28 agosto 2008

India, la violenza continua nuovi attacchi ai cristiani (Avvenire)


Vedi anche:

Zio Berlicche scrive a Malacoda: "Melloni vede la Chiesa come noi" (Tempi)

"Il professor Ratzinger". Recensione del libro di Valente (Rizzi)

Mary Ann Glendon spiega che i diritti umani hanno una tentazione: rivoltarsi contro se stessi

Oggi si festeggia Sant'Agostino, il "maestro" di Papa Benedetto

Cortei pacifici in tutta l'India contro ogni violenza (Osservatore Romano)

Dal blog di Tornielli: Il Papa e l’Orissa. E Lutero cede il posto a “Gesù di Nazaret”

L'ambasciatrice USA Glendon al Meeting di Rimini. La situazione della Chiesa in Arabia nelle parole di mons. Paul Hinder: "Ci sono segnali di dialogo"

Magdi Cristiano Allam: "Vengo al Meeting con il cuore pieno di gratitudine" (Il Sussidiario)

Mons. Pezzi (Mosca): «Io, arcivescovo cattolico amico degli ortodossi» (Dignola)

Il Dalai Lama è in India per controlli medici. Potrebbe essere l'occasione giusta per dire una parola contro le violenze ai Cattolici...o sbaglio?

Il Papa: «Basta violenze contro i cristiani» (Tornielli)

L'appello del Vaticano: Basta con le sopraffazioni. La Santa Sede chiede garanzie al governo di Delhi (La Rocca)

La guerra dei bramini. L'induismo è l'unica importante religione che sancisce il principio di non eguaglianza degli esseri umani fin dalla nascita

India: "Povertà ed evangelici aggressivi le micce che hanno acceso la rabbia degli estremisti" (Castelletti)

Paolo e Benedetto XVI: una riflessione del Prof. Lucio Coco

APPELLO DEL SANTO PADRE PER LA SITUAZIONE IN INDIA

Il Papa: "Vediamo in Paolo un impegno che si spiega soltanto con un'anima realmente affascinata dalla luce del Vangelo, innamorata di Cristo..."

"Introduzione al Cristianesimo" di J. Ratzinger: "Quel libro, una vera svolta. Mappa del pontificato odierno" (Lodovici)

Mons. Paul Hinder: Ratisbona ha riaperto il dialogo con l'Islam (Il Sussidiario)

Liberazione "omaggia" Papa Luciani. In realtà vuole solo attaccare Ratzinger con una intervista fitta di stereotipi e qualche errore grave...

Pastoralità specifica per i separati che restano soli: alcune importantissime iniziative

VIOLENZE ANTI-CRISTIANE IN INDIA: RACCOLTA DI ARTICOLI

LA FEDE NEGATA

India, la violenza continua nuovi attacchi ai cristiani

Appello dell’arcivescovo di Mumbay Oswald Gracias al governo per fermare i massacri. Le autorità hanno esteso il coprifuoco a varie città della regione dove sono stati inviati rinforzi

