9 novembre 2007

Promozione del vescovo di Locri: lo speciale di Avvenire (da leggere perchè certe interviste non si trovano su altri quotidiani)


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CHIESA IN ITALIA

Bregantini arcivescovo di Campobasso-Bojano

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DA CAMPOBASSO CHIARA SANTOMIERO

« Sono convinto che noi diocesani e tutti i molisani dobbiamo tanta gratitudine al Signore che ha ispirato Papa Benedetto XVI a donarci padre Giancarlo». Con queste paro­le e molta commozione, monsignor Armando Di­ni, arcivescovo di Campobasso-Bojano – che nel­lo scorso luglio aveva rassegnato le proprie dimis­sioni per raggiunti limiti d’età – ha annunciato al­la diocesi la nomina del suo successore, monsi­gnor Giancarlo Bregantini. L’annuncio è stato da­to ieri – in contemporanea alla Sala stampa vati­cana – nella sala Celestino V del Centro pastorale diocesano di Campobasso, dove il clero e nume­rosi fedeli si erano riuniti in attesa della comuni­cazione ufficiale della notizia, dopo le molte voci che l’avevano preceduta nei giorni scorsi.

A questo proposito, lo stesso Dini ha tenuto a di­chiarare che: «Sono state scritte molte inesattezze sull’arrivo tra noi di monsignor Bregantini e, ad­dirittura, che egli sia stato allontanato dalla diocesi di Locri-Gerace perché 'scomodo' a causa del suo impegno contro la criminalità: vi posso assicura­re che io ho fortemente voluto che padre Giancar­lo divenisse il mio successore e ho dovuto faticare non poco per otte­nerlo ».

Tutto è nato dagli e­sercizi spirituali per il clero di Campobasso che Bregantini ha gui­dato la scorsa estate: «Avendo reso noto che stavo per conclu­dere il mio servizio e­piscopale nella nostra arcidiocesi – ricorda Dini nella sua lettera di saluto – molti tra voi, sacerdoti anziani e giovani e seminaristi, hanno auspicato diven­tasse lui il nuovo arcivescovo. Personalmente – ha continuato il presule – lo conosco e lo stimo da più di dieci anni. Il suo semplice vivere nel Signore; il suo bruciante desiderio che tutti – tutti, anche quelli che si sono lasciati andare nella malavita – incontrino il Signore e, convertiti, lo amino; il suo prodigarsi perché ogni persona abbia ciò che è ne­cessario ad una vita umanamente dignitosa nella quale il lavoro è diritto e condizione ineludibile; la sua attenzione operosa per una società più giusta; la sua cura discreta e forte per le vocazioni di spe­ciale consacrazione, sono aspetti della sua perso­nalità umana, cristiana ed episcopale che con af­fetto e rispetto esprimo». Da ultimo: «La sofferen­za dei suoi diocesani e di tanti onesti calabresi nel vederlo partire, testimonia quali tesori di grazia e di umanità ha profuso, lui trentino, in quella ter­ra ».
«La mia forte esperienza di vescovo in terra di Ca­labria – ha scritto a sua volta Bregantini nel primo messaggio rivolto alla Chiesa di Campobasso-Boja­no – la metto ora, umilmente, a vostro servizio chiedendo che nella preghiera e nell’amicizia so­lidale e affettuosa di figli e di fratelli, possiate aprire il cuore alla mia persona, confidando nella vostra amabilità e dolcezza».
Ricordando le montagne del Trentino tra le quali è nato, il nuovo arcivescovo ha auspicato di saper «custodire, anche col vostro aiuto, questo mio ca­rattere ottimista, positivo e sereno, che la vita mi ha dato. Anzi nella maturità, a contatto con un po­polo che ha anch’esso profonde radici rocciose co­me il molisano, credo che sgorgherà accresciuta simpatia, profondo affetto reciproco, condivisio­ne di speranze future». Tra i molti saluti, quello «al­le autorità civili, militari, accademiche, con l’au­gurio di una feconda ed onesta collaborazione». «A loro come a me – ha concluso Bregantini – au­spico il dono più bello: la mitezza evangelica fat­ta di semplicità e prudenza, di ascolto e condivi­sione per il bene comune di tutti».
L’arcivescovo uscente: «Conosco e stimo Bregantini da oltre dieci anni» Il successore: «Anch’io, come voi, sono figlio della montagna»

