27 dicembre 2007

Lucio Dalla: "Il livello delle catechesi del Papa è così elevato da sfuggire a quelle menti che ricercano, nel mondo attuale, solo l'insulto"


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Intervista rilasciata al quotidiano cattolico online Petrus

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«Professione di fede» del cantautore bolognese: «Mai stato marxista. Ammiro Escrivá de Balaguer»

Claudia Voltattorni

MILANO — «Nessuno può impedire all'uomo di aspirare al divino. Dio è in ogni luogo, nel volto degli uomini, nel sorriso di un bambino, anche in una canzone ben eseguita». Lo dice oggi Lucio Dalla. Pochi mesi ai sessantacinque anni, alle spalle una storia di note e parole diventate immortali, l'artista bolognese racconta la sua anima di oggi, che abbraccia fede, religione e Dio. E che disconosce quella sinistra che, volente o nolente, per anni lo ha considerato una delle sue voci. Anche se lui non la pensa così, pur avendo più volte confermato di aver «sempre votato Pci, poi Ulivo».

«Non sono mai stato né marxista né comunista» ha sottolineato in un'intervista al quotidiano cattolico online Petrus. Anzi «sfatiamo questa leggenda, se mi sono esibito alle manifestazioni di sinistra è perché sono un professionista: gli organizzatori mi hanno pagato ed io ho cantato. Non credo che un cattolico — perché io tale sono — debba rifiutare le offerte che gli vengono fatte solo per una questione ideologica». Non solo. Dalla rivela di essere anche un devoto di Josemaría Escrivá de Balaguer, il fondatore dell'Opus Dei. Si sente vicino al santo spagnolo per la sua logica del lavoro, spiega: «Io credo nella ricerca del bello, nella santità e nella mistica del lavoro, che poi vuol dire santificarsi per mezzo della propria professione», e anche Escrivá de Balaguer «non faceva del lavoro un idolo, ma affermava che qualsiasi attività dovesse essere eseguita con scrupolo, professionalità e dedizione. Così ci si santifica nel lavoro e si santifica il lavoro»: quello che la voce di «Henna», «Caruso», «Disperato Erotico Stomp» cerca di fare ogni giorno della sua esistenza, «anche attraverso la mia affiliazione all'Opus Dei», contrastando «ogni forma di ateismo e di secolarismo, fenomeni che mortificano purtroppo i nostri tempi».
Professione di fede inaspettata da un personaggio come lui, sempre un po' controcorrente. Ma Lucio Dalla è un profondo credente. Va a messa, rifiuta l'aborto («La vita va difesa sempre e comunque »), cerca Dio («La ricerca del divino e della trascendenza fanno parte della natura umana»). Lo scorso settembre cantava a Loreto davanti ai giovani e a Benedetto XVI, ama papa Ratzinger, «un grande e grande e fine intellettuale », di cui ha apprezzato l'enciclica sulla Speranza, «il livello della sua catechesi è così elevato da sfuggire a quelle menti che ricercano, nel mondo attuale, solo l'insulto». Ma in fondo, a suo modo, Lucio Dalla la sua fede la cantava anche ieri. Nel 1971, sull'ingessato palco di Sanremo «4/3/1943» dove fu costretto a censurare il suo Gesù Bambino messo tra i «ladri e le puttane». Oppure anni dopo, quando in «Se io fossi un angelo» parlava con Dio chiedendogli: «I potenti che mascalzoni/ e tu cosa fai li perdoni?». Fino al 2007, quando nel suo ultimo, mistico, disco, scrive «I.N.R.I.» («La dedicherei al Papa») e si rivolge al crocefisso: «Io non ho dubbi Tu/ esisti/ e splendi con quel viso da ragazzo con la barba senza età... di cercarti io non smetterò/ abbiamo tutti voglia di/ parlarti mi senti/ mi senti...». Pochi anni prima, in «Il Duemila, il gatto e un re» faceva cenare insieme Karl e Jesus: «tutti e due coi blue-jeans e un giacchettone dicono che nessuno ha più ragione/ concludono che religione e ideologia saranno mescolate nei problemi/ precise come l'orario per i treni».

