27 agosto 2008

Card. Tauran al Meeting di Rimini: "Una comune pedagogia della pace contro ogni violenza" (Osservatore Romano)


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L'intervento al Meeting di Rimini del cardinale Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso

Una comune pedagogia della pace contro ogni violenza

Pubblichiamo i punti salienti dell'intervento tenuto ieri, lunedì, a Rimini, in occasione del Meeting per l'amicizia tra i popoli, dal cardinale Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Un discorso, quello del cardinale Tauran, dedicato alla pace e pronunciato proprio mentre arrivavano dall'India le notizie delle violenze anticristiane a seguito delle quali si sono contati fino a questo momento cinque morti:

Le religioni e la pace: sarebbe più esatto dire "i credenti e la pace" perché le religioni non fanno la guerra; la fanno i loro seguaci! Anzi c'è chi fa la guerra a nome della religione. Ebbene, i credenti - tutti i credenti - riconoscono che le loro religioni sono orientate verso la pace. La pace considerata come un riflesso dell'armonia divina. Perché tutti i credenti guardano verso Colui in cui "viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" (Atti degli apostoli, 17, 28).
Ogni religione, secondo la propria specificità, racchiude nei suoi testi fondatori o nella sua spiritualità pensieri di pace e indicazioni per edificarla. Ognuna declina a suo modo un'unica parola: Shalom, Salama, Pax!
Cosa possiamo dire assieme, noi credenti, al mondo precario e violento in cui viviamo?
Prima di tutto che le ingiustizie, le malattie, le guerre di ogni tipo non sono una fatalità. In realtà sono la conseguenza di tutti i nostri egoismi (personali e collettivi), della nostra ignoranza, dei nostri errori non riconosciuti, della nostra incapacità a trarre insegnamento dalle esperienze - positive e negative - del passato. Ma, noi, credenti, diciamo una seconda cosa a tutti i nostri contemporanei: non crediamo a una fatalità della storia (fatum), non pensiamo che l'uomo sia fondamentalmente cattivo. Confidiamo nell'uomo perché sappiamo che Dio gli ha dato un'intelligenza e un cuore e che, col Suo aiuto, può - anzi deve - essere protagonista di un mondo migliore. Quindi uniamoci per ricordare a tutti che l'umanità è una famiglia dove tutti sono ugualmente amati da Dio; abbiamo una comune origine (siamo "creature") e abbiamo una comune finalità (incontro con Dio).
Mettiamo a disposizione di tutti una nostra esperienza: siamo abituati, nelle nostre assemblee religiose, a vivere la diversità nell'unità. Questo savoir faire può essere di aiuto per superare pregiudizi e rancori e scoprire la parte migliore dell'altro.
La solidarietà è una priorità! Nessuna pace senza giustizia! Tutte le religioni invitano i loro seguaci alla compassione: un credente non può essere indifferente di fronte all'uomo che soffre o che è vittima di chi è più forte di lui. L'educazione alla pace, che comincia nella famiglia e nella scuola, è la migliore delle strategie per assicurare la tranquillità e l'armonia di domani.
Cosa possiamo offrire a questo mondo di oggi? Una pedagogia della pace!
Quali credenti, sappiamo che è nel cuore della persona umana che nascono la pace e la guerra. Ognuno di noi deve scegliere tra il bene e il male. Quindi i responsabili religiosi hanno il dovere di indicare la via da intraprendere per dare a ognuno la possibilità di scegliere, nella libertà e con responsabilità, la via giusta. Ecco perché sono del parere che i credenti abbiano la missione di essere protagonisti di una vera e concreta "pedagogia della pace", ovvero: primato della persona umana sullo Stato e sull'organizzazione economica della società (qui troviamo tutta la problematica legata ai diritti dell'uomo, con peculiare interesse per la libertà di religione); speciale attenzione alla giustizia (senza cibo, cultura e solidarietà le società possono generare ogni tipo di estremismo); rifiuto della guerra quale mezzo per risolvere le controversie tra Stati; primato del diritto sulla violenza (il ricco patrimonio giuridico a disposizione dei responsabili politici permette di evitare ai più deboli di essere vittime della cattiva volontà, della forza o della manipolazione dei più forti).
Quali credenti, abbiamo quindi un vasto campo dove collaborare perché la pace tra persone e popoli diversi diventa sempre di più una realtà per oggi e domani. Insieme possiamo mobilitare le coscienze perché finalmente gli uomini capiscano che non possiamo essere felici gli uni senza gli altri e certamente mai gli uni contro gli altri!
Per arrivare a tale risultato c'è bisogno di imparare l'arte del dialogo che permette di conoscere l'altro e i suoi valori, senza rinunciare alla propria identità. Onde l'attualità e l'importanza del dialogo interreligioso.
Benedetto XVI lo sottolineava di recente: "Il senso religioso radicato nel cuore dell'uomo apre uomini e donne verso Dio e li guida a scoprire che la realizzazione personale non consiste nella gratificazione egoistica di desideri effimeri. Esso, piuttosto, ci guida a venire incontro alle necessità degli altri e a cercare vie concrete per contribuire al bene comune. Le religioni svolgono un particolare ruolo a questo proposito in quanto insegnano alla gente che l'autentico servizio richiede sacrificio e autodisciplina che a loro volta si devono coltivare attraverso l'abnegazione, la temperanza e l'uso moderato dei beni naturali" (Incontro interreligioso, cattedrale di Sydney, 18 luglio 2008).
Alla fine, basta ricordare che Dio continua a dire ai figli d'Abramo: "non uccidere", "ama il prossimo come te stesso", "la tua religione non è autentica se tu non auguri all'altro ciò che tu auguri per te stesso".
La Chiesa cattolica è concretamente impegnata nella promozione e nella difesa della pace attraverso la dottrina sociale, la giornata annuale di preghiera per la pace e la diplomazia. Essa ha avuto cura di agire sempre in armonia con i seguaci delle altre religioni: due incontri di preghiera "ecumenica" ad Assisi, che significa non una preghiera comune - che si configurerebbe come sincretismo - ma una presenza comune per pregare.
Il messaggio per la pace del 1° gennaio 1992 aveva come tema: "Credenti: tutti uniti nella costruzione della pace". Dio è paziente: affida alla libertà e alla creatività dell'uomo il suo progetto. Comunque sia, come ha scritto magnificamente Giovanni Paolo II nel Primo messaggio per la giornata mondiale della pace del suo Pontificato, "la pace sarà l'ultima parola della Storia" (1 gennaio 1979)!
Ecco alcuni elementi del contributo che i credenti, nel rispetto della specificità della religione di ognuno, possono offrire. È un messaggio di cui l'umanità ha bisogno, specialmente i giovani, qui così numerosi. A questi giovani, troppo spesso eredi senza eredità e costruttori senza modelli, dobbiamo dare o ridare il gusto di vivere e di vivere assieme.

(©L'Osservatore Romano - 27 agosto 2008)

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