29 luglio 2007

Secondo alcuni esisterebbero "due Ratzinger": in realta' ne esiste uno solo, l'altro e' un'invenzione dei media!


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IL COMMENTO

Un altro Ratzinger

FRANCESCO DAL MAS

Dov’è il “pastore tedesco”? Dov’è il “papa dagli occhi di ghiaccio”? (così era stato descritto all’arrivo a Treviso, prima di salire a Lorenzago. Dov’è l’affossatore del Concilio, il crociato contro l’Islam? Le vacanze di Benedetto XVI in Cadore hanno svelato un altro papa, almeno a chi l’ha conosciuto attraverso le etichette. Lorenzago ha conosciuto un papa che ti guarda negli occhi prima di allungarti la mano. E sono occhi che ti fanno sentire a tuo agio; che non ti giudicano e con quello sguardo ti senti personalmente ascoltato. Ti chiede lui come stai, di dove sei, che cosa fai nella vita, prima che tu possa partecipargli la tua emozione. In tanti casi, perfino il pianto di commozione.
Benedetto XVI ha lasciato il segno in Cadore. Più profondo, per certi aspetti, di Wojtyla (che vi soggiornò tra il 1987 ed il 1998). Il polacco dei monti Tatra si fiondava per sentieri con la pioggia e la neve, usciva di mattina presto, alle 9, e rientrava poco prima delle 19 (trovando folle da “giro d’Italia” ad attenderlo). Dopo lunghe ore di contemplazione. Anzi, di solitudine contemplativa; molti intensi, ma rari, infatti, gli incontri con gli escursionisti o i montanari delle baite.
Ratzinger - che ha ammesso il piacere, da giovane, per la montagna - si è fermato in casa, a Lorenzago, per scrivere, leggere, studiare, magari suonare il pianoforte, ma alle 18 in punto usciva. Per una breve passeggiata, per recitare il rosario davanti a una cappella alpina. E per intrecciare la preghiera con qualche incontro casuale. In realtà, di questi incontri ce ne sono stati almeno tre-quattro ogni pomeriggio (decisamente tanti in nemmeno un’ora... d’aria). E tutti sui sentieri di paese, in valle, dentro il bosco. Il papa si è lasciato abbracciare ed accarezzare la schiena da Lino Fontanive, al quale ha chiesto tutto il possibile sul suo “tabià”, l’orto, la fontana finta, concludendo «qui è un paradiso»). Si è fatto accompagnare in passeggiata dalla signora Carla, che ben volentieri ha accetttato la mano pontificia sulla spalla. Ha accettato che due suore gli saltassero al collo e lo baciassero. Ad un ragazzo di Lozzo con la maglia dell’Inter ha chiesto se fa il “calcista”. Ad un contadino di Danta ha domandato, incuriosito, perché in questo paese non ci sono mucche, per sentirsi rispondere: «Ma nel suo, ci sono». A chiunque incontrava, augurava «buona passeggiata» o «buone vacanze», prima ancora di ricevere analogo augurio. Al termine della prima passeggiata si è seduto su una panchina ed ha osservato, attento e divertito, una partita di tennis e un’altra di ping pong. Con alcune fotografe che, disperate, non riuscivano a scattargli immagini esclusive, si è messo perfino in posa sul ponte del lago di Domegge.

