29 agosto 2008

Davanti ai massacri anticristiani la tiepida laicità europea non basta. Ritornano le tematiche di Ratisbona (Fontana)


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Ragione e Religione

Davanti ai massacri anticristiani la tiepida laicità europea non basta

di Stefano Fontana

Tra l’estremismo indù che nell’Orissa brucia vive le suore e il grande happening religioso alla convention democratica di Denver, l’Europa sta a guardare, forte della sua superata concezione della religione e della laicità, che non ci difende dai massacri terroristici né ci protegge dalla religione-spettacolo dei buoni sentimenti.

In Europa vige ancora l’idea, di origine weberiana, che la società non può accettare una morale della convinzione, che si tradurrebbe in una lotta di tutti contro tutti, in quanto contrasterebbe con il pluralismo dei valori delle società moderne, ma solo una morale della responsabilità, nella sostanza un relativismo etico che cerca di ridurre i danni delle conseguenze delle nostre scelte, tutte ammesse. Habermas vede la società come una “immensa discussione”, vale a dire come una grande contrattazione dialettica a cui tutti abbiano accesso.
Ora, gli estremisti dell’Orissa, con le loro atroci azioni, mettono a nudo la fragilità di queste visioni deboli della laicità, come del resto hanno fatto qualche anno fa gli abitanti delle banlieau parigine e fanno adesso a Londra 4 cittadini musulmani su 10 secondo cui bisognerebbe introdurre la sharia nell’ordinamento inglese. Se fosse per loro, il pluralismo nel senso weberiano o habermasiano del termine sarebbe solo una parentesi storica. Del resto, la tiepidezza con cui l’Europa accoglie le tragiche notizie delle persecuzioni dei cristiani in oriente e la indisponibilità a farsi carico della loro protezione, come se l’Occidente potesse rimanere equidistante dalla religione della suora arsa viva e da quella degli aguzzini indù, la dicono molto lunga sul nostro concetto di laicità, vuoto di senso e paralizzante qualsiasi azione pubblica che non sia di indifferenza.
Ma rimaniamo spiazzati anche dalla massiccia presenza della religione nella convention democratica di Denver. Negli Stati Uniti è possibile non credere ed essere americani lo stesso. E’ però possibile anche credere ed essere americani lo stesso. Citare Tocqueville non è solo questione di circostanza: ”La libertà vede nella religione la compagna delle sue lotte e dei suoi trionfi; la culla della sua infanzia, la fonte divina dei suoi diritti. Essa considera la religione come la salvaguardia dei costumi, i costumi come la garanzia delle leggi e il pegno della sua durata”. Il problema è piuttosto un altro: alla convention di Denver non è nata una superreligione piuttosto sincretista, fatta di slogans ad effetto, di generiche promesse di giustizia e pace, una miscela indistinta accomunata da un generico misticismo e da un “messianismo senza Dio”? La cartina al tornasole qui è data dal tema della vita: tutti i gruppi religiosi che hanno sostenuto Obama a Denver non sono stati in grado di accordarsi sulla questione dell’aborto, né hanno saputo chiedere al candidato un impegno chiaro in questo senso. Né lui l’ha richiesto.

Viene in mente quanto Joseph Ratzinger diceva ad Habermas nell’incontro pubblico di Monaco di Baviera del 2004: sia la religione che la ragione hanno le proprie patologie ed hanno bisogno l’una dell’altra per correggerle.

L’estremismo fondamentalista è una religione impazzita che ha bisogno di ritrovare la ragione. La ragione che non riconosce i propri limiti davanti al diritto alla vita ha bisogno di essere corretta dalla religione. Senza questa doppia correzione reciproca, la religione tende a farsi confusamente politica, ossia a dare ragione a Weber che vorrebbe tenerla alla larga dalla vita pubblica, e la ragione tende a farsi antireligiosa, almeno nella forma dell’indifferenza. Però una religione tenuta alla larga dalla vita pubblica non riesce a correggere le disfunzioni e le contraddizioni della ragione politica e non permette a quest’ultima di moderare la presenza religiosa nella società.

Il dialogo tra le religioni è fondamentale per il futuro. Perché esso sia possibile è necessaria la libertà religiosa, cioè il riconoscimento razionale di un diritto fondamentale dell’uomo. La religione ha bisogno della ragione. Ma ci sono religioni che misconoscono questo diritto, non tutte le religioni accettano la ragione.

Ecco perché la ragione diventa fonte di discernimento delle religioni. In fondo Benedetto XVI a Regensburg il 12 settembre 2006 aveva sostenuto proprio questo.

© Copyright L'Occidentale, 27 agosto 2008

1 commento:

euge ha detto...

Chissà ancora quante volte verrà menzionato il fatidico discorso di Ratisbona! proprio quel discorso tanto criticato perchè non compreso nel suo vero significato. Quanti ancora dovranno ammettere come in questo caso "Benedetto XVI lo aveva detto" e proprio in quel tanto biasimato discorso.