1 aprile 2008

Dio e il coraggio (brano tratto da "Alzatevi, andiamo" di Giovanni Paolo II)


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Grazie a Gemma possiamo leggere un brano tratto dal libro "Alzatevi, andiamo" del Servo di Dio, Giovanni Paolo II.
Un piccolo omaggio ad un grande Pontefice
.
R.

Dio e il coraggio

"Ecco, io vengo"
(Eb 10,7)

Forti nella fede

Restano nella mia memoria le parole pronunciate dal cardinale Stefan Wyszynski l’11 maggio 1946, il giorno precedente la sua consacrazione episcopale a Jasna Gora: “L’essere vescovo ha in sé qualcosa della Croce, perciò la Chiesa pone la Croce sul petto del vescovo.
Sulla Croce bisogna morire a se stessi; senza questo non c’è la pienezza del sacerdozio. Prendere su di sé la Croce non è facile, anche se essa è d’oro e tempestata di pietre preziose”. Dieci anni dopo, il 16 marzo 1956 disse: “Il vescovo ha il dovere di agire non soltanto per mezzo della parola, del servizio liturgico, ma anche mediante l’offerta della sofferenza”. Su questi pensieri il cardinale Wyszynski tornò ancora in un’altra occasione: “Per un vescovo la mancanza di fortezza è l’inizio della sconfitta. Può continuare a essere apostolo? Per un apostolo, infatti, è essenziale la testimonianza resa alla Verità! E questo esige sempre la fortezza”.

Anche queste parole sono sue: “La più grande mancanza dell’apostolo è la paura. A destare la paura è la mancanza di fiducia nella potenza del Maestro; è questa che opprime il cuore e stringe la gola.

L’apostolo cessa allora di professare. Rimane apostolo? I discepoli che abbandonarono il Maestro accrebbero il coraggio degli aguzzini. Chi tace di fronte ai nemici di una causa, li imbaldanzisce. Il timore dell’apostolo è il primo alleato dei nemici della causa. “Mediante la paura costringe a tacere” è il primo compito della strategia degli empi. Il terrore in uso presso ogni dittatura è calcolato sulla paura degli apostoli. Il silenzio possiede la sua eloquenza apostolica soltanto quando non volta la faccia di fronte a chi lo percuote. Così, tacendo, fece Cristo. Ma in quel segno dimostrò la propria fortezza. Cristo non si lasciò terrorizzare dagli uomini. Uscito incontro alla turba, disse con coraggio: “Sono io”.

Davvero, non si possono voltare le spalle alla verità, cessare di annunciarla, nasconderla, anche se si tratta di una verità difficile, la cui rivelazione porta con sé un grande dolore.Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,32): ecco il nostro compito e, allo stesso tempo, il nostro sostegno! In questo non c’è spazio per compromessi né per un opportunistico ricorso alla diplomazia umana. Bisogna rendere testimonianza alla verità, anche a prezzo di persecuzioni, a costo persino del sangue, come ha fatto Cristo stesso e come un tempo ha fatto pure il mio santo predecessore a Cracovia, il vescovo Stanislao di Szczepanow.
Sicuramente ci imbatteremo nelle prove. In questo non c’è nulla di straordinario, fa parte della vita di fede. A volte le prove sono leggere, a volte molto difficili o, addirittura, drammatiche. Nella prova possiamo sentirci soli, ma la divina grazia, la grazia di una fede vittoriosa, non ci abbandona mai. Perciò possiamo contare di superare vittoriosamente ogni prova, persino la più dura.
Quando, il 12 giugno 1987, a Westerplatte di Danzica parlai di questo alla gioventù polacca, mi richiamai a quel luogo come a un eloquente simbolo di fedeltà in un momento drammatico. Lì, nel 1939, un gruppo di giovani soldati polacchi, combattendo contro l’invasore tedesco decisamente superiore per forze e mezzi bellici , affrontò la prova suprema offrendo una vittoriosa testimonianza di coraggio, di perseveranza e di fedeltà. Feci riferimento a quella vicenda, invitando innanzitutto i giovani a riflettere bene sul rapporto”tra l’essere di più e l’avere di più”, e li ammonii : “Mai deve vincere solo l’avere di più. Poiché allora l’uomo può perdere la cosa più preziosa: la sua umanità, la sua coscienza, la sua dignità”. In questa prospettiva li esortai: “Dovete esigere da voi stessi, anche se gli altri non esigessero da voi”. E spiegavo:”Anche ognuno di voi, giovani, trova nella sua vita una ‘Westerplatte’. Una dimensione dei compiti che deve assumere e adempiere .
Una causa giusta, per la quale non si può non combattere. Un dovere, un obbligo, a cui non ci si può sottrarre; da cui non è possibile disertare. Infine, un certo ordine di verità e di valori che bisogna “mantenere” e “difendere”: dentro di sé e intorno a sé. Si, difendere per sé e per gli altri”.
Gli uomini hanno sempre avuto bisogno di modelli da imitare e ne hanno soprattutto bisogno oggi, in questo tempo così esposto a suggestioni mutevoli e contraddittorie.

Da "Alzatevi, andiamo", Mondadori 2004

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Il contesto delle parole del cardinal Wyszynski riprese da Giovanni Paolo probabilmente si riferiscono al triste contesto della Chiesa del silenzio (e perseguitata) in Polonia. Ma come suonano attuali oggi, nel contesto dei paesi avanzati ove imperversa la dittatura del relativismo. Mi hanno colpito specialemnte i riferimenti ai "discepoli" che per paura non hanno il coraggio di diffondere gli insegnamenti di Cristo.

euge ha detto...

penso che questo brano e soprattutto la parte che tu hai giustamente indicato cara Carla, ci riguardano molto ma molto da vicino...... del resto, non c'è solo la paura di diffondere ma, anche di difendere gli insegnamenti di Cristo gran brutto atteggiamento......... del resto la dittatura imperante del relativismo, fa apparire ogni insegnamento di Cristo, superato non aderente alla realtà che viviamo perchè oggi come oggi, la maggior parte di noi, prende da Cristo, solo quello che più è congeniale ai propri comodi.