Si obietterà, lo stile non fa contenuto. Grazie a questo stile, però, il “duro” Ratzinger è entrato nella simpatia popolare, tanto da farsi apprezzare come “amabile”, “delicato”, tenero”, “affettuoso”, “paterno”. Addirittura “leggero” («nel senso di sostenibile», come l’ha definito il sindaco di Lozzo) per l’approccio molto rispettoso con l’ambiente.
E per quanto riguarda i contenuti? Altro che “conservatore”. Ratzinger ha predicato, agli Angelus, per la custodia del creato e - facendo memoria dell’anniversario del primo conflitto mondiale - contro le guerre e le violenze. Per richiamare con forza il rispetto internazionale dei diritti. Ai 450 preti di Treviso e Belluno riuniti ad Auronzo ha detto chiaramente che i cristiani debbono farsi “prossimo” con tutti, anche con i musulmani. Per i divorziati, i separati e i risposati, ha assicurato vicinanza affettuosa e cittadinanza nella Chiesa, sollecitando una più seria preparazione ad un matrimonio «che sia per la vita». Ha affermato che non c’è alternativa tra creazione ed evoluzione. Ha raccomandato ai sacerdoti di non fare «i burocrati del sacro». Ha ribadito la sua piena fiducia nel Concilio.
«Un altro Ratzinger», ha commentato più di qualcuno, a conclusione del suo soggiorno cadorino. No, probabilmente l’autentico Ratzinger. L’accoglienza calda del Cadore, di cui lui stesso si è detto «stupito» e «quasi intimidito», l’ha aiutato a disvelarsi per quello che è.

© Copyright Corriere delle Alpi, 29 luglio 2007

Ecco! Bravo Dal Mas! No esiste "un altro Ratzinger". C'e' chi l'ha sempre saputo e chi scopre l'acqua calda :-)
R.


IL BILANCIO

Il papa della fiducia

TONI SIRENA

E’molto bella, perfino commovente, la fotografia che questo giornale ha pubblicato ieri in prima pagina. Sintetizza bene il senso generale di queste tre settimane di permanenza del papa in Cadore. La foto ritrae l’elicottero bianco che sale in cielo, mentre in primo piano un gruppo di mamme e bambini lo saluta da terra agitando le braccia. E’ una buona sintesi. La modernità della tecnologia e la tradizione di una spiritualità che viene da lontano. La leggerezza del volo che porta il papa «altrove», la pesantezza di chi resta ancorato alla terra, con tutti i suoi problemi quotidiani. La speranza, affidata a chi si ritiene possa esaudire le preghiere, attraverso le sue preghiere. La fiducia ritrovata in se stessi e nelle potenzialità del proprio territorio, della propria comunità.
Nessuno aveva immaginato, prima dell’arrivo di Benedetto XVI, che questo papa sarebbe riuscito a catalizzare tanti affetti e sentimenti. Nell’immaginario collettivo questo papa era un papa freddo, un «pastore tedesco», gelido e lontano, espressione curiale di sofismi teologici, custode della fede e del retto sentire e dell’ancor più retto praticare. Un papa lontano, che proviene da un mondo lontano. Invece si è rivelato un papa vicino e mite, dal semplice sentire, in comunanza con il semplice sentire della gente, e non solo dei credenti.
Flaminio Da Deppo, che è il presidente della Comunità montana, ha detto, sicuro di esprimere il sentimento di tutti i sindaci cadorini, che il Cadore ha ottenuto in questi giorni un’iniezione di fiducia in se stesso. Non è una frase di circostanza, in realtà viene da lontano. Da anni di analisi sui cambiamenti in atto nel territorio cadorino. Alle spalle stanno anni di trasformazioni pesanti, con molti problemi sociali ed economici che attraversano non solo il Cadore ma l’intera provincia, e che hanno instillato nel sentire comune forti disagi e tensioni altrettanto sofferte (per esempio le spinte alla fuga di intere comunità verso territori considerati più fortunati, o privilegiati). Questa trasformazione non è conclusa, è ancora in corso, anche se molti problemi sono stati in parte superati. Una analisi triennale dell’Università di Venezia (dal 2004 al 2006), ha chiarito che la trasformazione è stata anche sociologica oltre che economica: si sta passando da una vecchia struttura verticale (quella segnata dall’industrializzazione e in particolare dalla monocoltura dell’occhialeria) a una orizzontale, con tutto ciò che questo comporta anche sul piano dei rapporti sociali. E’ la fase dell’integrazione tra le diverse attività.
Il territorio non è più «marcato» dall’industria dell’occhialeria, ma esiste oggi, come tendenza oggettiva e come prospettiva soggettiva, un mix di componenti che fra loro interagiscono, sulle quali il territorio fonda le sue attese di nuovo sviluppo e di “riconoscibilità”. Si tratta di artigianato, certo, ma anche di turismo e agricoltura, legato insieme con la «qualità del fare», come dice Da Deppo, la ristorazione di alto livello, la cultura dell’accoglienza, i tesori culturali del territorio, le risorse di un ambiente unico.
E’ una fase di cambiamento perfino antropologico, nella quale la gente, delusa dall’irreversibile crisi del vecchio modello, è nel contempo sfiduciata circa la capacità di «presa» del proprio territorio. La presenza del papa ha avuto l’effetto inaspettato di una sferzata di fiducia. Per Da Deppo questo cambiamento di atteggiamento è percepibile in modo palpabile e chiarissimo.
E’ la presa di coscienza che questo territorio ha un grande valore, e che dunque va valorizzato e non violentato. Lo ha ripetuto Benedetto XVI più volte, dichiarando l’eccezionalità di questi monti, boschi e valli, l’irripetibilità del paesaggio dolomitico, riconoscendo il grande valore di questo pezzo di «creato», e dunque assegnando ad esso un posto nel disegno divino. E lo ha detto in un modo quasi schivo, quasi timido, con le parole semplici del popolo. Ha indicato una speranza forte, ed è questo che ha generato una simpatia inaspettata. Proprio nel senso di «sentire insieme».
Per la gente di queste valli, non solo per chi crede, le parole del papa hanno avuto l’effetto sia di un risarcimento, sia di una autorevole e certa indicazione di speranza.
Ci sarà anche il bisogno di qualcuno che indichi valori forti, in questa debolezza generale della politica, in questa sfiducia della gente verso la capacità della politica di dare risposte, però è anche vero che il papa, forse senza nemmeno saperlo ma con una semplicità che la gente ha subito avvertito, ha dato una risposta al bisogno di autoriconoscimento e di autovalorizzazione.

