8 novembre 2007

Il trasferimento del vescovo di Locri...parole al vento!


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Promosso monsignor Bregantini: addio alla Calabria. Gli intellettuali: agghiacciante

Gian Antonio Stella

Sono in tanti, in Calabria, a brindare alla «promozione » di Giancarlo Bregantini, tolto alla «sua» Locri per essere destinato come arcivescovo metropolita alla diocesi più importante di Campobasso. Tanti. E levano in alto i calici: «Buon viaggio!» Lui no, però. E intorno a lui cresce l'angoscia di quanti, improvvisamente, si sentono orfani di chi per anni è stato il massimo punto di riferimento morale nella resistenza dei calabresi per bene contro la 'ndrangheta. Ma certo, è probabile che lassù, le gerarchie ecclesiastiche abbiano scelto pensando che fosse arrivato il momento, dopo quasi tre lustri, di premiare quella quotidiana, coraggiosa, incessante opera di battagliero apostolato del monaco stimmatino. Come è probabile abbiano immaginato che il promosso, all'idea di diventare con ogni probabilità, per una questione di alternanza tra le regioni, presidente della conferenza dei vescovi dell'Abruzzo e del Molise, avrebbe accettato con gratitudine. Ed è infine ovvio che lo stesso Bregantini, al di là del dolore all'idea di lasciare il suo tormentato gregge, possa obbedire con sollievo all'ordine di andare a fare il suo mestiere di prete in una terra meno difficile, meno pericolosa, meno lacerante della Locride, dove si è spesso battuto in solitudine come un paladino nella terra degli infedeli.

COLPO DURISSIMO - Però... Però il colpo, per la Calabria, è durissimo. Basti leggere, al di là delle parole forse un po' scontate e rituali di alcuni politici che certo non avrebbero potuto dire il contrario, la presa di posizione di tre intellettuali di spicco come l'economista Domenico Cersosimo, il sociologo Piero Fantozzi e l'antropologo Vito Teti. Che parlano d'«una notizia agghiacciante», denunciano un «provvedimento irresponsabile », contestano la «rimozione» di «un vescovo nella frontiera della Calabria più estrema, malata, degradata » che era diventato il «simbolo nobile della Calabria contemporanea civile, propositiva, fattiva. Un emblema dei brandelli residui di fiducia collettiva. Un'icona dei calabresi che lavorano quotidianamente per il cambiamento, per la risalita, per una società più equa, umana, inclusiva». Frasi che racchiudono lo sgomento collettivo di una comunità ammaccata. Diranno che la Chiesa è una cosa assai più importante del destino di un singolo prete, per quanto carismatico. Che nella regione ci sono altri quattordici vescovi impegnati nella loro missione pastorale. Che qua e là, anche nelle zone più complicate, ci sono sacerdoti (ad esempio il parroco di Polistena, don Pino Demasi, legato a Libera, il cartello di associazioni che fa capo a don Luigi Ciotti, promotore della «Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie») che non arretrano di un millimetro davanti alle prepotenze delle cosche. Tutto vero. Quanto è vero che, come Bertold Brecht fa dire a Galileo Galilei, è «felice il paese che non ha bisogno di eroi».

NON UN VESCOVO COME GLI ALTRI - Però... Però monsignor Bregantini, per quella che oggi è una delle terre più violente, povere e disperate d'Italia, non è stato un vescovo come altri, magari solo un po' meno afono di certi colleghi assai prudenti perfino nel pronunciare la parola «'ndrangheta». In queste terre dove una volta capitava addirittura che qualche sacerdote avesse in dono dai parrocchiani una pistola, fosse presentato all'insediamento da un padrino legato alla mafia o facesse figli su figli con la perpetua, questo monaco trentino sceso dalla valle dei Mocheni per fare l'operaio prima a Marghera e Verona e poi a Crotone, ha marcato fin dall'inizio la sua presenza a Locri come una svolta. Intendiamoci: il suo stesso predecessore nella diocesi della Locride, Antonio Ciliberti, era stato netto nella sua opposizione alle cosche. L'innesto del vescovo trentino, salutato con una falsa bomba di «benvenuto », fu tuttavia clamoroso fin dall'inizio. Per prima cosa fece diffondere in tutte le parrocchie i nomi di tutte le 263 persone che erano state ammazzate negli ultimi dieci anni.