© Copyright Corriere della sera, 27 dicembre 2007 (consultabile anche qui)


Lucio Dalla: "Mai stato comunista

Andavo alle Feste dell'Unità per soldi"

di Paolo Giordano

Milano - Però poteva dirlo prima. Ieri in un colpo solo Lucio Dalla ha confessato di non essere mai stato marxista né comunista e di essere invece affiliato all’Opus Dei. Caspita. Sì sì, l’ha detto. Andiamo per ordine. Parlando con Bruno Volpe di Petrus, il quotidiano online sul pontificato di Benedetto XVI, ha rivelato di apprezzare molto San Josemaría Escrivá de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei perché trova il suo messaggio «di straordinaria attualità». Leggete qui: «Il santo spagnolo non faceva del lavoro un idolo, ma affermava che qualsiasi attività, anche la più semplice, deve essere eseguita con scrupolo, professionalità e dedizione. Così ci si santifica nel lavoro e si santifica il lavoro». Parole sante, che sono da sempre solide nella coscienza delle persone per bene, della borghesia che per tanti anni, trenta o giù di lì, ha visto Dalla appoggiarsi o essere appoggiato da chi la considerava composta da luridi bottegai, da fascisti, da amerikani con la kappa, da pretacci viscidi e corrotti. Vabbè, non semplifichiamo troppo: le cose nella vita cambiano. «Non sono mai stato né marxista né comunista», dice Dalla. «Se mi sono esibito alle manifestazioni di sinistra è perché sono un professionista: gli organizzatori mi hanno pagato e io ho cantato. Punto. Non credo che un cattolico - perché io tale sono - debba rifiutare le offerte che gli vengono fatte solo per una questione ideologica». Eh no, caro Dalla: lei sa bene che, specialmente negli anni caldi dei Settanta e dei primi Ottanta, le opportunità di suonare dal vivo venivano offerte specialmente a chi era rigorosamente allineato, mica agli altri, che difatti non suonavano mai o quasi mai. Niente. Dimenticati.

Cancellati. O si stava a sinistra - pubblicamente e inequivocabilmente molto a sinistra - oppure addio offerte. È stato, quel periodo, fonte di grandi passioni ma anche di danni per la musica italiana, che difatti è diventata, salvo poche eccezioni, di un conformismo così spento da perdere non solo ascoltatori ma anche credibilità. Figurarsi se Lucio Dalla avesse pubblicamente detto - mettiamo alla fine degli anni Settanta - ciò che dice oggi e cioè che «reputo l’aborto una cosa negativa. La vita va difesa sempre e comunque, dal suo momento iniziale sino alla fine naturale». Ora invece, a 64 anni, annuncia a sorpresa: «Personalmente, nell’esistenza di tutti i giorni, anche attraverso la mia affiliazione all’Opus Dei, cerco di contrastare ogni forma di ateismo e di secolarismo, fenomeni che, lamentabilmente, mortificano purtroppo i nostri tempi». Figurarsi se l’avesse spiegato a quegli atei degli organizzatori del Festival dell’Unità. Lo avrebbero sbeffeggiato, altro che concerti. D’accordo, i tempi cambiano ed è lecito che cambino anche le idee, le convinzioni, persino quelle più profonde. Anzi, purché non siano troppo repentini, i cambiamenti sono sintomo di crescita e, talvolta, di salvezza. Però ci vuole un po’ di autocritica altrimenti si offendono tutti, anche quelli che ti chiamavano a cantare perché sentivano una contiguità politica e ideologica e invece ora scoprono un’altra verità. Che sorpresa, non trovate? Perciò rischiano di perdere efficacia anche le parole indubbiamente profonde che ieri Lucio Dalla ha riservato alla sua visione di Dio, «Dio è in ogni luogo»; all’ultima enciclica di Benedetto XVI definita «ineccepibile»; al suo brano Inri «nella quale si parla di due angeli, uno che rappresenta il bene, l’altro che rappresenta il male. Dio, nella sua perfezione, ha creato il concetto di libertà». Ed è per questo che Dalla dedica la canzone al Papa, specificando che «la salvezza è alla portata di tutti». Anzi, addirittura sia benedetto il dialogo interreligioso ma solo «a condizione di non perdere la propria identità». Parole sante. Parole che spiazzano. D’altronde Dalla è sempre stato sorprendente. Ma stavolta di questa metamorfosi qualcuno si è perso qualche passaggio.

© Copyright Il Giornale, 27 dicembre 2007

2 commenti:

ondeb ha detto...

Nell'intervista a Petrus, Dalla esprime interesse per la Messa tridentina. Non se ne fa menzione in entrambi gli articoli; sarà stata giudicata una dichiarazione poco rilevante o sarebbe stata un'eccessiva pubblicità a qualcosa che va tenuto "nascosto"?

E' stupefacente vedere quanti "cattolici latenti" vi erano e che ora stanno venendo fuori... Tutto questo procura grande gioia.

Onofrio

gemma ha detto...

io a queste esternazioni darei poca rilevanza. Dalla, comunque, si è subito preoccupato di smentire pubblicamente al tg 1 delle 20 alcune delle dichiarazioni riportate nell'intervista (interpretazioni del giornalista?), particolarmente quella relativa alla sua simpatia per l'opus dei.