© Copyright Corriere delle Alpi, 29 luglio 2007


Copio ed incollo:

Nell’immaginario collettivo questo papa era un papa freddo, un «pastore tedesco», gelido e lontano, espressione curiale di sofismi teologici, custode della fede e del retto sentire e dell’ancor più retto praticare. Un papa lontano, che proviene da un mondo lontano.

Ma nell'immaginario collettivo di chi? Dei giornali? Della TV? Di chi ha le fette di salame sugli occhi e quelle di prosciutto cotto nelle orecchie?
R.


«Ha saputo parlare ai ragazzi»

Il commento delle insegnanti sull’esperienza vissuta

LORENZAGO. «La presenza del papa a Lorenzago», dice Maria Grazia Petroni, insegnante nella scuola primaria di Vigo, «sta avendo anche importanti conseguenze sul piano di un risveglio religioso fra i giovani. Proprio quella parte della società che noi riteniamo più distante, e forse meno sensibile, è quella che ha sentito molto di più questa presenza e l’ha cercata in tutti i modi possibili. Non c’è da spiegarsi altrimenti la spontaneità con la quale i bambini e i ragazzi, forse più le ragazze che i maschi, hanno cercato di incontrarlo e hanno anche dialogato con lui, di più e con maggior facilità degli adulti». Il giudizio dell’insegnante corrisponde a quanto era emerso sin dal giorno di arrivo del papa, quando le ragazze ritratte nella foto con i cartelli in mano hanno dichiarato di aver lavorato fino a oltre mezzanotte per poter realizzare i loro messaggi. «Noi giovani», hanno affermato due delle stesse ragazze nel giorno dell’arrivederci, «abbiamo voluto far capire al papa che da noi è stato il benvenuto, e gli siamo grati per quello che lui ci ha dato. Lo abbiamo seguito quand’è venuto a Vigo e abbiamo potuto vedere quanto sia vicino a noi perché ha parlato molto semplicemente, facendoci sentire dei giovani molto importanti. Ci auguriamo veramente che ritorni il prossimo anno». Nella zona della partenza, insieme ai bambini della scuola dell’infanzia di Vigo e Lorenzago, sono state ammesse anche 15 mamme con i bambini piccoli in braccio, quasi ad indicare un messaggio per il futuro. Tra queste Katia Carissimi, che è stata una delle prime a ricevere il saluto del pontefice. «Ero emozionatissima», ha affermato subito dopo, «e non capivo più nulla: non sapevo più cosa dovevo dire, che cosa volevo fare. Il papa è una persona dolcissima», ha aggiunto, «non l’avrei mai immaginato vedendolo per televisione. Penso che ami molto i bambini e i giovani». «Sono convinta», ha detto suor Giuseppina, una delle suore salesiane che gestiscono la scuola dell’infanzia di Vigo, che in queste vacanze abbia seminato molto. Ora spetta a noi che alleviamo i bambini, raccogliere il frutto di questa semina». (v.d.)