© Copyright Avvenire, 9 novembre 2007


Locri-Gerace

Bregantini: «Vi ho amati pregate sempre per me»

DAL NOSTRO INVIATO A LOCRI (REGGIO CALABRIA)
ANTONIO MARIA MIRA

Suonano a festa le campane della Cattedrale di Locri. È mez­zogiorno e fanno così tutti i giorni. Ma oggi è diverso. Men­tre lo scampanio corre per il paese, nella chiesa, affollatis­sima, il cancelliere don Vincenzo Ruggiero legge alcune parole, attese, sussurrate in questi giorni, un po’ temute. «Il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato arcivescovo metropolita di Campo­basso- Bojano monsignor Giancarlo Maria Bregantini finora ve­scovo di Locri-Gerace». Dall’assemblea parte un lungo applau­so. Davvero sembra una grande festa, vuole essere una grande fe­sta. Anche se gli occhi di tanti sono lucidi. È la conferma ufficia­le, se ne va padre Giancarlo, il vescovo anti ’ndrangheta (anche se lui si definisce un vescovo «pro» e non «contro»). Il pastore che ha lanciato la scomunica contro i boss, ma anche quello che ha incontrato le vedove della faida di San Luca, che è andato a chie­dere perdono in Germania per la strage di Duisburg, che ha «in­ventato » le cooperative agricole che vogliono riscattare i giovani della Locride.
Chi si aspettava contestazioni e proteste è rimasto deluso. Sotto il sole calabrese oggi dominano l’umana commozione e la fede che fa ripetere più volte «sia fatta la tua volontà». Lo dice il ve­scovo, lo scandiscono con lui i tanti fedeli. Padre Giancarlo entra nella Cattedrale mentre il coro intona le parole «Eccomi Signore, io vengo, sia fatta la tua vo­lontà ».
Tutti vogliono abbracciarlo e lui per tutti ha un abbraccio e un sorriso. Un abbraccio più forte a don Pino Strangio, par­roco di San Luca. Una dolce ca­rezza per la mamma Albina («Mi ha sempre sostenuto ed ora è stata di una sensibilità in­credibile »). Stringe a sé alcuni disabili. Poi le parole della ce­lebrazione dell’Ora media. «Tu placa le tristi contese – recita l’inno –, estingui le fiamme del­­l’ira, infondi vigore alle membra, ai cuori concedi la pace». Co­me il suono delle campane anche queste parole sembrano, e so­no, perfetto contrappunto alla giornata. Poi l’annuncio ufficiale, in contemporanea con la Sala stampa vaticana, e il lungo ap­plauso. E le parole di padre Giancarlo. «Non è facile parlarvi», i­nizia visibilmente emozionato. Ma poi invita tutti a recitare un passo del Salmo 126, «da me pregato tante volte con voi». E l’as­semblea ripete convinta «Chi semina nelle lacrime raccoglie nel­la gioia». Ricorda il suo arrivo nel gennaio 1994. «Voi mi avete ac­colto con tenerezza infinita – (e qui la commozione lo blocca, ma viene sostenuto da un nuovo applauso) come un figlio di questa sofferta ma dignitosa terra di Calabria».
Commozione, ricordi, ma anche il desiderio di chiarezza. Spiega come si è arrivati alla sua nomina. La sua visita a metà luglio in Molise, su invito dell’arcivescovo di Campobasso-Bojano, Ar­mando Dini, per predicare un corso di esercizi spirituali al clero diocesano. Pochi giorni dopo le dimissioni dell’arcivescovo e l’in­dicazione come successore, da parte dei sacerdoti e vescovi del­la regione ecclesiastica Abruzzo-Molise, del suo nome, inserito poi in una terna presentata a Benedetto XVI. «E il Papa ha scelto me», aggiunge sorridendo. E sale un nuovo applauso. Insomma «niente trame oscure. E questo lo dico con forza contro chi ha scrit­to o sostenuto tesi infondate e negative». Parole chiare. Precise. «Comprendo il vostro affetto per me – aggiunge rivolgendosi ai fedeli – ma vi chiedo paternamente di riportare tutto dentro i normali sentieri dell’obbedienza». Ripete più volte questa paro­la, padre Giancarlo. «Se non avessi accolto in spirito di obbe­dienza questo trasferimento cosa mi avrebbero potuto dire i par­roci quasi tutti da me trasferiti durante questi 13 anni, spesso an­che essi tra lacrime?». Ricorda che, in una di queste occasioni, un’anziana di Placanica così esortava un parroco: «Chi obbedi­sce si santifica!». Quindi cita il Papa che nel suo libro Gesù di Na­zaret spiega che obbedienza, fare la volontà di Dio «è la terra che diventa cielo». Parla a tutti. Ai vicini e ai lontani. Anche «ai fratel­li deviati della mafia». «A voi rivolgo una consegna importante: la misericordia di Dio non si scandalizza del peccato».
Dunque, conclude sempre rivolto a loro, «fate ritorno alla pace di Dio, nelle vostre famiglie, con azioni di coraggio e di perdono, vero profumo per i nostri paesi». Infine a tutti chiede: «Denun­ciate tutto ciò che viola e calpesta il progresso di questa terra. Pre­gate sempre per me e io pregherò sempre per voi. Pregate per que­sta terra che io ho profondamente amato».
«Nell’obbedienza al Signore la terra diventa cielo» Poi un ultimo richiamo alla conversione rivolto ai «fratelli deviati della mafia»

