16 gennaio 2008
Galli della Loggia: «Sacerdoti dell’ideologia laicista che hanno paura di confrontarsi»
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IL PAPA E L'OSCURANTISMO INTOLLERANTE DEI LAICISTI UNIVERSITARI: LO SPECIALE DEL BLOG
Intolleranza
IL PAPA E LA SAPIENZA
Chi non vuole misurarsi con l’altro
Ernesto Galli della Loggia
«Sacerdoti dell’ideologia laicista che hanno paura di confrontarsi»
DI PAOLO VIANA
Ha iniziato la giornata scagliandosi, dalle colonne del Corriere della Sera, contro il «laicismo obbligatorio» di Asor Rosa e sostenendo che la protesta contro la visita del Papa alla Sapienza non è poi tanto diversa dalle «gazzarre organizzate nel 1923-24 dagli studenti fascisti fiorentini per impedire a Salvemini e Calamandrei di tenere lezione». L’ha conclusa prendendo atto che Benedetto XVI «ha deciso di non recitare la parte dell’ospite sgradito» e che, di questo passo, il laicismo rischia veramente di entrare nel cursus studiorum dell’università pubblica. Insomma, è stata proprio una pessima giornata, quella di ieri, per uno storico liberale come Ernesto Galli della Loggia, il quale commenta così l’offesa a Benedetto XVI: «Il pontefice non ha voluto recitare la parte dell’ospite sgradito e questa scelta, oltre a riflettersi sui rapporti tra la Santa Sede e il nostro Paese, mette sotto gli occhi di tutti un problema reale». Quello di una intellighenzia che cerca di imporre «l’idea che in una democrazia la religione debba essere esclusa da qualsiasi spazio pubblico». Idea «inquietante» che porta dritto a un «obbligatorio laicismo di Stato».
Chi vuole emarginare la religione dalle università italiane?
Siamo di fronte alla drammatizzazione di una tendenza che è incarnata da una minoranza, certo molto pugnace e con un grande ascolto nei mass media, ma che resta una minoranza, convinta del fatto che il punto di vista religioso non debba essere rappresentato negli spazi pubblici e che la sua presenza violi il pluralismo, quasi che la declinazione del medesimo non fosse la presenza di tutte le voci ma la cancellazione di quelle che questa minoranza considera incompatibili con i canoni dell’ortodossia democratica. Quindi, fuori la religione e dentro sindacati e partiti, ma dentro anche l’ideologia della scienza, che questa minoranza considera voce della verità e non, invece, portatrice anch’essa di una sua ideologia.
Si direbbe la difesa conservatrice di chi si sente assediato.
In effetti, in questa visione quella scientifica è l’unica ideologia 'autorizzata'. Naturalmente chi lo sostiene spesso non si rende conto di difendere un’ideologia e pensa di essere portatore della verità sperimentale. Ma gli storici sanno che la scienza ha sempre dietro di sé un’ideologia. Non saremmo arrivati, ad esempio, all’eliocentrismo senza il neoplatonismo, che immaginò, prima di averne una dimostrazione scientifica, che il Sole fosse fermo e la Terra gli girasse intorno. Una scienza spoglia di ogni declinazione ideologica rappresenta un sogno impossibile. O una bugia.
Ma perché scegliere proprio Benedetto XVI come nemico?
Caratteristica dello scientismo è considerarsi portatore della verità in lotta contro le tenebre e considerare che le tenebre per antonomasia sono le religioni e quella cattolica in particolare. Questo porta a travisare i pronunciamenti del Papa, dipinto come un arcangelo delle tenebre: molti dei suoi discorsi, a cominciare da quello in cui citò Feyerabend, sono stati fraintesi. Sviste che rivelano uno sfondo di faziosità, una propensione naturale a giocare senza fair- play.
Il caso Sapienza può essere il primo gradino di una contestazione più ampia?
Non vedo rigurgiti modello ’68. Vedo piuttosto una novità: il crescente rilievo pubblico della religione, anche in campo scientifico. I contestatori della Sapienza sostengono, naturalmente, che questo è il prodotto dell’intromissione della religione nella politica, mentre sono le nuove scoperte scientifiche a porre problemi di carattere morale e politico sui quali la Chiesa trova necessario intervenire, provocando la reazione dell’ideologia scientista. Lo scenario, francamente, mi pare molto diverso dalle vecchie dispute universitarie tra destra e sinistra.
Nelle università lo scientismo è l’erede dell’ideologia comunista?
La fine del comunismo ha lasciato molti orfani, particolarmente in quest’ambiente, dove parecchi, pur essendo uomini di scienza e quindi culturalmente molto attrezzati, sono vissuti per decenni nella sincera convinzione che Stalin realizzasse il comunismo. Con la stessa credulità fanciullesca hanno pensato di avere un rapporto privilegiato con la verità e quando il comunismo è finito si è imposta un’ideologia sostitutiva. Non mi stupisce che attecchisca tra studiosi che vivono come in un acquario, dove sono sempre tutti d’accordo, elaborano posizioni sempre più radicali, hanno consumato un sostanziale divorzio dalla sinistra parlamentare, considerano il Pd una massa di traditori, si sentono i sacerdoti della coerenza e elettori (eventuali) di Flores d’Arcais.
Quadretto inquietante: parliamo di gente che ogni giorno forma intere generazioni di italiani.
Effettivamente c’è un problema di regole da ridefinire: l’università deve elevare il proprio standard di attenzione per la verità, che impone anche di non travisare i fatti, e per la tolleranza, che esclude simili atteggiamenti censori.
© Copyright Avvenire, 16 gennaio 2008
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