LA SFIDA DELLE PREGHIERE - Poi distribuì un durissimo libro di preghiere di «sfida alla mafia». Poi prese a battere a tappeto tutti paesi e le contrade martellando (soprattutto in luoghi come Motticella: poche centinaia di abitanti e una cinquantina di morti per una faida) contro «l'idea aberrante di un destino ineluttabile per cui in Calabria tutto è sempre stato e tutto sempre sarà così». Quindi, appoggiandosi anche a collaboratori entusiasti quali Piero Schirripa, un medico «profugo del marxismo» che in questi giorni è il più addolorato per l'addio, cercò di spiegare alla gente di Platì, il paese incattivito da troppi tradimenti dello Stato fin dalla feroce conquista dei bersaglieri, il paese dei 68 sequestri in cui la mamma di Cesare Casella si era incatenata in piazza chiedendo la liberazione del figlio rapito, il paese in cui il nuovo parroco don Alessandro Di Tullio aveva trovato «registri parrocchiali dove non venivano annotati i morti da cinque anni e i battesimi da sette», che c'erano alternative ai posti di lavoro offerti dai boss. E aiutò i giovani del posto a fondare la Cooperativa Valle del Buonamico che nel giro di pochi anni, vincendo pure l'ottusità idiota di uffici pubblici capaci di chiedere 24 passaggi burocratici e intralciare la concessione al vescovo del certificato antimafia, fece capire per la prima volta alla gente che si poteva vivere, dignitosamente, anche coltivando fragole, mirtilli e lamponi. Non c'è stato giorno, per anni, in cui monsignor Bregantini non abbia picchiato duro sulla mafia e la cultura mafiosa. Fino a suggerire «se necessario la militarizzazione della zona» perché «chi fa il male deve essere umiliato nel suo falso "onore" perché ritrovi la forza di cambiare». Ad attaccare frontalmente la politica «incapace di dare risposte adeguate ai problemi della gente». A proibire ai parroci di accettare come padrini ai battesimi uomini vicini alla malavita. A chiedere dopo la strage di Duisburg che il governo stesso elaborasse coi sindaci «una serie di provvedimenti straordinari». Una guerra frontale. Totale. Assoluta. Dichiarata giorno dopo giorno con una voce che pareva ancora più tonante tra i silenzi, le afonie, i sussurri di tanti altri vescovi, parroci, cappellani. Per questo anche la Chiesa oggi, e non solo lo Stato, ha una responsabilità grande. Perché, dopo l'addio di un uomo come Giancarlo Bregantini, i calabresi onesti e pieni di fede rischiano di sentirsi ancora una volta abbandonati dopo troppi abbandoni. E questo sarebbe davvero un delitto.

© Copyright Corriere della sera, 8 novembre 2007

Francamente non capisco! Il vescovo deve obbedienza al Papa e non dovrebbe rilasciare interviste che possano mettere in cattiva luce il Santo Padre...o sbaglio?
Non mi pare molto appropriato parlare alla stampa e piangere sulla di lei spalla.
Obbedienza...questa virtu'!
Non ho dubbi: se il Papa ha deciso di trasferire il vescovo, avra' sicuramente degli ottimi motivi. Sono, in ogni caso, d'accordo con quanto scritto da Paolo Rodari nel suo blog che vi invito a visitare:


La promozione di Bregantini e la falsa umiltà

7 commenti:

mariateresa ha detto...

cara amica, vedo che anche Accattoli butta acqua sul fuoco nel suo blog su questa vicenda. Io penso che se questa decisione è stata presa , ci saranno delle buone ragioni e basta, fino a prova contraria. E intendo prova nel vero senso della parola.
E' singolare e patologico questo atteggiamento che vuole vedere dietro ogni decisione della Santa Sede un sottofondo torbido o discutibile. Come non sarebbe giusto un atteggiamento bovino totalmente acritico, così non è necessario tutte le volte vederci il complotto. Quindi prendiamo serenamente le cose per quelle che sono e buonanotte. Un po' è la monomania dei giornalisti sui retroscena , un po' qualcuno ci marcia, come al solito.
Certo che i laici doc dovrebbero farsi una pensatina: non si è mai visto in Calabria tanto rammarico per la partenza di qualcuno e quel qualcuno è un uomo di Chiesa, non un sindaco, non un politico, un prete, guarda te che roba....
Non credo che Bregantini abbia poi la bocca larga come altri confratelli, credo che abbia altro cui pensare. Insomma calma.

Anonimo ha detto...

Con tutto il rispetto per l'obbedienza-virtù, possibile che un minimo, un minimo di sospetto sul provvedimento non vi tocca?
Un minimo...., mica voler aprire una polemica sulla decisione....
Quantomeno l'aqua è mossa, non perfettamente limpida.

raffaele ha detto...

