28 agosto 2008
"Il professor Ratzinger". Recensione del libro di Valente (Rizzi)
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il libro
Il professor Ratzinger, amico dei protestanti
Un volume sul periodo di docenza in Germania rivela i rapporti del futuro Pontefice con i «grandi» della teologia. Non solo cattolica
DI FILIPPO RIZZI
Un Ratzinger inedito, «dalla semplicità limpida », visto attraverso la lente privilegiata dei suoi allievi: dall’esordio accademico come enfant prodige della teologia a Bonn, al successivo passaggio di cattedra a Münster, Tubinga e Regensburg, dagli anni del Concilio all’elezione al soglio di Pietro, ai seminari a Castelgandolfo con i suoi discepoli.
È, in sintesi il nucleo fondante del libro Ratzinger professore, in uscita ai primi di settembre (San Paolo, pp. 210, euro 17) e frutto della ricerca del giornalista Gianni Valente.
Il volume, attraverso le testimonianze inedite di molti allievi ma anche maestri del futuro Pontefice – tra cui Alfred Läppe, Peter Kuhn, i redentoristi Viktor Hahn e Réal Tremblay, Werner Böckenförde, Martin Trimpe, fino all’ultimo assistente a Regensburg del futuro prefetto della Congregazione della fede, il salvatoriano Stephan Otto Horn e ad uno degli ultimi allievi di dottorato, il gesuita statunitense Joseph Fessio –, svela le passioni di studio più intime di Ratzinger come l’escatologia, l’ecclesiologia, la cristologia, il suo soffermarsi su pietre miliari come Agostino, John Henry Newman, Lutero o la teologia di frontiera dello studioso protestante Wolfhart Pannenberg.
A colpire il lettore è la grande apertura di vedute del giovane teologo Ratzinger e il modo in cui affronta le questioni più delicate del Concilio, in qualità di perito dell’allora cardinale di Colonia, Joseph Frings. Il libro fa affiorare, ad esempio, le amicizie mai interrotte con i teologi della Nouvelle theologie, come Yves-Marie Congar o Henri de Lubac.
Di particolare interesse sono le pagine dedicate al sodalizio teologico durante il Concilio con il collega Karl Rahner e la sua amicizia con il teologo svizzero Hans Küng, nata a Tubinga e poi interrotta a causa delle posizioni di quest’ultimo contrarie al magistero e che mettevano in discussione l’infallibilità petrina.
Parte centrale del libro si sofferma sugli anni della contestazione, il Sessantotto, e sullo stile sempre «pacato e mite», mai polemico e «non di rottura» di Joseph Ratzinger verso la protesta studentesca. In un certo senso la pubblicazione, nello stile di un album dei ricordi e delle testimonianze, permette di conoscere nel profondo le amicizie dell’allora teologo bavarese e la stima sempre corrisposta di colleghi di rango, come Hans Urs von Balthasar, l’evangelico Karl Barth o il teologo politico Johann Baptist Metz. Affiora un Ratzinger «mai pentito del Concilio» ma fedele alla tradizione, al magistero della Chiesa. E nei suoi studi emerge anche una grande tensione all’ecumenismo: di particolare interesse è la scoperta che i circoli ratzingeriani – a cui partecipano tra gli altri i futuri cardinali Scola, Ouellet e Schönborn – sono frequentati anche dai protestanti. Il libro si snoda poi lungo i binari, in parte già conosciuti, della biografia di Ratzinger: ripercorre la nascita del bestseller del teologo bavarese Introduzione al cristianesimo, frutto delle lezioni nel 1968 a Tubinga, la sua iniziale adesione alla rivista teologica
Concilium e poi alla fondazione nel 1972, assieme a Balthasar e De Lubac, di Communio, nonché la sua ammirazione per il teologo e poi cardinale Leo Scheffczyk.
Un libro che permette forse di scandagliare un Ratzinger inedito e che sorprende perché gli allievi di oggi come quelli di allora, secondo una felice testimonianza di Alfred Läppe raccolta nel libro, «quando lasciano cadere la penna e ti guardano mentre parli, allora vuol dire che forse hai toccato il loro cuore».
© Copyright Avvenire, 28 agosto 2008
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