27 dicembre 2007

Il Papa ricorda i martiri: «Torturati per la loro fede» (Libertà)


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Il Papa ricorda i martiri: «Torturati per la loro fede»

CITTÀ DEL VATICANO - Con il ricordo dei cattolici ancora «perseguitati, imprigionati e torturati» nel mondo per la loro fede e la loro obbedienza a Roma, Papa Benedetto XVI ha concluso ieri, con l'angelus di Santo Stefano, i solenni riti di Natale, durante i quali è tornato a chiedere all'umanità pace, giustizia sociale e tutela per un ambiente che rischia di non avere futuro.
Dalla messa di mezzanotte, tra gli ori, gli incensi, i canti e la magia di San Pietro, al messaggio "Urbi et Orbi" (alla città e al mondo), pronunciato l'altro ieri dalla loggia centrale vaticana in collegamento con 88 emittenti televisive, Ratzinger ha chiesto con forza all'uomo di oggi di fare «posto a Dio» e ai responsabili di governo di mostrare «la saggezza e il coraggio» per trovare «soluzioni umane, giuste e durature» per i tanti conflitti in corso, dal Medio Oriente, all'Iraq, dall'Afghanistan ai Balcani.
Nei 63 saluti nelle lingue nazionali (tra cui la novità del guaranì, l'idioma degli indios dell'Amazzonia), il Papa si è rivolto con particolare intensità all'Italia, chiedendole di testimoniare i «valori della vita, della famiglia, dell'amore e della pace» e di preservare il proprio patrimonio cristiano.
Il messaggio alla città e al mondo del 25 dicembre ha costituito il momento sociale centrale e di più forte impatto mediatico delle celebrazioni pontificie.

Dalla loggia vaticana, Benedetto XVI, che indossava la mitria e il mantello appartenuti a Giovanni XXIII e impreziositi dai ricami in oro, ha pregato, di fronte e 50-60 mila presenti e a decine di milioni di persone tele-collegate, perchè il Natale porti consolazione a chi si «trova nelle tenebre della miseria, dell'ingiustizia, della guerra».

I bambini, le donne , gli anziani - ha proseguito il Papa - sono soprattutto le vittime dei «sanguinosi conflitti armati, del terrorismo e delle violenze di ogni genere che infliggono inaudite sofferenze a intere popolazioni». «Mentre le tensioni etniche, religiose e politiche», ha detto ancora Benedetto XVI, «lacerano il tessuto interno di molti paesi e inaspriscono i rapporti internazionali». «In questo giorno di pace - ha aggiunto il Papa - il pensiero va sopratutto dove rimbomba il fragore delle armi : alle martoriate terre del Darfur, della Somalia e del nord della Repubblica democratica del Congo, ai confini dell'Eritrea e dell'Etiopia, all'intero Medio Oriente e in particolare all'Iraq, al Libano e alla Terrasanta, all'Afghanistan, al Pakistan e allo Sri Lanka, alla regione dei Balcani, e alle tante altre situazioni di crisi, spesso purtroppo dimenticate». Poi è tornato a denunciare «i preoccupanti dissesti ambientali» che causano nel pianeta un crescente numero di vittime. Un tema, quello ecologico, che sta diventando una caratteristica del pontificato di Ratzinger e che lo stesso Benedetto XVI aveva già affrontato, con toni accorati, nell'omelia della messa di mezzanotte, tra il 24 il 25 dicembre.
Ispirandosi alle parole di Luca sulla natività di Cristo nella stalla di Betlemme, dopo che Giuseppe e Maria non avevano trovato posto in un albergo, Ratzinger aveva preso anche spunto per lamentarsi di una società «troppo occupata con se stessa», da non lasciare nulla per l'altro, «per il prossimo, per il povero, per Dio». Prima della messa notturna, il 24 dicembre, Benedetto XVI aveva telefonato al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per fare gli auguri all' «amato popolo italiano».
Ieri, nell'Angelus dedicato a Stefano, primo martire cristiano, Ratzinger ha ricordato le persecuzioni che tuttora subiscono «missionari, vescovi, religiosi, religiose e fedeli laici» in tante parti del mondo. «A volte si soffre e si muore anche per la comunione con la Chiesa universale e la fedeltà al Papa», ha spiegato.
Una curiosità: tra le centinaia di messaggi di auguri natalizi ricevuti in questi giorni da Benedetto XVI è arrivato in Vaticano a sorpresa anche quello del presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad.
Nella lettera a papa Ratzinger, Ahmadinejad auspica che il 2008 «sia l'anno della eliminazione dell'oppressione, della violenza e della discriminazione e l'anno della pace, dell'amicizia e del rispetto dei diritti dei popoli».

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