9 novembre 2007
Nessun caso Bregantini. La promozione anche nell'interesse del vescovo (Korazym)
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Grazie alla segnalazione di Mariateresa, leggiamo questo equilibrato editoriale di Korazym. Volevo riportare anche il post di Tornielli (anch'esso segnalato da Mariateresa) ma, al momento, il blog e' inacessibile.
R.
Nessun caso Bregantini. La promozione anche nell'interesse del vescovo
di Mattia Bianchi
Il giorno dopo il trasferimento di mons. Giancarlo Bregantini a Campobasso rimangono le dichiarazioni sopra le righe di alcuni, l'obbedienza del vescovo, la tristezza della sua terra e una ridda di analisi su retroscena inesistenti.
Il giorno dopo il trasferimento di mons. Giancarlo Maria Bregantini da Locri a Campobasso rimangono le dichiarazioni sopra le righe di alcuni (anche collaboratori), la riaffermazione del valore dell'obbedienza da parte del vescovo, la tristezza di una terra che vede partire un uomo amato e stimato, ma soprattutto la ridda di analisi su retroscena che in realtà non esistono. Si è detto che mons. Bregantini fosse troppo esposto anche nell'opinione dei vescovi calabresi, che abbia dato fastidio alla criminalità e ai poteri occulti, alludendo alla disponibilità della Santa Sede ad avvallare simili pressioni. In realtà, da quanto Korazym.org apprende il trasferimento-promozione sarebbe maturato anche nell'interesse dello stesso Bregantini. L'idea di assegnargli una diocesi più grande (che in ogni caso gli darà modo di avere un ruolo più significativo anche all'interno della Conferenza episcopale italiana) rientra nella volontà di garantirgli un periodo più tranquillo dopo anni di esposizione in prima linea. E non vi è nessun rischio che la sua opera venga ridimensionata, anche perché i progetti di promozione e formazione dei giovani sono diventati ormai un modello, presente tra l'altro in molte altre diocesi della Calabria, a cominciare da Palmi e Rossano.
Rimane comunque l'aspetto umano della vicenda, sia per i fedeli che per l'uomo, in Calabria da più di 30 anni, prima come studente, poi come parroco e vescovo. Sono i sentimenti che emergono dalle sue stesse parole. “Non ci sono giochi oscuri, - ha detto ieri mons. Bregantini, incontrando i fedeli - né della Massoneria o della `ndrangheta o del potere, o ricatti, invidie o gelosie. Capisco i toni appassionati di questi giorni ma tutto va riportato dentro i canali normali dell'obbedienza". E ancora: ''Il disegno misterioso del Signore per cui il Papa mi ha chiamato a Campobasso. Mi avete accolto come un figlio di questa sofferta e dignitosa terra e allo stesso tempo come Padre di consolazione e di speranza. Insieme abbiamo sofferto e gioito per i semi di speranza rilasciati lungo sassosi e insanguinati percorsi che adesso sono diventati giardino''. Poi un ultimo passaggio sulla obbedienza: "Avrei potuto dire no al Santo Padre, ma se non avessi obbedito, cosa mi avrebbero potuto dire i tantissimi parroci che ho trasferito in questi 13 anni di mia permanenza nella diocesi di Locri-Gerace?. Chi obbedisce si santifica. L'obbedienza è principio di ogni virtù e crea sempre la pace''.
Concetti ripresi anche con i giornalisti. “Fosse dipeso da me non avrei mai lasciato Locri; – ha detto - penso che valga per tutti coloro che hanno un incarico nella Chiesa quello di restare dove si opera". Un'occasione per fare anche un bilancio di questi anni: ''Non sono mai stato né un eroe, né un vescovo anti 'ndrangheta, ma ho solo dato voce alle parole dei fedeli. Sono convinto che la mia partenza dalla Locride sia simile ad un albero potato ma non tagliato. Un albero che se sarà bene innestato darà frutti ancora più rigogliosi. La gente della Locride però non ha solo bisogno di buoni samaritani o di olio consolatorio, ma anche di buoni seminatori''.
Il vescovo pensa alle istituzioni e alla politica che non sempre “riescono a cogliere i segni lanciati dalla gente con la stessa velocità della Chiesa". Infine una serie di appelli. Ai giovani ''per lottare sempre contro la logica del destino e vincere con fiducia la rassegnazione''; alle scuole ''perché siano capaci di educare sempre al bene, conquistando il futuro con dignita' e qualita'''; al mondo della politica ''affinché ami questa terra con serio e leale impegno per dare stabilità e motivazioni di crescita verso il bene comune come insieme tante volte abbiamo sognato''. E anche ai “fratelli deviati dalla mafia”, “perché la misericordia di Dio non si scandalizza del peccato”. Anzi, conclude il vescovo, “Gesù si ferma proprio nella casa di Zaccheo perché non è bloccato dai pregiudizi della gente, né dall'orrore del male compiuto da quest'uomo e va in cerca della pecorella smarrita. Fate ritorno alla pace di Dio, nelle vostre famiglie, con azioni di coraggio e di perdono, vero profumo per i nostri paesi, rinunciando apertamente alla disonestà in tutte le sue forme perché siete chiamati a più nobile bellezza''.
Detto questo, il trasferimento di mons. Bregantini continua a far discutere. Tra le tante reazioni, quella della diocesi di Locri che accoglie la notizia “con vivo e profondo rammarico”, esprimendo al vescovo “immensa gratitudine” e di mons. Giuseppe Agostino, che da arcivescovo di Crotone ha ordinato mons. Bregantini sacerdote e poi vescovo. "Non bisogna guardare al trasferimento con troppa fantasia; - dice - è stato promosso perché la Chiesa ha tenuto conto del suo grande impegno a livello sociale e antimafia, lo ha considerato un elemento positivo. Forse voleva farlo riposare, le considerazioni sono molteplici e d'altro canto non bisogna dimenticare che è stato più volte oggetto di attentati".
Aspetto a cui allude anche un altro ex vescovo di frontiera, mons. Antonio Riboldi, che per tanti anni ha guidato la diocesi di Acerra. "Bregantini per tanti aspetti mi ricorda don Puglisi - afferma il presule - Due sacerdoti che hanno picchiato duro contro la criminalità e si sono battuti per restituire ai fedeli la speranza. Però don Puglisi è stato fatto fuori e temo che Bregantini corresse lo stesso rischio. La Chiesa però non ha bisogno di martiri, ma di servi". Quello che è capitato all'amico destinato all'arcidiocesi di Campobasso, monsignor Riboldi lo ha già vissuto tanti anni fa, quando fu destinato nel Belice. "Mi sentii bastonato ed immagino, anzi ne sono sicuro per avergli parlato, che anche Bregantini vive il suo trasferimento con una grande sofferenza. Siamo comunque nelle mani di Dio e per quanto certe decisioni ci possano sembrare dure vanno rispettate ed eseguite". Ora che il vescovo anti clan non sarà più nella Locride, don Riboldi si augura che "chi subentrerà raccolga il suo testimone. Bregantini ha già seminato tanto, bisogna continuare sulla strada che lui ha tracciato, avendo il coraggio di insistere".
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