1 aprile 2008

Card. Dziwisz: "Giovanni Paolo II, il Papa della vita" (Avvenire con stupore per certe domande...)


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Dziwisz: Giovanni Paolo II, il Papa della vita

La testimonianza: tanti chiedono la sua intercessione per il dono di una nuova nascita

DAL NOSTRO INVIATO A CRACOVIA

LUIGI GENINAZZI

Miracoli. La scritta a caratteri cubitali sovrasta un gran­de ritratto di Giovanni Paolo II che copre l’intera fac­ciata del palazzo arcivescovile.
È un Wojtyla nel pieno delle forze, sorridente, mentre viene sfiorato dalle mani dei fedeli. Domani, a tre anni dalla scom­parsa del Papa polacco, i suoi connazionali torneranno a fa­re memoria di «Karol il Grande», ritrovandosi uniti ancora u­na volta nella commozione e nella preghiera. «È un momen­to di grazia che si ripete» ci dice il cardinale Stanislaw Dziwi­sz, testimone privilegiato di Karol Wojtyla cui è stato vicino come segretario personale per quasi quarant’anni. Di lui a­ma parlare spesso, gli facciamo notare all’inizio dell’intervi­sta. «Sì, è vero – ribatte l’arcivescovo di Cracovia –. Ma per me la cosa più importante non è tanto parlare di lui, quanto piut­tosto parlare con lui. Intendo ovviamente un dia­logo non fisico ma spirituale. Ogni volta che ho un problema difficile da risolvere mi rivolgo al servo di Dio Giovanni Paolo II, chiedo il suo aiuto. È un’e­sperienza non solo mia. Tantissima gente fa lo stes­so, prega Dio per la sua intercessione e ne riceve grazia».

Eminenza, allude a casi che si possono ritenere miracolosi?

Credo proprio di sì. Ed il fatto più sorprendente è che spesso si tratta del dono della nascita, del mistero di una nuova vita. Giovanni Paolo II è stato il Papa della difesa della vita, il Papa della famiglia. Ed ora ne vediamo gli straordinari effetti. So­no appena tornato da Gerusalemme e lì sono stato avvicina­to da una signora polacca che mi ha raccontato di sua figlia. Aveva ricevuto la cresima dall’arcivescovo Wojtyla, poi si era sposata ma non poteva avere bambini. Recentemente si è re­cata a pregare sulla tomba di Giovanni Paolo II con quest’in­tenzione ed ora aspetta un figlio. Un altro caso: una coppia di italiani, residenti a Milano. Anche loro dichiarati sterili dai medici. «Pregate Papa Wojtyla», ha consigliato loro un ami­co. Ma non erano molto praticanti e non l’hanno fatto. Ci ha pensato lui, è andato a inginocchiarsi davanti alla tomba del Papa chiedendo la grazia per questa coppia. Poche settima­ne dopo lei è ri­masta incinta. Ma sono soltan­to due esempi fra tanti di cui ho notizia.

Col passare del tempo i ricordi i­nevitabilmente tendono a sbia­dire. Cosa resta della memoria di Wojtyla nel cuore della gen­te?

Io vedo che più passa il tempo più cresce il desi­derio di conoscere meglio la sua figura ed il suo insegna­mento. Adesso lo riscoprono in profondità, capiscono che tutto quel che diceva e faceva era in forza della sua comunione con Dio.

L’ultimo viaggio di Giovanni Paolo II in Polonia, nel 2002, e­ra stato all’insegna della Divina Misericordia. E così pure la sua morte, alla vigilia della festa di Gesù Misericordioso i­stituita proprio da lui. Ci vede qualcosa di simbolico?

Prima del suo Pontificato questo tema non era molto diffuso nella Chiesa. È stato lui a metterlo in evidenza fin dall’enci­clica «Dives in Misericordia». Ha mostrato che non c’è rime­dio alla disperazione se non ci si affida all’abbraccio salvifi­co di Dio. «Qual è l’oggetto principale della sua preghiera?» gli domandò una volta lo scrittore francese André Frossard. E lui rispose: «Io prego affinché la misericordia di Dio avvol­ga tutto il mondo». Alla radice di quest’atteggiamento credo ci fosse la sua esperienza contemplativa. Era un uomo sem­pre immerso nel mistero di Dio. Parlava come viveva. Da qui la forza del suo insegnamento.

Sembra però che alcuni temi tanto cari a Papa Wojtyla oggi siano un po’ dimenticati da una parte dell’opinione pubbli­ca. Ad esempio, quando oggi si parla dell’Iraq, pochi si ri­cordano degli interventi di Giovanni Paolo II contro la guer­ra.