DI LUCIA CAPUZZI

Undici persone massacrate, almeno 25 chiese distrutte, orfanotrofi e centri di ac­coglienza bruciati o devastati, ospedali saccheggiati. Non si arresta la violenza nello sta­to indiano di Orissa, dove, da sabato, è in corso un vero e proprio pogrom contro i cristiani da parte di gruppi fondamentalisti indù.
Anzi, secondo quanto ha dichiarato ieri Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai e presidente dei vescovi indiani, le ostilità starebbero aumentan­do. Ad innescare gli scontri, è stato l’assassinio, avvenuto sabato scorso, del leader integralista indù Swami Laxanananda Saraswati e di cinque sue a­depti. Gli estremisti accu­sano del delitto i cristiani contro i quali hanno scate­nato un’ondata di terrore. In realtà, le cause dell’intol­leranza religiosa sarebbero ben più profonde. Sara­swati stava conducendo da tempo una campagna con­tro i missionari cristiani, di cui temeva l’influenza cre­scente soprattutto tra le classi più umili. «Vogliono impedire alla Chiesa di la­vorare per i diritti umani, per i poveri – ha spiegato l’arcivescovo Gracias–. Non vogliono che la Chiesa con­tribuisca ad innalzare il li­vello di vita di questa gen­te: per questo ci sono pro­blemi ». E, ha aggiunto: «Ab­biamo rivolto un appello al governo affinché interven­ga subito». La situazione nella regione sta precipitando. Lu­nedì, due missionari sono stati arsi vivi, decine i fedeli e religiosi picchiati o minacciati negli ulti­mi quattro giorni. L’elenco di violenze denuncia­te è lungo. E, lentamente, emergono nuovi, ag­ghiaccianti dettagli. Nel villaggio di Tiangia, un cattolico – Vikram Nayak – è stato ucciso e poi fat­to a pezzi. L’omicidio è avvenuto lunedì ma la no­tizia si è saputa solo ieri, secondo quanto riporta l’agenzia AsiaNews. Altre due persone, nella stes­sa località, sono state percosse così violentemen­te che sono morte due giorni dopo. Una folla in­ferocita si è, poi, scagliata contro le case dei cri­stiani che sono state date alle fiamme. Gran par­te della comunità, terrorizzata, è fuggita nella fo­resta. La stessa sorte è toccata suore carmelitane, scappate nella selva dopo che il loro convento e­ra stato attaccato. Gli incendi e le razzie sono con­tinuate per tutta la giornata di ieri – ha racconta­to ad AsiaNews Suor Karuna, fra le prime ad esse­re stata colpita dal terrore fondamentalista – mol- te donne sono state molestate e brutalizzate. Per far fronte all’emergenza, il governo ha deciso di e­stendere il coprifuoco dal distretto di Kadhamal – dove era stato imposto martedì – ad altre zone del­la regione, in particolare a Baliguda, Udaygiri e Raikia, dove si sono registrati gli ultimi attacchi. La polizia, inoltre, ha ricevuto l’ordine di sparare a vista chi non rispetta il divieto, mentre rinforzi e truppe in tenuta anti-sommossa sono state in­viate nella regione. Misure che, però, finora non sono riuscite ad arginare le violenze. C’è perfino il timore che gruppi estremisti di altre zone, siano arrivati a Kandhamal per “dare manforte” ai radi­cali locali. A questi, secondo la denuncia di alcu­ni cristiani protestanti, si sarebbero aggiunte ban­de paramilitari aiutate dal governo del Chhatti­sghar. Anche l’esecutivo dell’Orissa è stato criticato da politici e personalità indiani per essere stato troppo lento nell’intervenire, lasciando massa­crare fedeli inermi. E anche ora che la macchina governativa inizia a muoversi, la vita di tanti cri­stiani resta in pericolo.

© Copyright Avvenire, 28 agosto 2008

«Solo la giustizia può riportare la pace» l’intervista

Padre Babu, portavoce della Conferenza episcopale indiana: «Torni l’armonia prima che la divisione confessionale dilaghi»

DA BANGKOK STEFANO VECCHIA

Padre Joseph Babu è portavoce della Conferenza episcopale cattolica dell’India. In questi giorni ha il difficile compito di co­municare lo sconcerto e le speranze dei vescovi indiani in una situazione di rinnovata violenza nello stato o­rientale indiano di Orissa.

Padre Babu, i fatti dell’Orissa sembra affossare ogni possibilità di dialogo tra cristiani e indù. È così?

Occorre vedere la situazione nella pro­spettiva dell’intera India dove alcune organizzazioni stanno guidando l’at­tacco alle istituzioni cristiane con il pretesto delle conversioni. Ma non è vero. Certamente non per i cattolici. Noi abbiamo generalmente buoni rapporti con gli indù e le altre comu­nità religiose e non saranno le aggres­sioni contro di noi a convincerci a cambiare la nostra volontà di integra­zione che è nei fatti e nella storia.

L’Orissa non è nuovo a questa situa­zione...

La tensione è scoppiata nel distretto di Kandhamal, a prevalenza tribale, già teatro la Vigilia dello scorso Natale di scontri intercomunitari e poi di u­na indiscriminata violenza anticri­stiana. Negli ultimi mesi, però, non sono stati odio o spirito di rivincita a prevalere tra i cristiani dell’Orissa. Al contrario. Tuttavia la ricerca di pace non può andare a scapito delle esi­genze di sicurezza che sono nostre e delle altre minoranze, religiose o et­niche.

In periodi di persecuzione come questo, sembra che l’essenza profonda dell’India, la tolleranza, i­scritta nella Costituzione, diventi u­topia…

La Costituzione indiana consente il cambio di religione e anche i cristia­ni, come tutti, agiscono nei termine della Costituzione. Non esercitiamo alcune autorità extracostituzionale. Non forziamo alla conversione. Ma tuttavia è proprio di questo che sia­mo pretestuosamente accusati. Pro­prio mentre altri cercano di portare con la coercizione nell’ambito in­duista i gruppi tribali animisti o che si sono avvicinati al cristianesimo. Ci sono, è vero, alcune Chiese indipen­denti che sono coinvolte inattività mirate alle conversione o ad una ag­gressiva diffusione del Vangelo, che noi stessi denunciamo per i loro me­todi, ma questo non può diventare pretesto per colpire degli innocenti.

Pretesti religiosi applicati alla sete di potere e al dominio. Come pensate le autorità possano intervenire?