Non condivido affatto le osservazioni di Rodari. Non si può accusare di falsa umiltà ed ipocrisia chi ha rischiato la vita, e pretendere che "obbedisca" senza avere neppure il diritto di dire che gli dispiace lasciare il suo gregge.Una volta che un vescovo coraggioso incontra la stima anche di molti "laici", gli diamo addosso noi?

mariateresa ha detto...

no, Raffaele, noi non daremo addosso a M. Bregantini, ma non daremo addosso nemmeno al Papa, di questo sia certo.
Caro Alessandro, no, non ho sospetti, non uso farmi dei sospetti perchè li suggerisce la stampa e non credo che il Papa fiamcheggi l'ndrangheta, no, non lo penso proprio, perchè al di là di tutte le chiacchere è lì che si va a parare e questo pensiero mi fa abbastanza schifo, con tutto il rispetto. Credo che, con tutto l'affetto per i calabresi,sono loro che devono dimostrare che questo cammino assieme a M. Bregantini ha dato frutti e noi possiamo e dobbiamo pregare per il suo successore che si troverà davanti un bel compito difficile e che noi rendiamo ancora più difficile dando corda a questi sospetti, illazioni e dietrologie.
Anche in campo cattolico c'è una singolare disponibilità ad accogliere questi complottismi che ci porgono i giornali e io,probabilmente per l'età, ne ho pieni gli zebedei.

Anonimo ha detto...

Cara Mariateresa, il mio sospetto non voleva guardare ad un complotto. Ci mancherebbe: voleva e vuole solo evidenziare che un porvvedimento del genere non si può "spendere" per la promozione ad arcivescovo metropolita. Oltrettutto le notizie di oggi sembrerebbero confermare la mia impressione: trasferito per motivi di sicurezza. Già così la cosa è diversa, ma molto diversa. Se questa è la motivazione ok. Ora però pensiamo al successore. per non rischiare come Bregantini che fa? Scende a patti con la malavita? con la Massoneria? Ecco perché cercavo di far capire che non c'era da esultare sbadierando promozioni. Grazie in goni caso per lo scambio sereno di vedute.

Anonimo ha detto...

Ciao Alessandro, come sicuramente immagini gia', e' partito il "toto-successore". Il nuovo vescovo non avra' vita facile sia per la situazione del territorio sia per le polemiche di questi giorni. Ecco le indiscrezioni finora raccolte:

BREGANTINI/ PARTE IL TOTONOMINE PER IL SUCCESSORE

Quattro i nomi per guidare la diocesi di Locri-Gerace

Locri, 8 nov. (Apcom) - Monsignor Bregantini è appena stato nominato nuovo Arcivescovo di Campobasso -Boiano, che già si è aperto il toto nomine per la sua successione alla guida della diocesi di Locri- Gerace.

Sarà una decisione difficile, in una diocesi tormentata dove mons. Bregantini ha lasciato un segno profondo. In corsa,secondo indiscrezioni, ci ssarebbero alcuni nomi, che già da qualche tempo sarebbero in odore di "elezione" a Vescovo. Si tratta di Monsignor Antonio Staglianò, sacerdote della curia di Oppido Mamertina-Palmi che ha già ricoperto diversi incarichi anche fuori regione per conto del Vaticano e di monsignor Ignazio Schinella, attuale rettore del seminario regionale di Catanzaro-Squillace, uomo capace di grande comunicazione con i giovani.

Qualche tempo fa, in occasione della vacanza nella sede vescovile di Cassano Allo Jonio, i due nomi camminavano a braccetto, e sono state in cima alle "classifiche" questa estate quando c'era da coprire la sede di Mileto-Tropea.

Ma dal cilindro della Santa Sede, potrebbe spuntare un nome nuovo, che potrebbe essere quello di Don Pino Silvestre, attuale parroco della chiesa di Mater Domini di Catanzaro, fine predicatore di grande spessore teologico.

In queste ore un'altra ipotesi ha iniziato a farsi strada negli ambienti eclesiastici calabresi: la nomina di Monsignor Santo Marcianò, vescovo di Rossano-Cariati, reggino di nascita, profondo conoscitore della terra locrese.

Il tutto però ancora è molto in alto mare, almeno fino al 20 gennaio giorno in cui monsignor Bregantini lascerà definitivamente la diocesi di Locri-Gerace.

adriano ha detto...

Sinceramente trovo inopportuno tutta questa attenzione mediatica sul trasferimento di mons:Bregantini (mio nuovo vescovo, tra l'altro). Nessun complotto, come lo stesso Bregantini ha detto. I politici dovrebbero pensare di più al loro compito e ai loro complotti... Se la mafia resiste è anche per la loro nn sempre efficace azione "contro" e di prevenzione. Mons. BRegantini resta pur sempre un PAstore e non una bandiera dell'antimafia. IN ITalia di bandiere ne abbiamo già troppe. Credo che farà benissimo anche nella nuova diocesi. Ringrazio il PAp per avercelo donato!