3 luglio 2008

Liberazione di Ingrid Betancourt e di altri 14 ostaggi: la gioia del Papa e della Chiesa colombiana. Con noi, padre Federico Lombardi (Radio Vaticana)


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Speranze di pace in Colombia dopo la liberazione di Ingrid Betancourt e di altri 14 ostaggi. La gioia del Papa e della Chiesa colombiana. Con noi, padre Federico Lombardi

Dopo sei anni di prigionia tra paura e speranza, è finalmente arrivata ieri la notizia della liberazione di Ingrid Betancourt. Sorridente, commossa, emozionata, ha ringraziato tutti quelli che si sono prodigati per la sua liberazione assieme al presidente e all’esercito colombiano. Quindi, l’ex candidata presidenziale ha promesso che adesso si batterà per il rilascio degli ostaggi ancora nelle mani dei guerriglieri. Betancourt, liberata insieme con tre cittadini statunitensi e undici militari colombiani, ha anche ripetuto più volte che è stata un’operazione impeccabile. Il servizio di Maurizio Salvi:

“Prima di tutto voglio ringraziare Dio e i soldati della Colombia”: queste sono state le prime parole pronunciate da Ingrid Betancourt dopo la sorprendente e inattesa liberazione insieme con altri 14 ostaggi. Sorprendente, perchè nessuno poteva immaginare che le FARC avessero riunito un così gran numero di prigionieri; e inattesa, perchè più che altro gli osservatori attendevano le prime parole di Alfonso Cano, il nuovo capo della guerriglia che ha sostituito Manuel Marulanda Velez, deceduto in marzo. L’operazione realizzata con precisione chirurgica non ha provocato uno scontro a fuoco ma solo l’arresto di due guerriglieri. In attesa di conoscere tutti i retroscena del caso si può comunque facilmente prevedere che questa liberazione, che ha riguardato anche tre ostaggi statunitensi, permetterà la riapertura di un dialogo fra i protagonisti del conflitto interno colombiano. In questo ambito il presidente Alvaro Uribe, al centro di polemiche sulla regolarità della sua rielezione nel 2006, si gode ora i benefici dell’operazione che aumenteranno – almeno nell’immediato – la sua già grande popolarità.

Il Papa ha appreso della liberazione di Ingrid Betancourt poche ore dopo il suo arrivo nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo. Benedetto XVI si è rallegrato per la felice conclusione del lungo sequestro che suscita concreti motivi di speranza per il futuro del Paese colombiano. Concetti ribaditi ai nostri microfoni dal direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi:

La notizia della liberazione della Betancourt e di alcuni altri ostaggi è naturalmente una notizia che ci riempie di gioia e speriamo anche che non sia l’unica, ma che si tratti di un segno positivo a cui seguano altri eventi di questo genere, perché sono tante, purtroppo, le persone che soffrono nello stesso modo, in seguito alla violenza del sequestro. Speriamo che tutte queste altre persone possano recuperare la libertà e che il Paese della Colombia possa sperare in una pacificazione, in un ritorno ad una condizione di vita più libera dalla terribile violenza che lo sta travagliando da molto tempo. L’appello che il Papa ha fatto già molte volte proprio per queste intenzioni e che ha ripetuto recentemente nel suo messaggio ai vescovi, per il centenario della Conferenza episcopale colombiana, ha ottenuto un suo risultato, in questo primo piccolo fatto, importante ma limitato. Speriamo che veramente ci possano essere anche nuovi eventi, che continuino nella stessa linea, a portare la pace per la Colombia.

Un appello al gruppo delle FARC, affinché vengano liberati tutti gli ostaggi ancora nelle mani dei guerriglieri è arrivato anche dai vescovi colombiani riuniti in questi giorni per la loro 85.ma assemblea plenaria. Il presidente della Conferenza episcopale colombiana, mons. Luis Augusto Castro Quiroga, ha anche auspicato che le FARC seguano la via del negoziato. L’invito ad intraprendere la strada del dialogo è stato rivolto anche dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon. In Colombia, intanto, alla gioia per la liberazione dei 15 ostaggi, si aggiunge la speranza di un’autentica riconciliazione. Al microfono di Fabio Colagrande, il commento di don Rito Julio Alvarez Rodriguez, sacerdote di origine colombiana della diocesi di Ventimiglia–Sanremo:

R. – Oggi possiamo dire che siamo in giubilo, un grande giubilo, perchè è un passo in più, come ha detto la stessa Ingrid Betancourt, verso la pace. Lavorando in questo modo, cercando di dare la libertà alle centinaia di persone che sono in mano alla guerriglia, cercando di fare dei piccoli passi, di creare delle coscienze tra i guerriglieri, si aiuterà certamente a percorrere un cammino di riconciliazione. Un cammino che pian piano porterà ad un processo di pace e a prendere tutti coscienza del fatto che abbiamo bisogno di pace. Oggi c’è grande festa per i familiari dei tre americani, degli altri colombiani e dei familiari della Betancourt. Ma resta anche la grande angoscia di tantissime altre persone, i cui parenti sono ancora in mano ai guerriglieri. E allora questa operazione, questo momento che ha vissuto ieri pomeriggio la Colombia e tutti i colombiani - ma possiamo dire tutto il mondo - è un passo in più verso la pace, che riaccende la luce della speranza.

D. – Don Rito, come la Chiesa colombiana intende accompagnare il Paese lungo questo percorso di pace, di riconciliazione? E che importanza ha avuto questo avvenimento anche per la Chiesa colombiana?

R. – La Chiesa cattolica sta accompagnando il processo colombiano, perchè ovunque i sacerdoti, i vescovi e tutte le persone responsabili stanno lavorando per la pace. Sono state molte le vittime di questa guerra in Colombia. Ricordiamo anche molti sacerdoti uccisi dalla guerriglia negli scorsi anni. Ma nonostante questo, la Chiesa colombiana è orgogliosa di continuare a camminare con la sua gente. Durante gli anni più difficili, dalle aree di conflitto tutti andavano via; chi rimaneva erano i sacerdoti. I sacerdoti non hanno mai lasciato le parrocchie. Questo credo sia un segno di come i sacerdoti e tutta la Chiesa colombiana voglia accompagnare tutti i confratelli a fare dei passi verso la pace. Si vuole fare capire, e vivere proprio con questa speranza in Gesù Cristo, che ci insegna a perdonare, ad amare tutti quanti. Si vuole cercare di trasmettere alla guerriglia, all’esercito e a tutti che la via migliore per poter vivere da veri fratelli è quella di essere capaci di perdonare. Si deve guardare sempre in avanti, trovando quella luce nuova, che è la luce della speranza e soprattutto di una speranza nella pace.

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