© Copyright Corriere delle Alpi, 29 luglio 2007

Brave...donne!!! :-))

6 commenti:

Luisa ha detto...

Pensate che sia necessario che Benedetto XVI vada personalmente da nord a sud, da est a ovest senza dimenticare il centro, perchè tutti ,cioè i giornalisti e coloro che da loro si lasciano influenzare, possano toccare, come vari San Tommaso, la realtà dell`umanità del Papa ?
Quanto all`immaginario collettivo....ridiamoci sopra.. il giornalista ha dovuto confondere con l`immaginario collettivo dei giornalisti....
Non solo quello che loro pensano fa legge...ma anche quello che loro immaginano...
Una cosa è sicura nel loro immaginario c`è il sogno-illusione-miraggio della loro omnipotenza sulle coscienze dei lettori!

mariateresa ha detto...

Cosa dire? Noi che gli vogliamo bene, sono cose che sentivamo già. Si vede che non facevamo parte dell'immaginario collettivo, ma di un altro immaginario. Certo che se ne scrivono di frescacce...
Se i luoghi comuni volassero non si vedrebbe più il cielo, cari miei.
Una mia zia molto anziana, all'inizio del pontificato mi confessò qualche remora su di lui e perchè? Non certo per i contenuti dei suoi libri che non aveva mai letto o perchè era stato Prefetto della fede (non sa neanche cos'è un Prefetto della fede), no la diffidenza nasceva dal fatto che era tedesco. Questo pregiudizio la inquietava parecchio perché è una donna devota e molto legata alla Chiesa e si sentiva in colpa, una volta mi ha detto , "mi dispiace tanto dirlo, ma perché non hanno eletto un italiano?" e via dicendo. Naturalmente su questo piano era inutile controbattere, sia per l'età della persona sia perchè sono obiezioni più sul piano dell'irrazionale che altro. Beh, ha poi cambiato idea e me l'ha detto con grande soddisfazione " mi sbagliavo, è un uomo molto dolce, non sembra neanche tedesco".
Quello che l'ha conquistata è stato l'incontro con i bambini della prima comunione trasmesso in TV.
E per tutto il periodo della crisi di Ratisbona non ha fatto che dire il rosario, aveva paura che ci rimettesse la pelle.
Se una donna di 83 anni con i suoi pregiudizi belli stagionati c'è arrivata, io credo che tutti possano riporre le fette di salme e altri insaccati nel cassetto e riconoscere la verità e cioè l'umanità veramente calda di questa persona.

Anonimo ha detto...

Oggi è domenica e bisogna essere buoni! Quanta “tenerezza” suscitano questi giornalisti delle “Alpi”…!!! Raffaella, che dipenda dall’altitudine?!?

Anonimo ha detto...

Non saprei, Gianpaolo, eppure io vivo sulle altitudini ma tengo le cellule al fresco con il ventilatore :-))
Grazie per i vostri commenti e un saluto alla zia di Mariateresa :-)

Anonimo ha detto...

A mio giudizio più persone si renderanno conto personalmente che Ben è una persona dolcissima e per niente fredda, sempre meno attaccheranno gli stereotipi dei giornalsti schierati politicamente!

Anonimo ha detto...

A mio giudizio più persone si renderanno conto personalmente che Ben è una persona dolcissima e per niente fredda, sempre meno attaccheranno gli stereotipi dei giornalsti schierati politicamente!