28 agosto 2008

Zio Berlicche scrive a Malacoda: "Melloni vede la Chiesa come noi" (Tempi)


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Su segnalazione (e trascrizione) della nostra Alessia leggiamo questa illuminante lettera di Berlicche a Malacoda :-)
R.

Melloni vede la Chiesa come noi

Mio caro Malacoda,

sento già alzarsi l'urlo da cineforum anni settanta: "Nooo, il dibattito nooo..."; e invece sì, il dibattito adesso ve lo beccate tutto: una bella serie di articoli sulla Chiesa e la modernità lanciata dal Corriere della Sera è quello che ci vuole per tenere occupati per un po' gli intellettuali cattolici italiani, non gli venisse mai in mente di provare ad annunciare la fede ricevuta invece che elaborarne aggiornate versioni.
Ha iniziato il sociologo Giuseppe De Rita, su di lui si è accanito il filosofo Emanuele Severino e infine, per ora, un illuminante articolo dello storico della Chiesa Alberto Melloni.

Quest'ultimo, dal nostro punto di vista, ha due pregi: una disinvolta opera di disinformatija e una pregevole anche non molto raffinata, capacità di insinuazione.

La disinformatija sta nel dare per scontato il contrario di ciò che è successo: dopo anni di omologazione alla mentalità progressista dominante, qualcuno nella Chiesa ha iniziato a dire che suo compito specifico non era rincorrere l'intellighentija laica e/o marxista per lodarne la lungimiranza fornendole un supporto spirituale, ma semmai contestarla nella sua radice antireligiosa, riproponendo una cultura e un'azione sociale che della fede non facesse una ispirazione, ma un criterio. Reazione? No, testimonianza cosciente delle sue ragioni.

Sì, è vero, la Chiesa è spesso parte del problema che denuncia, ma per motivi opposti a quelli proposti dal professor Melloni.

L'omologazione da cui oggi lui la mette in guardia non è quella a "una culura politica semplificata e semplificante", ma è stata per decenni subordinazione a una modernità sempre più autoreferente e che non si accorgeva della sua inesorabile fuga dalla realtà.

Decenni di totemizzazione di un dialogo, in cui il dialogante era uno solo, essendo l'altro quasi totalmente succube e autoflagellante per il suo ritardo rispetto ai "segni dei tempi" (Si sa, "o protagonisti o nessuno", ma di questo la prossima settimana). I segni dei tempi in effetti c'erano, e non erano bei segni, se ne accorse (e lo disse) Paolo VI, lo gridò Giovanni Paolo II, lo spiega con pacata e disarmante razionalità Benedetto XVI. Pontefici che ci hanno rovinato una fine di secolo da noi preparata con cura. Ma non è con loro che se la prende il professor Melloni, lui ce l'ha col cardinale Camillo Ruini. Non lo dice, ma lo insinua, appunto: "Per alcuni lustri la Chiesa italiana ha ridotto, se non azzerato, il proprio colloquio interno. Ogni scostamento tematico o di linea trovava subito minacciose repliche, sorridenti censure, abili tacitazioni".

Non ci risulta che in questi lustri il professor Melloni abbia perso la sua collaborazione con il principale quotidiano italiano, ma questa tribuna viene considerata una sorta di ridotta resistenza.

Non capisco, inoltre, perchè una replica, per il semplice fatto di essere fatta sia "minacciosa", perchè un sorriso nasconda sempre una censura e quale sia la colpa nell'esser abili; ma di questo modo di argomentare non possiamo certo essere noi diavoli a lamentarci, soprattutto se l'insigne storico, di fronte all'operato dell'ex presidente dei vescovi italiani arriva quasi a rimpiangere gli "anni della dittatura fascista". Sono meravigliosi questi cattolici con la fissazione di Mussolini e con la vocazione alla supplenza dei compiti altrui, possiamo distrarci ogni tanto, a rimettere le cose a posto ci pensano loro.

Tuo affezionato zio
Berlicche

© Copyright Tempi, 28 agosto 2008

Ah, Berlicche, se tu non avessi la coda ti darei un bacetto sulle corna :-))
Grazie ancora ad Alessia...
R.

1 commento:

mariateresa ha detto...

c'è del vero in questo scritto di Malacoda. C'è chi in tutti questi anni ha visto non la realtà ma la rappresentazione della realtà prodotta dal proprio cervello o dalla propria appartenenza ideologica. E ha applicato il famoso adagio che se la realtà non corrisponde alle teorie, tanto peggio per la realtà.
Intellettuali e commentatori hanno continuato a incensarsi e benedirsi a vicenda mentre il mondo andava da un'altra parte. Ora, che il re è nudo, non sanno più cosa dire e mescolano svogliati lo stesso rancido minestrone sperando che il sapore migliori.
Ma continua a fare puzza lo stesso.