8 aprile 2008

Joseph Ratzinger raccontato in un volume fotografico. Collaboratori della verità (Mons. Fisichella, Osservatore Romano)


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Joseph Ratzinger raccontato in un volume fotografico

Collaboratori della verità

È in libreria il volume di Giuseppe De Carli Benedictus. Servus servorum Dei (Gorle, Velar in coedizione con Rai Eri e con Elledici, 2008, pagine 248, euro 60). Il lavoro ripercorre - grazie anche a molte fotografie - la biografia di Joseph Ratzinger e gli aspetti salienti del suo pontificato. Pubblichiamo stralci dell'introduzione curata dal vescovo rettore della Pontificia Università Lateranense.

di Rino Fisichella

"L'amore di Dio per noi è questione fondamentale per la vita e pone domande decisive su chi è Dio e chi siamo noi" (Deus caritas est, 2). L'espressione posta all'inizio della sua prima enciclica può diventare sintesi dell'insegnamento di Benedetto XVI non solo intorno al tema fondamentale dell'amore, ma anche riguardo l'identità stessa del vivere sociale, politico e culturale.
Per capire la personalità e l'insegnamento di Benedetto XVI, credo che sia necessario partire proprio da qui, dal centro e dall'essenza del cristianesimo. (...) Togliere l'essenza dai nostri discorsi potrebbe facilitare la valutazione di considerazioni diverse sulle differenze tra un Papa e l'altro, attardarsi sulla simpatia o meno, la comunicabilità o altro che potrebbe ispirare il giudizio, ma lascerebbe scoperto ciò che più conta.

Le belle pagine di Giuseppe De Carli, ricche di momenti storici, hanno il pregio di non far dimenticare i momenti salienti della vita di Joseph Ratzinger; ma, comunque, non tralasciano di addentrarsi nel merito del suo insegnamento.

Per entrare più direttamente nel merito, ritengo che ci siano alcuni temi fondamentali che meritano di essere considerati per immergersi con maggior coerenza nella comprensione di Benedetto XVI.
Il primo che balza con evidenza è l'analisi del fenomeno culturale. "La crisi della fede, che in misura crescente incalza la cristianità, si rivela sempre più chiaramente anche come crisi della coscienza dei valori fondamentali della vita umana. Da un lato essa viene nutrita dalla crisi morale dell'umanità e dall'altro si riversa su di essa aggravandola.
"Quando si cerca di abbracciare a grandi linee il panorama delle attuali discussioni su questo argomento, ci si scontra purtroppo in strane contraddizioni che, tuttavia, sono tra loro strettamente interdipendenti
".

Questo testo, scritto quando Joseph Ratzinger era professore di teologia dogmatica a Regensburg e membro della Commissione Teologica Internazionale, indica con chiarezza la lungimiranza dell'analisi del fenomeno che segna l'attuale stato di crisi ormai da diversi decenni. Con la stessa lucidità, dopo trent'anni, ritornando nella sua università, Benedetto XVI ribadiva: "L'Occidente, da molto tempo, è minacciato da questa avversione contro gli interrogativi fondamentali della sua ragione, e così potrebbe subire solo un grande danno. Il coraggio di aprirsi all'ampiezza della ragione, non il rifiuto della sua grandezza: è questo il programma con cui una teologia impegnata nella riflessione sulla fede biblica, entra nella disputa del tempo presente".
È convinzione profonda del Papa che il cristianesimo, in quanto religione che trova nel Lògos la sua espressione culminante e la sintesi dell'intera ricerca che l'uomo compie verso la trascendenza, non solo si deve offrire alla ragione perché consideri e analizzi i suoi contenuti, ma diventa esso stesso critica per ogni forma di pensiero che voglia fondarsi sul mito. Egli crea quasi un'analogia tra la filosofia greca, che nell'antichità era critica del mito religioso, e il cristianesimo che oggi è critica di nuove forme di politeismo.
Il tema della fede è un secondo pilastro con cui confrontarsi. Esso è certamente uno dei punti cardine del pensiero del Papa e svolge il ruolo di chiave ermeneutica di tutta la sua produzione teologica; non potrebbe essere altrimenti.

I termini italiani, purtroppo, non esprimono in profondità il senso che Benedetto XVI vi ha impresso con la pregnanza semantica della lingua tedesca. Stehen ("stare") e verstehen ("comprendere"), infatti, dicono già nella comune radice e nel richiamo reciproco la concretezza della fede che è presente, sempre e dovunque, per il carattere che imprime alla vita dei cristiani di essere un'opzione concreta, libera e pubblica.

