9 ottobre 2008

Il Papa: dobbiamo farci solidali con gli immigrati (Accornero)


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«Gli immigrati vittime delle schiavitù moderne»

Il Papa: dobbiamo farci solidali con questi fratelli e sorelle Entro fine anno un'enciclica sociale di Benedetto XVI

dall'inviato

Pier Giuseppe Accornero

Città del Vaticano

«Immigrati, rifugiati, profughi, sfollati, studenti fuori sede spesso sono vittime delle schiavitù moderne, come la tratta degli esseri umani». Sull'esempio di San Paolo – «grande apostolo e migrante, animato da zelo missionario e dalla foga del lottatore» -«dobbiamo farci solidali con questi fratelli e sorelle e promuovere, in ogni parte del mondo e con ogni mezzo, la pacifica convivenza tra etnie, culture e religioni diverse», senza forme di xenofobia e razzismo.

Accoglienza reciproca

Papa Benedetto invita tutti a «essere più solleciti nei confronti del prossimo», specie «i rifugiati e i profughi che si trovano in condizioni difficili e disagiate» ed esorta a «rifuggire il disprezzo» e ad «aprirsi all'accoglienza reciproca». Lo fa nel messaggio per la 95ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che si celebrerà domenica 18 gennaio 2009, e che ha per tema «San Paolo migrante, apostolo delle genti». Alla presentazione del testo, ieri in Sala stampa vaticana, il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente dei Pontifici Consigli per i migranti e di Justitia et pax, ha annunciato che entro l'anno dovrebbe essere promulgata la terza enciclica di Benedetto XVI: dopo la «Deus caritas est» del 2006 e la «Spe salvi» del 2007, si caratterizzerà come «enciclica sociale».

Duecento milioni di diseredati

Dagli Atti degli apostoli e dalle lettere di Paolo «si coglie un modello di Chiesa non esclusiva – scrive Ratzinger – ma aperta a tutti, formata da credenti senza distinzioni di cultura e razza, caratterizzata da solidarietà, condivisione, compartecipazione, sollecitudine verso gli altri». Quindi «come non farci carico di quanti, specie rifugiati e profughi, sono in condizioni difficili e disagiate? Come non andare incontro a chi è più debole e indifeso, segnato da precarietà e insicurezza, emarginato ed escluso dalla società? A loro va data prioritaria attenzione», rifiutando «ogni distinzione e discriminazione».
Il cardinale Martino parla di «oltre 200 milioni di persone che vivono fuori dal loro Paese, spinte da miseria, fame, violenza, guerre, rivalità etniche e dal desiderio di una vita migliore». Una folla di diseredati si spinge verso le aree più ricche, e ciò spiega perché l'immigrazione sia vissuta dai Paesi ospitanti come «una sorta d'invasione con ripercussioni negative sulla stabilità e sulla sicurezza». Poiché l'Europa è «a crescita zero», se vuole mantenere lo sviluppo, ha bisogno di braccia. Ma «dietro le braccia c'è una persona, c'è una famiglia», quindi non bisogna vederli «come invasori ma come collaboratori».
Un clima di chiusura rende «più triste e amara» la vita di molti immigrati e li spinge «a condizioni di irregolarità». Ma attenzione – avverte il cardinale - «il fenomeno migratorio, nel mondo globalizzato, diventa inarrestabile, e non lo si risolve chiudendo le frontiere ma accogliendo i flussi» e dotandosi di regole «giuste, equilibrate e solidali: bisogna esigere che gli immigrati accettino la cultura e le leggi del Paese ospitante».

Le esigenze religiose

L'atteggiamento della Chiesa è contemperare il dovere dell'accoglienza con il diritto alla sicurezza, senza cedimenti all'illegalità e alla criminalità, senza compiacenze alla xenofobia e al razzismo, contemperando diritti e doveri dei residenti e degli immigrati. Tra i diritti di questi «le esigenze religiose». Alla domanda se la Chiesa è favorevole all'apertura di moschee in Europa, il cardinale, senza pronunciare la parola «moschea», dice: «La Chiesa auspica che la dignità delle persone sia rispettata perché tutti abbiamo gli stessi diritti in quanto apparteniamo alla razza umana e i diritti non sono una concessione dell'autorità. È giusto provvedere in maniera decente a luoghi di preghiera per i musulmani».
Per il vescovo Agostino Marchetto, segretario del dicastero, occorre «aiutare gli immigranti a conservare e a manifestare la dimensione trascendente della vita». Marchetto ribadisce il «no» a qualsiasi forma di «discriminazione, xenofobia e razzismo. Si ha l'impressione che i rifugiati vengano trattati senza considerare le ragioni che li forzano a fuggire, che si tenti di impedire l'ingresso, che si adottino misure per bloccarli con l'erosione degli standard umanitari, l'introduzione di norme restrittive, l'obbligo del visto di ingresso».

La crisi colpisce i più deboli

Martino ricorda che la crisi finanziaria colpisce i più deboli e, tra questi, gli immigrati. Aggiunge: il mercato «non è solo una fabbrica di profitto, deve essere regolamentato» e avere una dimensione sociale, in modo che «ci sia collaborazione tra chi investe i capitali e chi presta il proprio lavoro». Sul tema, Justitia et pax sta preparando il documento «La povertà nell'era della globalizzazione» mentre il dicastero dei migranti aggiornerà quello su «rifugiati e profughi» del 1992, ormai superato dalla situazione.

© Copyright Eco di Bergamo, 9 ottobre 2008

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