22 luglio 2007
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Decisione del Papa
La saggia scelta della Messa in latino
Fortunato Aloi
L'ultima recente decisione del Papa Benedetto XVI che, motu proprio, ha introdotto di nuovo la lingua latina nella celebrazione della S. Messa, ha sollevato una serie di riflessioni. C'è chi ritiene, infatti, che siffatta decisione costituisca un arretramento rispetto alle posizioni del Concilio «Vaticano II» e alle modifiche introdotte da Paolo VI; c'è chi invece saluta l'evento come una riaffermazione dei valori della liturgia tradizionale che aveva in Francia, col vescovo Lefevbre e i suoi seguaci, un caposaldo tant'è che si paventava uno scisma lefevbriano. E – secondo tanta parte degli organi di stampa – si è ritenuto che il Papa con la sua attuale decisione, la cui efficacia operativa decorrerà dal 14 settembre p.v., abbia voluto recuperare una buona parte di clero e fedeli tradizionali - lefrevbiani in primis – che avevano accettato, obtorto collo, la messa in lingua nazionale.
Tra queste due posizioni si collocano coloro che affermano che la Chiesa non aveva mai abolito il latino dalla propria liturgia. E ciò per il fatto che era sempre possibile, anche prima di adesso, ottenere da parte dei fedeli la Messa in latino. Non si esclude certamente questo, però quante difficoltà burocratiche si frapponevano all'accoglimento della richiesta della messa nella lingua di Roma! Tant'è che veniva, non di rado, tacciato di conservatorismo e/o di passatismo chi richiedeva la messa in latino! Quante accuse di tal segno non sono state mosse, da parte di diversi ambienti culturali-religiosi, nei confronti del vescovo Lefevbre e dei suoi seguaci! Bene, adesso con questo Pontefice, si è affermato il principio della chiarezza: basta che un certo numero di fedeli chiedano la messa in latino e il sacerdote, senza ostacoli di sorta, deve concederla! Non è forse, questo, un fatto nuovo e importante? Un riaffermare così i valori della tradizione che ha in quella cattolica-romana il suo «ubi consistam»! La logica di un malinteso ecumenismo stava ingenerando all'interno delle varie religioni processi di omologazione.
E non ha forse ragione il Papa Benedetto XVI quando afferma che «la Messa in latino piace ai fedeli e unisce la Chiesa»? E doveva venire un Papa tedesco a dirci e ad insegnare a noi italiani, presunti «eredi di Roma», queste verità? Evidentemente la Provvidenza ha preferito la Germania all'Italia nella scelta dell'Uomo giusto nell'attuale momento storico.
© Copyright Gazzetta del sud, 22 luglio 2007
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1 commento:
Io non calcherei la mano sulla valenza simbolica della lingua scelta secondo gli schemi opposti volgare=progresso + latino=regresso, o anche volgare=degenerazione + latino=purezza delle origini.
Quel che conta è la valenza comunicativa della lingua, la quale nel caso liturgico ha da comunicare niente meno che il Mistero.
Più che altro mi pare propizio un ritorno, almeno parziale, all'uso della messa in latino, per un fatto di CONOSCENZA della Tradizione, per poter mettere in discussione alcune traduzioni che - non era d'altronde evitabile - sono imperfette, a volte affrettate e foriere di errori.
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