Nello stesso tempo, comunque, quello "stare" della fede è sempre soggetto a un "comprendere" che mentre valorizza la ragione e dona libertà al credente nella sua scelta, impegna a trovare strade per immettersi sempre di più per le vie del mondo in continua ricerca di un annuncio credibile che permetta l'accoglienza della fede presso tutti. La fede, insomma, obbliga a "prendere posizione"; essa porta con sé le domande fondamentali dell'esistenza che permettono di raggiungere sia l'identità personale sia il significato del mondo, orientando lo sguardo verso il mistero di Dio. La fede cristiana, tuttavia, non è una mera teoria, come ha ribadito esplicitamente nella sua prima enciclica, ma si fonda sull'incontro con una persona, Gesù Cristo, che rivela il volto di Dio entrando nella storia dell'umanità. Questa fede diventa, di volta in volta, discernimento, conflitto, provocazione e proposta a vivere l'esistenza personale nella sequela del Vangelo.
Il cristianesimo, comunque, non ricerca solo l'intelligenza dei contenuti di fede, ma deve estendersi anche nel confronto con le culture. In esse si devono ricercare, anzitutto, gli elementi di verità che permettono un dialogo, ma anche è necessario identificare le aporie.

Tra gli oltre quattrocento titoli di cui si compone l'opus teologico di Ratzinger, Introduzione al cristianesimo rimane come un autentico capolavoro che permette di verificare da vicino i punti a cui abbiamo accennato.

Fin dalle prime pagine Joseph Ratzinger analizzava con dovizia di particolari il fenomeno della crisi culturale. All'epoca, era stato uno dei rarissimi autori che aveva trovato il coraggio di affrontare questa tematica. Nella generale indifferenza verso l'avanzare tracotante e presuntuoso dell'ideologia tecnologica - da non confondere con il valore della conquista scientifica - il giovane professore che oggi è Papa descriveva il passaggio epocale in atto.
La volontà di passare sotto silenzio il concetto di "tradizione", argomentava Ratzinger, cammina di pari passo con l'imporsi dell'idea di "progresso". Lo sviluppo del pensiero, anzi, portò progressivamente a modificare il concetto stesso di verità sul quale si era fondata la filosofia antica e l'intero pensiero cristiano.
Ratzinger vede soprattutto nel sistema di Gianbattista Vico le premesse che porteranno al radicale cambiamento culturale dei nostri giorni. Egli, infatti, giungeva alla conclusione completamente nuova che l'uomo conosce solo ciò che pone in essere da se stesso. Mentre nell'antichità si identificava la verità con l'essere, ora subentra un nuovo paradigma che coniuga verità con realtà. Ciò che è conoscibile è solo ciò che noi facciamo; l'assioma verum et factum convertuntur inizia ad acquisire il suo valore portante e fondativo per l'epoca moderna. La riflessione metafisica conosce qui il suo momentaneo tramonto, mentre i raggi dell'alba di una nuova certezza conoscitiva iniziano ad abbagliare la mente che si dedica ormai quasi esclusivamente a ciò che è dimostrabile, prima nello spazio della storia, poi in quello sempre più complesso della matematica.
Ciò che per quasi due millenni aveva sostenuto la mente e l'intelligenza, che si sentivano libere proprio perché capaci di ricercare la verità dell'essere, lo si dichiara ora un ozio per benpensanti che non trovano altro da fare. Le forze vere dell'uomo, invece, si sostiene che debbano essere tutte indirizzate verso la certezza scientifica che si impone come un'evoluzione costante capace solo di osservare i fenomeni naturali, darne spiegazione e, soprattutto, riprodurli.
Per paradossale che possa sembrare, l'idea iniziale di porre l'uomo sempre più al centro, padrone assoluto di sé e di ciò che compie, si frantuma nel concepirlo come un semplice prodotto di un'evoluzione casuale a cui non si può dare risposta per l'impossibilità di entrare nella stessa natura. Insomma, l'uomo diventa sempre più un'appendice della natura.
La condizione del mondo contemporaneo, come si intravede da queste parole, viene ricompresa da Ratzinger in prospettiva di una condizione culturale che merita di essere affrontata mediante un autentico capovolgimento della prospettiva e dei valori sottesi. Ci si trova, insomma, nel mezzo di un reale e profondo cambiamento culturale che si colloca alla fine di una radicalizzazione del pensiero illuminista e razionalista che ponendo sempre più l'uomo al centro ha fatto perdere di vista Dio.
La conseguenza prima è stato il primato indiscusso della tecnica che viola l'integrità della persona e non le permette più l'esercizio della sua piena libertà. L'impronta post-metafisica che si è voluto imporre si è fondata sull'interpretazione scientifico-matematica della realtà. Ciò che appare colmo di valore è il "fatto", verificato dalla strumentazione delle scienze naturali, e per ciò stesso giudicato anche colmo di valore, di etica e, pertanto, normativo.
Ne deriva il grande equivoco etico in cui ci si trova immersi nel contesto culturale odierno, secondo cui diventa lecito tutto ciò che si può fare. Il "sapere" diventa "potere" determinato dall'autorità indiscussa della ratio tecnica, che emargina come non produttiva e oscurantista ogni altra forma conoscitiva che non le ceda il primato, tacciato per ciò stesso di essere contro il progresso.

