30 agosto 2008

Il santuario di Bonaria meta del Papa in Sardegna. Dove i marinai sostano per conoscere la direzione del vento (Osservatore)


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Il santuario di Bonaria meta del Papa in Sardegna

Dove i marinai sostano per conoscere la direzione del vento

di Mario Ponzi

Quella sottile trama mariana che permea il magistero di Benedetto XVI - sottolineata tra l'altro dall'arcivescovo Fernando Filoni, sostituto della Segreteria di Stato, nell'intervista rilasciata al nostro giornale all'indomani della visita del Papa a Santa Maria di Leuca e a Brindisi - si arricchisce di un'altra maglia preziosa.
Com'è noto, il prossimo 7 settembre, prima domenica del mese, il Pontefice si recherà a Cagliari per venerare il simulacro di Nostra Signora di Bonaria. Concluderà così le celebrazioni dell'anno centenario della proclamazione della Madonna quale "Patrona massima" della Sardegna.
Furono inaugurate il 13 settembre del 2007, lo stesso giorno in cui, cento anni prima, Papa Pio x aveva attribuito il titolo alla "Signora dei sardi".
La storia di questa statua mariana, sulla quale da oltre sette secoli si appuntano ansie, preoccupazioni e speranze delle genti del mare della Sardegna, non sembra dissimile dalle tante altre che si tramandano in ogni angolo della terra, laddove nel cuore della tradizione religiosa un posto speciale è riservato alla Madre di Dio. Fiumi di parole sono stati tuttavia raccolti, in questi anni, in pregevoli volumi - l'ultimo, fresco di stampa, è stato curato dal comitato per il centenario della Basilica santuario - per raccontare questa storia, con dovizia di particolari. Non ci sarebbe dunque nulla di nuovo da aggiungere che non sia stato già in qualche modo detto o scritto. Quel che colpisce, però, è che tra le righe dei diversi autori che si sono cimentati nella narrazione - rigorosamente sardi per la quasi totalità - traspare una devozione mariana radicata veramente nell'anima della popolazione sarda, al punto da costituire il tessuto vivificante del suo profondo sentimento religioso.
Vale la pena ricordare un episodio, lontano nel tempo, ma estremamente significativo a questo proposito. Negli annali dell'isola si legge, infatti, che il 7 marzo del 1632 nella cattedrale di Cagliari si riunirono i tre ordini (si chiamavano allora "stamenti") del parlamento sardo istituito nel 1421. I loro componenti in quell'occasione giurarono, a nome degli abitanti dell'isola, di rimanere fedeli alla verità dell'Immacolata Concezione di Maria. E questo accadeva esattamente 222 anni prima della proclamazione del dogma.
Ancora oggi questa venatura mariana caratterizza profondamente la fede ultramillenaria delle popolazioni sarde. Lo scorrere del tempo, il confronto quotidiano con atavici problemi mai risolti, lo stordimento nel frastuono di un modernismo che non riesce a scalfire radici antichissime - che, seppur lacerate, continuano a proporsi come linfa vitale per le nuove generazioni - non affievoliscono la genuinità dell'affetto che lega i sardi alla "Signora della Buona Aria". Non c'è imbarcazione che salpi dal porto di Cagliari senza avere a bordo almeno un'immagine di questa Madonna.
Forse non si compie più il rito antico di recarsi presso il santuario, prima di prendere il largo, per impetrare la protezione della Vergine o per conoscere la direzione del vento che spira fuori dal porto, secondo le indicazioni di una misteriosa navicella che pende dal soffitto in un angolo del santuario. Certo è che nel cuore di ogni marinaio quel rito si rinnova ogni qualvolta la prua punta al mare aperto.
Dal mare giunse più di settecento anni fa quel bellissimo esemplare di scultura lignea, ricavato da un tronco di carrubo - un metro e cinquantasei di altezza - che raffigura la Vergine con in braccio il bambinello. Attorno a questa statua è stato poi edificato quello che oggi è il santuario di Bonaria.