Tocca agli studiosi esaminare quei fatti e mettere in luce il suo grande impegno per la pace. Ma, a proposito dell’Iraq, ho notato una grande consonanza fra il grido di Giovanni Paolo II cinque anni fa e le parole pronunciate recentemente da Be­nedetto XVI dopo il brutale assassinio dell’arcivescovo caldeo di Mosul monsignor Rahho.

Nei rapporti tra cattolici e musulmani molte cose sono cam­biate dai tempi di Papa Wojtyla, non crede?

Giovanni Paolo II ha sempre considerato «lo scontro di ci­viltà » come un’autentica sciagura. Lui credeva nel dialogo, lo cercava a livello culturale e personale. E non perdeva occa­sione per praticarlo. Ma sempre con una chiara coscienza dell’identità cristiana. È rimasto memorabile il suo incontro coi giovani musulmani in Marocco. Mi ricordo che prima del viaggio si era riunito con vari esperti del mondo islamico che gli consigliarono di usare parole molto prudenti. E lui ribatté deciso: ah no, io sono il vicario di Cristo sulla terra e questo devo testimoniare!

È come andò l’incontro?

Allo stadio di Rabat pronunciò un discorso che suscitò gran­de ammirazione. I giovani lo applaudirono più volte ed io, pensando a quanto succedeva da noi sotto il regime comu­nista, ho temuto che fosse tutto orchestrato dall’alto. Invece scoprii che nessuno si aspettava una reazione così entusia­sta. E poi al Cairo e a Damasco mi ricordo che i capi religiosi dell’islam lo accolsero come «un amico». Si sentivano stima­ti da lui. Ed a loro volta riconoscevano nel Papa« il leader spi­rituale del mondo». Così venne definito durante il suo viag­gio in Siria.

Oggi sembra dominare un linguaggio diverso...

Possono cambiare toni e accenti ma la scelta rimane quella del dialogo schietto e non della contrapposizione ideologica. Ogni Papa ha il suo carisma e Benedetto XVI sa affrontare an­che le situazioni più difficili con grande saggezza e profon­dità culturale. E più volte, in modo molto chiaro, ha ribadito la sua netta presa di distanza dalla logica dello scontro di ci­viltà.

Eminenza, ci sarà presto la beatificazione di Giovanni Pao­lo II?

Le cose procedono bene. Naturalmente occorre tempo per­ché ci sono tanti documenti da esaminare e tante testimo­nianze da raccogliere, non solo a Roma o in Polonia ma in tut­to il mondo. Noi, come arcidiocesi di Cracovia, non facciamo pressioni. L’ho detto anche al Santo Padre. La decisione toc­ca a Benedetto XVI che agisce sotto l’illuminazione dello Spi­rito Santo. Noi sempre preghiamo per questo.

© Copyright Avvenire, 1° aprile 2008

Molto belle le parole del cardinale Dziwisz.
Noto purtroppo che nemmeno la stampa cattolica e' immune dalla tentazione di fare confronti.
Un paio di domande dell'intervistatore mi lasciano veramente di stucco...mah!

R.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Credo di aver identificato le domande di Geninazzi a cui alludi, ma le limpide risposte di Dziwisz sono molto rassicuranti e tolgono ogni dubbio.
Alessia

Anonimo ha detto...

Certo che la tentazione dei confronti c'è, Raffaella, e le risposte di Dziwisz sono giustamente equilibrate Anzi, quando l'intervistatore accenna a tematiche di confronto, sembra che lui prevenga e subito cita la posizione di Benedetto XVI. Carla

euge ha detto...

Si devo dire che certe domande che potrebbero portare ad un facile confronto, da Avvenire non me le aspettavo! Vabbè facciamo finta di niente............ oculate le risposte di Dziwisz!

Anonimo ha detto...

una bellissima intervista. Il card. Dziwisz sa sempre rispondere molto bene ed è molto dolce.
Visto che a differenza di quello che diceva Francia nell'altro articolo molti (oltre al Papa ora includo anche il qui presente Arcivescovo) considerano Karol santo.
Io lo prego ogni mattina e ogni sera e quando ho bisogno di aiuto, ad esempio quando avevo un esame e mi ha sempre aiutato.
Non facciamoci scoraggare da certa brutta stampa.

Anonimo ha detto...

Credo che abbiate interpretato male le domande di Geninazzi.

Quando parla di Iraq e rapporti con l'Islam non sta mettendo a confronto i due papi, ma sta evidenziando come sue due temi sui quali Wojtyla si era speso molto (il no alla guerra in Iraq e la necessità di dialogo con l'Islam) purtroppo oggi ci ritroviamo in un mondo che stenta ad ammettere le gravi conseguenze di quella guerra (ormai sotto gli occhi di tutti) e che sembra non capire (islamici compresi) la via del dialogo 'nella chiarezza' tra musulmani e cristiani.

Credo che Geninazzi - da cronista esperto di vaticano com'è - sappia meglio di noi quanta continuità ci sia tra i due papi su tantissimi temi.