Queste considerazioni che legano fortemente Ratzinger con altri grandi teologi e filosofi del nostro secolo, permettono di vedere la sua lungimiranza nella lettura dei complessi fenomeni culturali e mostrano oggi la loro cruda verità. Un uomo ridotto a "fare", privo di memoria storica e di tradizione, rimane prigioniero di se stesso e dell'effimero.

Per questo si comprendono i ripetuti inviti di Benedetto XVI per recuperare al massimo la presenza del pensiero cristiano all'interno del dibattito culturale. Il suo è il richiamo perché venga recuperata l'identità dell'essere cristiani nel mondo contemporaneo. Questa identità non può essere manomessa a seconda delle epoche storiche o dei pensieri filosofici, perché è grazia, dono e responsabilità che richiedono fedeltà.
È ciò che ha fatto dire in altre circostanze a Ratzinger: "Se non ritroviamo un po' della nostra identità cristiana non supereremo la sfida di quest'ora (...) Proprio così ritornerà ad essere, in senso biblico, il sale della terra. In questa fase di cambiamento radicale continuare a testimoniare che l'uomo nella sua vera essenza non sarà distrutto è ancora più importante (...) La Chiesa necessita perciò, da una parte, di flessibilità per poter accettare i cambiamenti di ordine sociale e culturale oggi in atto e per potersi liberare dei condizionamenti in cui si trova. Dall'altra, le è ancora necessaria la fedeltà per salvaguardare ciò che fa essere uomo l'uomo, ciò che lo fa sopravvivere e che garantisce la sua dignità".
In questo contesto, la prima risposta che si deve dare è ciò a cui ripetutamente Benedetto XVI ha fatto riferimento: superare il relativismo di cui il pensiero e i comportamenti sono caduti vittima. Il fatto religioso, come pure a maggior ragione il giudizio etico, vengono ormai considerati esclusivamente nella sfera degli individui, perdendo ogni diritto di cittadinanza nella sfera pubblica e sociale. In un mondo sottomesso alla logica dell'identificazione "sapere" come un "fare", la questione di Dio risulta, di conseguenza, estranea. Dio non è negato, ma rimane come uno sconosciuto di cui non si sente neppure il bisogno per la trasformazione del mondo e per il giudizio sulle proprie azioni; anche se c'è, egli non modifica sostanzialmente la mia vita e quella del mondo.

Mai come oggi, probabilmente, siamo posti dinanzi ai grandi interrogativi sul senso della vita, sulla morte e su cosa ci sarà dopo di essa. La domanda, identica da quando l'uomo è uomo, si presenta oggi con una drammaticità senza precedenti proprio in forza della conquista raggiunta. È evidente che quanto l'intelligenza personale ha raggiunto è frutto di una conquista che ha inteso portare progresso. Inutile creare contrapposizioni su questo terreno; non servono, perché impediscono di verificare l'attitudine dell'uomo e lo spazio inimmaginabile che è aperto dinanzi a lui nella conquista del sapere e di sempre nuove acquisizioni. Ciò che divide, a noi sembra, è l'uso della scoperta scientifica e i limiti che a essa vanno posti se al centro deve permanere l'uomo, la sua vita e la dignità con la quale deve essere vissuta.

Come si nota, nel cuore degli interrogativi che sono sul tappeto se ne presenta uno che li raccoglie tutti perché ne è a fondamento: chi è l'uomo e quale senso ha la sua vita?

Benedetto XVI intravede su tale questione il cuore del problema circa il recupero della verità. Fede e ragione devono ritrovarsi insieme per prospettare la rilevanza della domanda sul senso della vita proprio dinanzi al limite della morte. Questa è la forma più radicale con cui ci si viene a scontrare e che impone di domandarsi sull'origine e la fine della vita. Permane intatto, comunque, l'interrogativo: come può la ragione da sola dare una risposta a qualcosa che viene dopo la morte, se la sua capacità di conoscere e riflettere si ferma sulla soglia dell'al di là?

Benedetto XVI insiste su questo contenuto perché proprio qui si innesta l'originalità del cristianesimo e la sua insuperabilità nella storia delle religioni. Egli insegna che l'incarnazione, cioè il farsi uomo da parte di Dio, non solo spezza ogni possibilità di ridurre la fede a mito, a simbolismo o a speculazione filosofica, ma rimane l'ultima risposta che viene offerta all'uomo per trovare senso alla sua vita.

La fede, insomma, presenta la realtà e concretezza della condivisione di Dio di tutto ciò che l'uomo vive, esclusa la condizione del peccato.

(©L'Osservatore Romano - 9 aprile 2008)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Grazie, Raffaella, per aver pubblicato questa sorta di "compendio" del pensiero di Papa Benedetto, efficacemente e chiaramente illustrato dal bravissinmo Mons. Fisichella....

Raffaella ha detto...

Grazie all'Osservatore Romano :-)

euge ha detto...

Ancora un grazie per Mons. Fisichella e per queste bellissime parole che illustrano sinteticamente ma, altrettanto efficacemente il pensiero di Papa Benedetto.
Eugenia