© Copyright Avvenire, 9 novembre 2007


«Ho solo annunciato il Vangelo»

DAL NOSTRO INVIATO A LOCRI (REGGIO CALABRIA)

Antonio Maria Mira

« Tutto è lineare. Scrivetelo. Dietro la mia promozione, perché tale è, non ci so­no trame oscure. Non ci sono giochi né della ’ndrangheta, né della massoneria, né del potere. Tantomeno gelosie o invidie».
Monsignor Bregantini lo ha detto ai fedeli in Cattedrale e ci tiene a ripetercelo. Certo, ammette, «io non lo de­sideravo: nessun vescovo desidera una promo­zione ». Ma avverte anche: «Nessuno osi giocare su quanto accaduto. Né pensi di approfittarne at­taccando le cooperative della Valle del Buonami­co ». Un chiaro riferimento alle cooperative pro­mosse dalla diocesi e vittime anche di gravi atti in­timidatori. Non dramma­tizza e pur sinceramente, e giustamente, commosso, regala un’immagine di nor­malità.
Una giornata forte ma con­dotta come le altre. Sveglia alle 6,15; la preghiera, la consueta corsa in tuta an­che se oggi, ammette, «ho corso di più perché avevo bisogno di scaricare la ten­sione ». Una colazione abbondante «con la mar­mellata della Locride», poi l’incontro previsto da tempo coi giovani sacerdoti. Una foto ricordo con loro «con l’abito della festa». E una anche con gli operai (lui che ha cominciato proprio come pre­te nei cantieri) che lavorano alacremente alla co­struzione del grande Centro pastorale, tanto de­siderato e che ora lascia in eredità al suo succes­sore.
Sorride padre Giancarlo, come qui tutti lo chia­mano, ricorda le tante cose fatte in questi tredici anni. Ma la sua è una riflessione che guarda al fu­turo. «La mia partenza non significa la fine di que­ste cose che hanno ormai radici profonde. Io so­no convinto che la Locride non vede un albero tagliato ma potato e che sarà riinnestato dalla ma­no di Dio per produrre nuovi frutti».

Padre Giancarlo, qualcuno in questi giorni ha scritto che la ’ndrangheta sta stappando lo cham­pagne perché lei lascia la Calabria.

