30 dicembre 2007

La fase due di Benedetto XVI (Garelli per "La Stampa")


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La fase due di Benedetto XVI

FRANCO GARELLI

Siamo di fronte a una fase due del pontificato di Benedetto XVI, che dopo un lungo periodo per lo più dedicato ai temi dell'etica e dell'identità cristiana sembra ora applicarsi con forza alle questioni sociali nel mondo?

Di questo cambiamento di registro vi sono varie tracce nei messaggi del Papa a Natale, sia nella messa di mezzanotte, sia nell’Urbi et Orbi pronunciato a mezzogiorno in una piazza S. Pietro gremita e di fronte alle tv di mezzo mondo.

I vibranti appelli rivolti in questa occasione a salvare la Terra maltrattata, a ridurre le discriminazioni, a operare per la giustizia, sono in linea del resto col messaggio lanciato dallo stesso Pontefice per la Giornata Mondiale della Pace del 1° gennaio 2008.

Come tutti i «motori» tedeschi, il procedere di questo Papa non è incline ad accelerazioni e discontinuità, ma si applica con metodo e rigore alle questioni ritenute prioritarie. Finora i temi della dottrina sociale della Chiesa non sono stati al centro delle sue preoccupazioni, avendo preferito iniziare a far chiarezza su quelli dell'identità cristiana e dell'etica.

C'è troppa confusione nel mondo (occidentale e non) sulla ricerca spirituale, sulla domanda religiosa, sullo stesso modo di intendere il messaggio cristiano.

Molti credenti e non poche comunità cristiane rischiano di confondere la «buona novella» col proprio sentire, dando vita a un «fai da te» che mette in sordina la trascendenza e enfatizza le attese umane. Di qui l'impegno del Papa teologo e «catechista» a ribadire i fondamenti della fede e della morale cristiana, cui ha dedicato gran parte della comunicazione pubblica dei suoi primi due anni di pontificato. Rientrano in questo progetto le due encicliche sin qui emanate (su Dio è amore e sulla Speranza cristiana), oltre che il bestseller scritto dal Papa su Gesù di Nazaret.

Con i discorsi di Natale, però, la riflessione di Benedetto XVI sembra aver preso un'altra piega. L'evento Nazareth non richiama al Papa soltanto la centralità della famiglia nell'ordinamento cristiano e umano (un altro tema sin qui ricorrente nel magistero del Pontefice), ma anche la necessità di salvaguardare una «famiglia umana» sempre più minacciata da tensioni e conflitti. Il Papa teologo sembra dunque palesare una sensibilità sociale sin qui imprevista o sconosciuta. Tra le sue corde, non vi sono soltanto le questioni della bioetica o della vita da difendere dall'inizio alla fine, o il rapporto dialettico e conflittuale tra scienza e fede.

Nel giorno simbolo della pace, il Papa non ha mancato di prendere su di sé i mali delle zone del mondo più sofferenti, elencando un lungo rosario di terre che più sono oggetto di conflitto e di degradazione umana: dal Darfour alla Somalia; dal Congo alle zone di confine tra l'Eritrea e l'Etiopia; dal Libano alla Terra Santa; dall'Afghanistan all'Iraq; dal Pakistan allo Sri Lanka. Nella ricognizione non sono mancati i Balcani, ma soprattutto l'accenno alle molte altre aree di crisi sovente oggetto del nostro oblio per lo scarso interesse che rivestono per l'Occidente più sviluppato.

Nel richiamare le terre sofferenti, il Papa non si è limitato a invocare consolazione per quanti si trovano nelle tenebre della miseria, dell'ingiustizia, della guerra, ma ha dato un nome alle strutture di male di cui è attualmente disseminata la Terra: i dissesti ambientali, l'abuso delle energie, lo sfruttamento egoistico della natura, i conflitti etnici, religiosi e politici, il fragore delle armi.
Proprio i temi del disarmo, del rispetto ambientale, dell’emergenza energetica sono al centro del messaggio del Papa per la Giornata mondiale per la pace 2008. Dobbiamo aver cura dell'ambiente, promuovere un modello di sviluppo sostenibile, trovare insieme un equilibrio ecologico che non sia soltanto a misura dei Paesi tecnologicamente più avanzati. Stesso discorso vale per la gestione delle risorse energetiche del pianeta, con i paesi più ricchi ed emergenti la cui fame di energia viene sovente saziata a danno delle nazioni più povere.
Infine, l'appello alla pace si scontra con la corsa agli armamenti, con l'industria bellica in crescita, con oligarchie politiche che si legittimano per lo più con la potenza degli eserciti e con la rincorsa alle armi nucleari. La pace - ricorda il Papa - è senz'altro un esercizio dello spirito, ma è anche il frutto di un'azione politica in cui la comunità internazionale e tutte le nazioni sono chiamate ad assumersi le proprie responsabilità.

In questa svolta tematica, Benedetto XVI sembra avvicinarsi al modo in cui il suo predecessore, Karol Wojtyla, ha interpretato il suo essere Papa. I temi sociali sono centrali per una Chiesa la cui missione è di far crescere la pace umana e spirituale. Di questi accenni saranno contenti i molti laici che imputano alla Chiesa di Roma di essere oggi attenta soltanto ai temi della vita e della bioetica (anche perché i mass media per lo più enfatizzano queste posizioni), ma pure non pochi credenti e cattolici per i quali l'impegno sociale è un criterio di coerenza di fede e di promozione della vita umana.

© Copyright La Stampa, 30 dicembre 2007 (consultabile anche qui)


Bello questo editoriale. Lo condivido fino in fondo ad una sola condizione: che non si parli di una fase uno e di una fase due nel Pontificato di Benedetto XVI. Non c'e' alcuna discontinuita' fra il 2005, il 2006 ed il 2007, proprio nessuna!!!
Il Papa si attiene alla Verita': Dio e' amore, il Cristianesimo e' gioia, non imposizione, siamo salvati dalla speranza, Gesu' e' il Salvatore del mondo.
Questa e' la base, questo e' il fondamento del Pontificato di Papa Benedetto. Anche Garelli cade in trappola e mi sorprende. Non c'e' stata alcuna svolta nei messaggi di Natale perche' sono due anni che Papa Ratzinger parla di temi sociali, di pace e di tutela dell'ambiente. A Colonia, a Loreto, a Roma, durante la GMG, in Brasile, in Austria, egli ha puntato l'accento su tematiche "mondiali" e sull'ecologia. Se poi i media parlano dei messaggi del Papa solo quando essi riguardano i temi etici, beh, e' tutto un altro discorso...
Benedetto non ha alcuna colpa se i media non sono in grado (come giustamente sottolineato da un editoriale dell'Eco di Bergamo) di recepire la complessita' del suo messaggio. Eppure basterebbe un piccolo sforzo che, evidentemente ed ideologicamente, non si vuole fare...
Rileggiamo il discorso del Papa alla Curia romana nella parte in cui spiega l'argomento della Conferenza di Aparecida. Che senso ha parlare ai Cattolici di tematiche sociali, alla stregua di qualsiasi altro ente benefico, se poi i fedeli non distinguono Gesu' Bambino da Babbo Natale, i Magi dalla Befana e il 1° novembre da Halloween?
Bene, quindi, l'articolo di Garelli, un po' riduttivo nella parte in cui parla di "fase due" che, di fatto, non esiste
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Raffaella

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