27 dicembre 2007

Card. Bagnasco: “Insegniamo ai giovani il valore della fatica” (Elkann per "La Stampa")


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“Insegniamo ai giovani il valore della fatica”

Alain Elkann

Cardinale Angelo Bagnasco, quali sono le sue priorità maggiori in questo fine anno?

«Sul versante ecclesiale c’è urgenza sul compito educativo. Se non si formano le persone in senso completo e si danno solo risposte parziali non va bene. L’educazione coinvolge la responsabilità della Chiesa, della famiglia e delle istituzioni dello Stato che hanno compiti suppletivi a quelli della famiglia. Tre soggetti dunque: la famiglia, lo Stato e la Chiesa, secondo me devono mettere a tema la fiducia nell’educazione, cosa che la Chiesa ha sempre avuto, ma devono pensarci anche i genitori e le istituzioni scolastiche».

Questo tema dell’educazione è stato recentemente evocato in un passaggio romano da personalità laiche come Gorbaciov o religiose come Dalai Lama?

«Anche il Papa ne ha parlato con insistenza alla cerimonia degli auguri della Curia Romana al Santo Padre in cui lui ha trattato il tema dell’emergenza educativa, cosa che aveva già precedentemente fatto alcune settimane orsono».

E le altre priorità?

«Crescere da parte della comunità la passione evangelizzatrice, l’annuncio di Cristo secondo il metodo dei primi cristiani, cioè da persona a persona circondata dal Santo Padre. L’evangelizzazione è un compito motivato, non si può tenere la gioia per sè, una grande gioia, bisogna dividerla con gli altri, comunicarla. Certo, questo non è mai una prevaricazione, ma un atto di amore e di servizio».

Quello che ci circonda, però, è un mondo con molto dolore.

«E’ evidente, tragico e ineluttabile, l’esperienza umana è complessa di luci e ombre. La luce del Vangelo non toglie le croci, ma illumina la croce di significato e dolore e la presenza di Cristo naturalmente aiuta».

Come si fa a tener viva la fede?

«Ognuno si appella alla propria esperienza e può constatare che nella misura in cui l’uomo è fedele alla fede, la fede è fedele all’uomo. Non bisogna mai tirarsi indietro».

Oggi però viviamo in un mondo dell’apparire?

«Si tende a scartare l’impegno, la fatica che sono invece gioia, chi vive l’amore sa che ha un duplice volto, che sono gioia e fatica».

La fatica non è molto di moda?

«Se si veicola un modello di vita fatto solo di piacere e successo facile, quando uno incontra la fatica, la schifa, però invece la vita per giungere a un punto d’arrivo ha bisogno della fatica e qui torniamo al problema educativo».

Quali sono i suoi precetti per una vita serena?

«La serietà, non fuggire da noi stessi e dai compiti della vita, la fatica, l’impegno e il metodo. Una casa si può costruire con un progetto e non nella casualità e bisogna trovare la scoperta di un senso. E’ molto importante trovare lavoro, l’amicizia ha un grande significato, però separatamente queste cose non hanno un senso globale della vita».

Cosa dà un senso globale alla vita?

«Un senso più alto, un senso profondo che è solamente Dio e solo l’eternità dà un senso al tempo, ma noi in questo periodo storico non andiamo molto bene perché le categorie culturali dominanti vanno in senso opposto. Ci si frantuma sempre di più, non c’è la sintesi, sembra che la vita si realizzi con una soddisfazione effimera, le persone invece, in questa ricerca di soddisfazioni effimere si consumano».

E allora cosa bisogna fare?

«Bisogna pregare, uscire per porci di fronte a Dio che può dare senso di sintesi, il gusto della buona lettura, dei grandi pensatori. Pensiamo a Tommaso, Agostino a quei pensatori Greci come Platone, Aristotele e altri anche recenti. E’ un grande aiuto, non bisogna avere paura del silenzio e della solitudine. Si parla di massa e non di compagnia, un ammassamento di solitudini non fa una compagnia però per vivere buone le relazioni è necessario rigustare la capacità del silenzio, della solitudine piena di Dio. Gesù è un ponte tra Dio e l’uomo».

E il potere, il denaro così ricercati oggi?

«Sono miti vuoti, fantasmi che appaiono ma non hanno consistenza e prima o dopo chi vive di questo, si risveglia tragicamente».

Che giudizio dà all’Italia?

«Gli italiani sono un popolo, perché l’umanità degli italiani e la loro capacità di relazione e di non acuire conflitti e di trovare composizione è nota a tutti, sono qualità che ho visto apprezzare moltissimo quando mi sono recato dai militari all’estero. Queste qualità si vedono meno vivendo in casa dove non emerge il meglio».

E la violenza dilagante?

«E’ da condannare ma anche da leggere. La lettura è una richiesta di aiuto, di ordine sociale e di carattere spirituale. Quando c’è il vuoto, quando la vita non ha un senso, l’uomo diventa capace di tutto, anche di violenza. Se non ci sono punti di riferimento autentici per cui valga la pena di morire e di vivere non ci resta che il vuoto».

Cosa pensa di quanto dice il suo concittadino Beppe Grillo?

«Da quello che sento, penso che a suo modo cerca di dare un contributo».

Per Genova, la sua città, che desideri ha?

«Una crescita sempre maggiore nell’amore di Cristo, della Chiesa e questo riguarda tutta l’Italia. Da un punto di vista più locale vorrei che crescesse un orgoglio cittadino, ma non fine a se stesso. Fare una voce unica, creare una squadra. Vorrei che si facesse tutti insieme un grande passo in avanti nella vita sociale e economica. Genova non è una città di confine, ma è un valore per il paese. E’ la finestra sul mare dell’Europa».

© Copyright La Stampa, 23 dicembre 2007

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