Non lo credo. Io non sono mai stato un eroe anti ’ndrangheta ma uno che annuncia il Vangelo an­che a persone che hanno avuto momenti diffici­li. Per questo nel mio messaggio in Cattedrale l’ul­timo appello l’ho fatto a loro, ai mafiosi. Io non so­no mai stato «contro» ma sempre «pro». La ’n­drangheta non va attaccata muro contro muro, va svuotata.

Difficile a farsi...

Certo ma in questi anni abbiamo fatto molti pas­si. La mafia non è più na­scosta. Ora è chiaro a tutti quello che è bene e quello che è male. Tutti lo sanno. È purtroppo ancora diffici­le avere dei comportamen­ti conseguenti. Ma noi dob­biamo insistere, parlare coi segni che sono la concre­tizzazione del sogno. Più saranno armonici segni e sogni e più concretezza a­vremo. Segni frutto dell’ascolto e del confronto con la gente. Non sono stato un eroe isolato ma un interprete di un popolo che soffre e si esprime. Sono stato la loro voce. Un popolo in cammino. Non si fermerà, continuerà anche dopo di me.

Di cosa avrà ancora bisogno la Locride?

Di un buon samaritano e di un seminatore. Di en­trambi. Da sola non può farcela. Non serve esse­re giudici e basta. Serve un vero aiuto. Perché gli abitanti della Locride sentendosi aiutati sono ca­paci di alzarsi in piedi. Ma serve anche il semina­tore che sparge i semi anche se sa che una parte finirà tra le pietre. Bisogna essere tenaci, perché nella Locride il seme sta germogliando.

© Copyright Avvenire, 9 novembre 2007


Un impegno pastorale a 360°

DA LOCRI

GIOVANNI LUCÀ

Il suo è stato un ministero epi­scopale a servizio di una terra segnata dal dolore. E lui ha fat­to capire alla gente della Locride che anche il dolore può essere fecondo perché «chi soffre, affidandosi a Dio, insegna con la vita a sperare anche nel buio della notte». L’episcopato di monsignor Giancarlo Maria Bre­gantini ha rappresentato per la Chie­sa di Locri-Gerace un tratto di stra­da importante.
A Locri, Bregantini è arrivato da Ba­ri il 7 maggio del 1994, quando do­veva ancora compiere 46 anni. Un giovane vescovo che si era già con­frontato con i problemi della Cala­bria negli anni in cui era stato a Cro­tone, dove la Congregazione degli stimmatini l’aveva mandato da se- minarista. A Crotone era stato ordi­nato sacerdote il 1° luglio 1978 dal­l’arcivescovo Giuseppe Agostino, lo stesso che il 7 aprile 1994, nella me­desima Cattedrale crotonese, lo ha poi consacrato vescovo.
L’immagine solitamente trasmessa dai media è sicuramente riduttiva per un uomo di Chiesa; di Breganti­ni spesso si ricorda solo l’impegno nella pastorale sociale e del lavoro; ma il vescovo trentino (è nativo di Denno, in Val di Non), assieme al cle­ro locrese, ai religiosi e alle religiose, ai laici, ha sviluppato un’intensa at­tività pastorale in ogni settore. Ha puntato sulla formazione, sull’im­pegno con i preti, «perché siano pa­stori vicini alla gente e soprattutto uomini di Dio, trascinati dall’esi­genza di entrare nell’intimità divina ed imparare l’arte dell’ascolto».
Ha prestato attenzione anche all’a­spetto esterno, nel senso che ha spinto ogni parrocchia a rendere più belle ed accoglienti le chiese, gli o­ratori e gli altri luoghi destinati alla preghiere ed alla catechesi. E ha pro­dotto una gran mole di sussidi, ca­paci di presentare i testi biblici in modo accessibili a tutti. Un’atten­zione particolare l’ha rivolta alle scuole ed agli studenti che è andato a trovare frequentemente, così co­me ha fatto con tutta la sua gente anche quella dei paesi più sperduti. L’anno scorso aveva indetto il Sino­do diocesano.
Trentino di origine, è prete dal 1978 e vescovo dal 1994 Dalla formazione alla liturgia si è impegnato a tutto campo

© Copyright Avvenire, 9 novembre 2007

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