18 agosto 2007

Andrea Tornielli parla di Pio XII e Benedetto XVI (Radici Cristiane)


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Intervista ad Andrea Tornielli

Dalla “leggenda nera” su Pio XII agli attacchi a Benedetto XVI

A cura di Emanuele Gagliardi

Nato a Chioggia nel 1964, Andrea Tornielli è laureato in lettere classiche. Ha collaborato con le riviste 30 Giorni e Il Sabato ed attualmente è vaticanista de Il Giornale. Collabora con altre testate giornalistiche e con il mensile cattolico Il Timone e tiene una rubrica radiofonica su “Radio Maria”.
Ha scritto numerosi saggi sulla Chiesa contemporanea, fra cui Giovanni XXIII, vita di un Papa Santo, Il mistero delle lacrime, Inchiesta sulla Madonna di Civitavecchia, Papa Lucani, Il parroco del mondo (con Alessandro Zangardo), Pio XII, Il Papa degli ebrei, Escriva’ fondatore dell’Opus Dei, Benedetto XVI, Il custode della fede, Processo al Codice da Vinci, Dal romanzo al film, Il segreto di Padre Pio e Karol Wojtyla e l’ultimo, uscito in libreria il 22 maggio 2007 per i tipi della Mondatori, Pio XII, Eugenio Pacelli. Un uomo sul trono di Pietro.

Pio XII è quasi sempre ricordato come “il Papa dei silenzi”, in relazione all’atteggiamento tenuto nei confronti dell’Olocausto. Il suo libro tratteggia, invece, un ritratto assai diverso. Può dirci qualcosa in proposito?

Pio XII era un uomo semplice, preoccupato per la sorte delle vittime della persecuzione. Non è vero che sia stato silenzioso: ha parlato – con vari riferimenti agli ebrei ben compresi da tutti – ma ha parlato prudentemente. Sapeva benissimo quale sarebbe stata la reazione di Hitler e dei nazisti di fronte ad una plateale denuncia. Sapeva benissimo, perché ne aveva avuto le prove, che una denuncia esplicita avrebbe solo peggiorato la situazione dei perseguitati e aumentato le persecuzioni stesse..
Fra la parola, che gli avrebbe precostituito una buona fama presso i posteri, e l’azione in favore delle vittime, scelse di agire.
I conventi di Roma si riempirono di ebrei e l’ex console onorario di Israele Pinchas Lapide ha calcolato che grazie all’azione della Chiesa e del Papa furono salvate fra le 750.000 e le 800.000 vite di ebrei.

Quali sono le ragioni dell’ostilità verso la figura di Pio XII?

Credo essenzialmente che vi siano due aspetti.
L’ostilità proveniente dall’interno del mondo cattolico è dovuta a scarsa conoscenza della storia e dall’idea che Papa Pacelli incarni tutto il peggio della Chiesa preconciliare. Pregiudizi che sono spesso il frutto di un’interpretazione del Concilio Vaticano II come una sorta di frattura con il passato.
Da altri ambienti (ma anche dall’ambiente cattolico) non si perdona poi a Papa Pacelli l’anticomunismo e il suo intervento nel 1948 per evitare che il Fronte socialcomunista vincesse le elezioni in Italia.

Fra i documenti che ha consultato per realizzare il volume ci sono i carteggi inediti di Eugenio Pacelli con i familiari. Essi permettono di vedere Pio XII secondo un’inquadratura originale?

Certamente. Permettono, ad esempio, di vedere come l’allora nunzio apostolico a Monaco di Baviera fosse preoccupatissimo per la nascita del nazismo smentendo così ancora una volta la “leggenda nera” che lo vorrebbe accondiscendente verso il partito hitleriano, in funzione anticomunista. Ma permettono anche di apprendere che egli non voleva fare “carriera”, non desiderava assolutamente diventare cardinale, ma voleva dedicarsi al lavoro pastorale.

Perché Pio XII sarà beatificato?

Non possiamo dire che sarà beatificato fino a quando una decisione non sarà presa in questo senso dal Papa. Lo scorso 8 maggio la plenaria dei cardinali e dei vescovi della Congregazione delle cause dei santi ha votato all’unanimità (non a maggioranza, come ha affermato il maggiore quotidiano italiano) in favore della proclamazione delle virtù eroiche di Eugenio Pacelli.
Ora questa importante decisione deve essere sottoposta a Benedetto XVI il quale stabilirà se dichiarare venerabile il servo di Dio.
La Chiesa beatifica una persona per la sua santità di vita e per l’aver esercitato in modo eroico le virtù
. Se accadrà, sarà lo stesso per Pio XII.