Noi cerchiamo di restare nell’ambi­to della legalità. Ci siamo appellati al governo locale, dello stato di Orissa, e a quello federale a Nuova Delhi per­ché si faccia giustizia. Non dimenti­chiamo che all’origine di questa on­data persecutoria sta l’uccisione, il 16 agosto, di un sacerdote, Thomas Pandipally,avvenuta a centinaia di chilometri di distanza, nello stato di Andhra Pradesh. Si è cercato, scon­sideratamente, di far passare la tesi che l’uccisione di Laxmanand Sara­swati e di altri quattro leader hindu sia stata una ritorsione contro quel brutale omicidio.

La buona volontà sembra non ba­stare nell’India degli integralisti e delle coperture loro accordate. In che modo le autorità cercano di con­tenere le violenze?

Nel Kandhamal, sono già arrivati rinforzi di polizia. Noi abbiamo chie­sto l’invio di reparti di paramilitari da distaccamenti federali e che venga e­stesa la consegna di sette compa­gnie di reparti speciali della polizia già presenti sul territorio. Dobbia­mo evitare non solo che gli attacchi contro i cristiani proseguano, ma an­che che una eventuale reazione in­neschi una escalation dagli effetti imprevedibili.

© Copyright Avvenire, 28 agosto 2008

Scuole cattoliche chiuse per un giorno Qui si forma la classe dirigente indiana

Domani, corsi sospesi in tutto il Paese. Un gesto forte perché dai gesuiti studiano i figli dell’élite ma anche i giovani senza casta

Giorgio Bernardelli

I portoni delle scuole cattoliche chiu­si: niente lezioni domani in tutta l’India. È il gesto che la Conferenza episcopale ha scelto come segno visibi­le della propria indignazione per quan­to sta accadendo nello Stato orientale dell’Orissa. Ed è un gesto che non pas­serà inosservato. Perché l’impegno e­ducativo è il volto più visibile del con­tributo offerto dai cristiani a tutta la so­cietà indiana. I dati ufficiali forniti dal­la Chiesa cattolica indiana parlano di 3.785 tra asili nido e scuo­le materne, 7.319 scuole primarie, 3.765 scuole se­condarie, 240 college u­niversitari. In tutto sono oltre sei milioni gli stu­denti che frequentano queste aule aperte a tut­ti: cristiani, indù e mu­sulmani.
Ma i numeri – da soli – di­cono ancora troppo po­co.
Perché le scuole dei cristiani in India sono riconosciute da tutti come le scuo­le migliori: la nuova classe media di Mumbai, ad esempio, fa a gara per i­scrivere i propri figli dai salesiani. Però c’è anche l’altro volto, quello degli isti­tuti per i dalit, i fuori casta. Anche que­sti molto spesso nati nei villaggi grazie all’iniziativa di un missionario cristia­no. Sono due facce che si vedono bene anche nella stessa Bhubaneswar, la ca­pitale dell’Orissa, di nuovo epicentro delle violenze contro i cristiani. Perché anche in questo Stato – che fu il primo ad approvare le leggi anti-conversione e che è governato da un partito locale al­leato del Bjp ( il partito dei nazionalisti indù) – l’università più importante è lo Xavier Institute of Management, l’uni­versità dei gesuiti. O meglio: il moder­no campus realizzato dal governo loca­le insieme alla Compagnia di Gesù. Han­no fatto proprio una joint-venture. Vo­luta dallo stesso governo che oggi è ac­cusato di aver lasciato mano libera ai fondamentalisti. Grazie ai gesuiti, l’O­rissa – una delle regioni più povere – og­gi ha una delle migliori facoltà di eco­nomia dell’India. E i na­zionalisti indù non han­no mai mostrato alcuna obiezione rispetto al fat­to che porti il nome di San Francesco Saverio e per statuto abbia come direttore un prete. A dar fastidio è piuttosto l’al­tro istituto dei gesuiti a Bhubaneswar, lo Hu­man Life Centre: perché là gli stessi religiosi promuovono l’i­struzione anche per i più poveri. Dalit e tribali possono, ad esempio, frequenta­re lo Xavier Computer Centre e prende­re un diploma in tecnologie del Web. O imparare un mestiere: la dattilografa, la sarta. Una svolta per tante ragazze in­diane che non potrebbero permettersi il college e sarebbero dunque destinate a rimanere ai margini della “nuova In­dia”. Tutto questo, domani, per un gior­no si fermerà, da una parte all’altra del Paese. Nella speranza che serva a far ca­pire che cosa vuole davvero chi oggi va in giro a bruciare e bastonare i cristiani.

© Copyright Avvenire, 28 agosto 2008

Nessun commento: