31 agosto 2008

Mons. Fisichella: «In India la Chiesa è violentata. E qui da noi c’è chi fa satira» (Libero)


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VIOLENZE ANTI-CRISTIANE IN INDIA: RACCOLTA DI ARTICOLI

«In India la Chiesa è violentata E qui da noi c’è chi fa satira»

Caterina Maniaci

dall’inviato a Rimini

«Questo è ancora il tempo dei martiri, per la Chiesa».
E certo in Italia siamo lontanissimi dai roghi e dalle violenza anticristiane di questi giorni in India, ad esempio, ma anche nel nostro Paese si esercita una pressione che mira «a isolare e ridicolizzare la fede cristiana, in particolar modo cattolica». Basti pensare allo show «di quella che non posso neppure definire attrice» - leggasi Sabina Guzzanti - contro il Papa a piazza Navona, qualche mese fa.

Giudica così quel che sta accadendo in India, ma non solo, monsignor Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia Pro Vita e rettore della Pontificia Università Lateranense, è al Meeting di Rimini per parlare di Chiesa e modernità, in occasione della presentazione del nuovo libro di monsignor Luigi Negri, “Per un umanesimo del terzo millennio: Il magistero sociale della Chiesa (ed. Ares).

Si deve tornare a parlare di martirio dei cristiani anche nel Duemila?

«La condizione del martirio è connaturata all’essenza stessa della Chiesa, che è nata dal sangue del martirio di Cristo. Anche se i cristiani non corrono felici verso i carnefici. Ma poiché formiamo un corpo solo, le ferite e la morte di altri cristiani ci toccano in prima persona, come se fossimo martirizzati noi stessi. Quello che è difficile da accettare è che in un mondo che progredisce e considera acquisiti i valori di democrazia e di libertà, ancora si possa assistere ad episodi di violenza e intolleranza inaudite. Sembra insomma prevalere la logica dell’aguzzino, non quella del rispetto e della comprensione».

Un senso di intolleranza serpeggia anche nel nostro civilizzato e democratico Occidente.

«Viviamo la fase probabilmente più critica della cultura dell’Occidente, in cui manca un profondo rispetto per il cristianesimo, che costituisce la radice della stessa civiltà occidentale. È come se un figlio ripudiasse la propria madre e, così facendo, finisse per non capire più chi è veramente.

Sembra dunque che adesso tutto quello che riguarda il cristianesimo, e in particolare il cattolicesimo, possa essere attaccato in modo indisturbato, senza reazioni di vera condanna. L’obiettivo è quello di emarginare il ruolo della Chiesa sulla scena pubblica. Ma non si capisce che questi attacchi colpiscono invece il cuore stesso della libertà».

Si tenta anche di mettere in ridicolo i contenuti della fede cattolica: pensiamo alla “rana crocifissa” del museo di Bolzano...

«Penso ad un’espressione di Soren Kierkegaard, il quale sosteneva che se oggi Cristo dovesse tornare sulla terra non lo metterebbero più in croce ma lo metterebbero in ridicolo. Ridicolizzare la fede non è certo il segno di una maturità culturale. E non scordiamoci di quel che è successo qualche mese fa a Roma, a piazza Navona, durante una manifestazione politica, quando quella che io neppure potrei definire un’attrice (il riferimento è a Sabina Guzzanti, n.d.r.), si è lasciata andare ad espressioni inaccettabili nei confronti di papa Benedetto XVI, invocando il diritto alla satira».

Riferendoci al caso Englaro e al dibattito su una eventuale legiferazione sull’eutanasia, potrebbe una legge stabilire quando e come deve finire una vita?

«Intanto sia chiaro: la Chiesa non sarà mai contro la scienza, anzi accompagna il suo progredire, ma le chiede di essere capace di darsi dei limiti. Così come penso che una legge non possa stabilire quando comincia e quando deve finire una vita. Semmai il Parlamento italiano dovrà assumersi l’impegno, in una eventuale legge, di difendere la vita e la dignità della persona, soprattutto dei più deboli o incapaci di esprimere la propria volontà. Alla fine il problema non è quello di dire l’ultima parola sulla vita, ma quello di dire che una vita è sempre tale e unica, anche quando non ha più la forza, l’efficienza della cosiddetta “normalità”».

© Copyright Libero, 30 agosto 2008 consultabile online anche qui.

1 commento:

euge ha detto...

Condivido ciò che dice Mons. Fisichella. Lo show di Piazza Navona rimarrà come forse la pagina più vergognosa dopo quella della sapienza. Oggi, ridicolizzare la Chiesa, Cristo ed il Papa, è segno di modernità e di acutezza mentale; oggi tutto ciò che a che fare con la chiesa e la religione è da cancellare da gettare nel dimenticatoio dei tempi. Ribadisco che proprio l'altra sera, ho consatatato di persona quanto astio, odio ed intolleranza ci sia verso tutto cioò che è la religione, la chiesa, Cristo ed il Papa è come se tutti i mali del mondo dipendessero da loro........... Perchè tutto questo? Che cosa ci sta succedendo? Possibile che l'arroganza dell'uomo è arrivata fino al punto di negare il suo creatore ? Che cosa possiamo fare? Si può assistere impotenti a tutto questo?