger. In una lunga intervista al Sueddeutsche Zeitung, monsignor Gaenswein racconta la vita del Papa, ma non si sottrae alle domande insidiose come quando l’intervistatore, Peter Seewald, autore di una biografia su Ratzinger, gli chiede un giudizio sul famoso discorso di Ratisbona, in cui il Papa citò le parole di un imperatore bizantino che accusava Maometto di non aver portato nulla di buono e umano perché esortava i musulmani a difendere la fede anche con la spada.

A quasi un anno di distanza monsignor Georg conferma che quel discorso non solo fu scritto dal Papa di suo pugno, ma che nella versione in cui è stato pronunciato può essere considerato profetico.

«Solo quando atterrammo a Roma al ritorno dalla Baviera apprendemmo delle reazioni che il discorso aveva suscitato tra i musulmani, fummo sorpresi e anche il Papa fu sorpreso per come vennero interpretate le sue parole. Tutto è successo perché gli organi di informazione hanno pubblicato solo un estratto del discorso facendo passare l’estratto come sintesi del pensiero del Papa».

Insomma non ci fu nessuna intenzione di offendere i musulmani. Precisato questo punto, il segretario di Ratzinger non esita però a esprimere la preoccupazione del Papa per la carica espansionistica dell’islam e per le sue conseguenze sull’Europa in particolare.

«Non si possono minimizzare i tentativi di islamizzare l’Occidente come non si possono ignorare i pericoli che questi tentativi rappresentano per l’identità dell’Europa. La Chiesa vede chiaramente questi pericoli e non può non indicarli. Proprio il discorso di Ratisbona va letto in questa direzione».

Un segnale di allarme quindi lanciato principalmente a difesa delle radici cristiane dell’Occidente. «L’Europa non può vivere se le si tagliano le sue radici perché ciò significherebbe strapparle l’anima». Nell’intervista monsignor Gaenswein ribadisce l’importanza per la Chiesa cattolica del dialogo con l’islam, ma non nasconde che è un dialogo difficile perché «l’Islam è un mondo composto da molte correnti, alcune nemiche tra loro e alcune, le più estremiste, decise a imporre la legge del Corano anche con il fucile».

L’allarme dell’autorevole prelato sui pericoli dell’islam in Europa coincide, e non è un caso, con un momento in cui in Germania infuriano le polemiche per la costruzione di una nuova grande moschea a Colonia, città simbolo del cattolicesimo tedesco. Finanziata da organizzazioni turche e dagli Emirati del golfo, la moschea, che dovrebbe sorgere non lontano dal famoso duomo di Colonia, avrà due minareti alti 55 metri. Ma l’ultima parola non è detta. Molte le voci contrarie, tra cui quella del vescovo di Augusta, Walter Mixa, che in un’intervista ha detto che i musulmani non possono pretendere di costruire moschee in Germania fino a quando nei loro Paesi non verrà garantita sufficiente libertà per le altre religioni. «Nella maggior parte dei Paesi musulmani - ha ricordato - i cristiani non hanno quasi il diritto di esistere. Fino a quando questa situazione perdurerà è bene dire ai musulmani in tutta amicizia che non possono chiedere totale libertà di culto ai Paesi ospitanti per poi negarla a casa propria. La soluzione è la reciprocità in materia di libertà religiosa».

© Copyright Il Giornale, 28 luglio 2007

3 commenti:

mariateresa ha detto...

cara, immaginavo qualcosa del genere, l'articolo di Politi trasudava un tale intento incendiario che ora non mi stupisce di vedere confermato che era costruito proprio per meri scopi polemici, per usare un eufemismo.
Certo che io non so come uno possa guardarsi poi allo specchio: da una parte a suo tempo ha dato addosso al Pontefice imputandogli delle responsabilità che non aveva dopo Ratisbona, accusandolo di portare allo scontro, poi come giornalista si prende la responsabilità, dopo avere prima di tutti gli altri soffiato sul fuoco, di proporre ancora una volta un'interpretazione che è fatta apposta per creare una nuova polemica.
Beh, chi è che provoca?
Qui non c'entra il diritto all'informazione, mi sembra.
Oggi su Avvenire, se non mi è sfuggito qualcos'altro, vedo che di questa schifezza ne parla solo la rubrichetta di Rosso Malpelo, meglio di niente, ma io credo che non sarebbe una fatica inutile spendere qualche parola di più per stigmatizzare uno stile giornalistico così triste.

mariateresa ha detto...

devo fare una precisazione, Rosso Malpelo su Avvenire si riferisce non a questo articolo di Politi su padre Georg, ma a quell'altra perla, sempre dello stesso gionalista, nel giornale di ieri.

Anonimo ha detto...

Grazie Mariateresa per il suggerimento :-)
Purtroppo i giornalisti si stanno assumendo un po' troppe responsabilita': con la scusa di voler sembrare sempre e comunque i piu' bravi, i piu' diligenti, i piu' intelligenti e i depositari della verita', rischiano di provocare seri danni di cui, poi, rifiutano di assumersi la paternita'.