9 novembre 2007
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Nella promozione (sì, senza virgolette perché senza ironia) di monsignor Giancarlo Maria Bregantini alla sede metropolitana di Campobasso non c’è alcun oscuro disegno. E, dunque, non è lecita alcuna speculazione. Bregantini era stato invitato nel mese di luglio a predicare un corso di esercizi al clero di Campobasso. Tenne riflessioni che colpirono molto gli uditori. Così, al momento delle consultazioni promosse dalla Santa Sede in vista dell’avvicendamento sulla cattedra metropolitana di Campobasso, ecco che i sacerdoti riservatamente interpellati fecero il nome di monsignor Bregantini, che in tal modo finì nella terna da presentare al Papa.
E il Papa l’ha scelto, da una parte per la buona reputazione che questi si era costruito in anni di durissimo lavoro nella Locride, dall’altra proprio per quella unanime indicazione venuta dal Molise. A quel punto, era naturale che venisse chiesta la sua disponibilità, che Bregantini ha dato, con generosità, come suo solito.
Ieri, infine, la nomina è stata resa nota congiuntamente a Locri e a Campobasso, e in entrambe le sedi si è giustamente indugiato a rivelare anche dettagli che normalmente restano riservati, così da togliere qualsiasi alone di sospetto su manovre, rimozioni, trame o veleni.
Ogni speculazione a questo punto evapora nell’inconsistenza, anche se ben sappiamo che talora c’è più trasporto nel fantasticare complicazioni inesistenti che nel registrare una verità lineare.
E senza pieghe. Spontaneo, allora, rivolgere a monsignor Bregantini l’augurio più affettuoso di un fervido ministero nella sua nuova terra, dove non mancheranno di amarlo e di seguirlo.
A Locri, dopo di lui, la Chiesa invierà chi saprà non farlo rimpiangere. La Calabria, d’altra parte, ha il diritto a un amore vero, quasi a una predilezione da parte della comunità nazionale. Nessuno può mancare di rispetto ad una terra in cui vescovi, preti, religiose e laici impegnati sul fronte della giustizia, della solidarietà e della dignità sono tanti. Tutte le loro storie sarebbero degne di finire con enfasi in prima pagina così come proprio ieri è capitato a Bregantini, su un importante quotidiano milanese che lodevolmente si preoccupava che i presìdi evangelici e civili in Calabria non venissero meno. Peccato che nella concitazione del ragionamento si prefigurasse una sorta di irresponsabilità verso la terra calabra di chi 'lassù' decide. La Chiesa non è irresponsabile, e in duemila anni di storia qualche credenziale l’ha pure esibita. In Calabria, Bregantini – originario non della Val dei Mòcheni, ma di Denno in Val di Non – è arrivato un giorno non per iniziativa di qualche blasonato centro di potere. E neppure per segnalazione di qualche redazione di Milano o di Trento. Era quasi sconosciuto e l’ha mandato la Chiesa, la stessa che oggi – dopo tredici anni – lo manda a Campobasso, e la stessa che farà ora per Locri la provvista migliore. Chi è agitato si rilassi. Almeno fino a prova contraria.
E giacché ci siamo, illustri colleghi dei cosiddetti grandi giornali nazionali, perché non ci impegniamo ad assicurare alla Calabria e alla sua vita, non solo alle sue patologie, un’attenzione meno pelosa, meno saltuaria, e meno infastidita? Chi oggi per lo spostamento di un vescovo si strappa le vesti, quante volte ha provato sulle stesse pagine a raccontare la voglia di riscatto di quella gente, di quei giovani, di quei disoccupati, che talora solo grazie alla solidarietà cattolica (sì, anche grazie al famigerato 8 x mille, oltre che alle cooperative trentine) hanno trovato i mezzi per avviare sprazzi di socialità diversa e alternativa? (db)
© Copyright Avvenire, 9 novembre 2007
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1 commento:
E' già tanto che qualcuno non abbia scritto che Benedetto XVI e don Georg sono affiliati alla 'ndrangheta...
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