Cosa possiamo apprendere oggi dallo studio delle vita dell’uomo, del sacerdote e del Papa Pio XII?

Uno degli aspetti che maggiormente emerge è il suo acutissimo senso del dovere e il suo annientarsi nei compiti e nell’istituzione rappresentata. Pio XII si è immedesimato nei ruoli che via via ha dovuto ricoprire. Emerge anche la sua umanità e la sua sensibilità, la sua attenzione per le persone: non volle allontanare l’archiatra pontificio Riccardo Galeazzi Lisi, pur avendo scoperto che passava notizie riservate alla stampa in cambio di denaro, e scelse di non servirsi più di lui mantenendolo però nell’incarico.
Come Papa manifesta una grande lungimiranza. Con i suoi radiomessaggi pone le basi per la futura convivenza democratica nel mondo ancora squassato dalla guerra. Un altro degli aspetti che colpiscono è la grande apertura alla scienza, al rapporto fede e ragione, e la sua capacità di intuire con largo anticipo alcune delle grandi questioni etiche delle quali discutiamo oggi.

Trova che vi siano delle similitudini fra l’avversione verso Pio XII e quella che certi ambienti mostrano nei confronti di Benedetto XVI?

Similitudini ci sono, ma non le enfatizzerei. Contro Pio XII c’è stata una vera e propria leggenda nera, preparata in ambiente sovietico e fatta propria da ambienti dell’ebraismo alla metà degli anni Sessanta (dopo il processo contro Adolf Eichmann).
Nei confronti di Benedetto XVI c’è un’avversione determinata innanzitutto da pigrizia intellettuale, dai continui paragoni col predecessore, fatti dalle stesse persone che, quando era in vita Giovanni Paolo II, lo attaccavano rimpiangendo Paolo VI e quando regnava Papa Montini, lo criticavano esaltando Giovanni XXIII.Per certi ambienti, soprattutto cattolici (ma non solo), sembra che l’unico Papa buono sia quello che non c’è più.

Secondo lei vi e’ un anticlericalismo di ritorno in Italia e nel mondo?

Con l’aumentare del ruolo pubblico sulla scena italiana e mondiale della Chiesa, in un momento cruciale per molte emergenze (che non sono soltanto quelle etiche), aumentano anche gli attacchi. La grossolanità di certi argomenti utilizzati dagli anticlericali nostrani, ma anche in Paesi d’Oltreoceano – mi colpisce, ad esempio, la rozzezza di quelli contro la Chiesa in Messico – è preoccupante. Mi sembra, però, per restare alla realtà italiana, che rimangano comunque elitari e non siano certo condivisi dalla maggior parte della popolazione.

Come giudica gli attacchi e le minacce rivolte al Papa ed al Presidente della CEI?

Destano preoccupazione, non vanno sottovalutati, ma a mio avviso neanche enfatizzati. Proprio perché, credo, espressione di realtà del tutto minoritarie.

I media e la politica invocano spazio per le altre religioni – Islam in testa – in nome delle libertà di opinione e di parola, ma quando la Chiesa Cattolica dice la sua parlano di “ingerenza”. Come lo spiega?

Quella di “ingerenza” è un’accusa ridicola, e talvolta arriva da coloro che accusano la Chiesa del passato di essere rimasta in silenzio…C’è evidentemente, in alcuni ambienti, un pregiudizio anticristiano e anticattolico. La Chiesa rappresenta l’unica realtà della quale si può dir male sempre e comunque, senza conseguenza alcuna.

Le parti politiche che, più o meno apertamente, osteggiano la Chiesa ed il suo messaggio lo fanno perché ne temono la forza o per cocciutaggine ideologica?

Credo che l’elemento ideologico sia preponderante. Anche se, indubbiamente, nonostante la secolarizzazione che avanza nel nostro Paese, si teme il radicamento che la Chiesa ha nella realtà italiana, fra la gente.

© Copyright Radici Cristiane, agosto – settembre 2007

Sulla pigrizia intellettuale nei confronti di Benedetto XVI vedi: "Il Papa ed i media: un rapporto difficile...perche'? Alcune riflessioni (di Raffaella)"

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