Ed ora la storia. Una storia che, tra l'altro, si intreccia a filo doppio con quella dei religiosi Mercedari, la cui presenza sul colle di Bonaria risale al 1300 circa. Vi furono portati dal nobile sardo Carlo Catalano il quale, durante una missione in Spagna, aveva avuto modo di conoscere ed apprezzare l'opera di questi padri impegnati ad affrancare dalla schiavitù i cristiani: raccoglievano elemosine ed altri generi di merci per barattarne la libertà.
Nel 1335 il re Alfonso d'Aragona donò loro la chiesetta che aveva fatto edificare sul colle di Bonaria per ringraziare Dio della vittoria riportata sui pisani, che dell'isola avevano il controllo. E si deve proprio allo zelo di uno storico mercedario, padre Francesco Sulis, se è giunta sino a noi l'eco di quell'evento che ha segnato il cammino della fede nell'isola dei quattro mori.
Nel suo scritto, che risale al 1867, si parla di una nave spagnola che, diretta in Italia, si trovò nel mezzo di una furiosa tempesta quando era in vista delle coste sarde. Si trattava di una imbarcazione di piccola stazza e le onde gigantesche l'avrebbero certo inghiottita se il comandante non avesse fatto gettare in mare il carico e quant'altro fosse in quel momento inutile alla navigazione. Gettato l'ultimo oggetto, una cassa enorme, il mare si placò. Tra l'altro i marinai si accorsero che proprio quella cassa era l'unico oggetto non affondato. Cercarono invano di recuperarla. Anzi la cassa cominciò a navigare autonomamente e sulla scia trainò la stessa nave verso la costa, senza che nessuno riuscisse a governarla. Approdò ai piedi del colle di Bonaria, dove frattanto si era radunata una piccola folla di curiosi che aveva assistito da lontano all'odissea della nave in mare. Ancora una volta vanamente tentarono di trascinare a riva e aprire quella cassa misteriosa. Sino a quando, chiamati da un giovanetto, giunsero sulla spiaggia alcuni padri Mercedari del vicino convento. Fu per loro un gesto quasi naturale portare a riva la cassa. Solo allora notarono che su di essa era inciso lo stemma del loro ordine. La trasportarono sino al convento sul colle e l'aprirono altrettanto facilmente. Dentro vi era la statua della Madonna con il bambino. La mostrarono alla gente, trasformatasi via via in folla. Il Sulis racconta che caddero tutti in ginocchio: fu il primo atto di venerazione verso Nostra Signora di Bonaria.
Numerose le vicende che si sono poi susseguite sino ai nostri giorni: dal ripetersi di numerosi prodigi, al crescere della devozione popolare, dall'edificazione di un tempio sempre più degno per ospitare il simulacro, sino alle proclamazioni pontificie il cui centenario ci si appresta a celebrare.
Sta di fatto che, soprattutto la gente del mare, ha con Nostra Signora di Bonaria un rapporto tutto particolare. Divenuto ancor più stretto da quando sulla volta dell'altare maggiore dell'antica basilica comparve una navicella d'avorio appesa ad una cordicella, proprio di fronte alla statua della Madonna. Sembra fosse un ex voto portato da una anonima pellegrina - "da sì lungo tempo che non se n'ha memoria" notavano gli antichi storici - come ringraziamento per uno scampato naufragio. La navicella sembra indicasse, con la posizione della prora, la direzione del vento appena fuori dal porto. I marinai usavano passare proprio da lì per verificare le condizioni del vento prima di ogni uscita. La navicella dava sempre indicazioni precise. Nessuno sembra l'abbia mai vista muoversi, ma è certo che mutasse la sua posizione con il mutare della direzione del vento in mare.
La navicella è tutt'oggi appesa sulla volta dell'altare maggiore del santuario. Indica ancora la direzione del vento? Forse. Di sicuro racconta la storia di una devozione sincera. Quella del popolo del mare sardo.

(©L'Osservatore Romano - 31 agosto 2008)

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