12 aprile 2008

Pace e sviluppo dei popoli sono legati al disarmo: l'appello del Papa. Intervista al cardinale Martino (Radio Vaticana)


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Pace e sviluppo dei popoli sono legati al disarmo: l'appello del Papa in un messaggio al seminario internazionale del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace

Benedetto XVI lancia un accorato appello alla comunità internazionale, affinché intraprenda con coraggio il cammino del disarmo e, attraverso un “nuovo umanesimo”, costruisca le basi per una pace duratura e lo sviluppo dei popoli. Occasione di questo richiamo è il messaggio al seminario promosso dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace sul tema "Disarmo, sviluppo e pace. Prospettive per un disarmo integrale". Il simposio si è svolto ieri e oggi nella sede del dicastero a Palazzo San Calisto. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Ogni uomo è “chiamato a disarmare il proprio cuore e ad essere dappertutto operatore di pace”: è l’esortazione di Benedetto XVI che indica nel “nuovo umanesimo” la strada per costruire una pace autentica e duratura.

Il Papa rileva la stretta connessione tra disarmo, sviluppo e pace. La legittima difesa, scrive, è un diritto inalienabile degli Stati. “Tuttavia – avverte – non appare lecito qualsiasi livello di armamento”.

Va rispettato il “principio di sufficienza”, altrimenti, costata il Pontefice, si arriva al paradosso “per cui gli Stati minacciano la vita e la pace dei popoli che intendono difendere e gli armamenti, da garanzia della pace, rischiano di divenire una tragica preparazione della guerra”. Si sofferma poi sulla stretta relazione tra disarmo e sviluppo. “Le ingenti risorse materiali e umane impiegate per le spese militari e per gli armamenti – si rammarica – vengono di fatto distolte dai progetti di sviluppo dei popoli, specialmente di quelli più poveri e bisognosi di aiuto”. Fenomeno, aggiunge, che va contro la stessa Carta delle Nazioni Unite.

Volgendo lo sguardo alle situazioni in cui oggi vive l’umanità, scrive il Papa, “si potrebbe essere presi da un giustificato sconforto e da rassegnazione: nelle relazioni internazionali sembrano talvolta prevalere la diffidenza e la solitudine”. “Una guerra totale – prosegue – da terribile profezia, rischia di trasformarsi in tragica realtà”.

Ma la guerra, è l’incoraggiamento del Santo Padre, “non è mai inevitabile e la pace è sempre possibile. Anzi doverosa!”. E’ tempo, esorta il Papa, “di cambiare il corso della storia, di recuperare la fiducia, di coltivare il dialogo” ed “alimentare la solidarietà”. Questi, ricorda, sono “i nobili obiettivi” che hanno ispirato i fondatori delle Nazioni Unite, definite dal Papa - a pochi giorni dalla visita al Palazzo di Vetro - “vera e propria esperienza di amicizia tra i popoli”.

Il Papa non manca di offrire una riflessione sul peso dell’industria bellica nell’economia globalizzata. “La produzione e il commercio delle armi”, scrive, “vanno assumendo un ruolo trainante nell’economia mondiale” e vi è anzi “una tendenza alla sovrapposizione dell’economia civile a quella militare”. Indice ne è anche la diffusione di beni “ad uso duale”, cioè dal possibile uso civile e militare. Aspetto, questo, preoccupante, nota il Papa, “nei settori biologico, chimico e nucleare”. Benedetto XVI, come già Paolo VI, lancia perciò un appello agli Stati affinché “riducano la spesa militare”, prendendo in considerazione “l’idea di creare un fondo mondiale da destinare a progetti di sviluppo pacifico dei popoli”. Il Papa mette anche l’accento su quelle che chiama “guerre del benessere”, ovvero conflitti causati dalla “volontà di espandere o conservare il dominio economico a scapito di altri”.

Oggi, ancora più che in passato, sottolinea, “è necessaria una decisa opzione della comunità internazionale a favore della pace”, adoperandosi affinché “l’economia venga orientata al servizio della persona umana, alla solidarietà e non solo al profitto”. Lo sviluppo, è il suo richiamo, “deve comprendere la dimensione morale e spirituale”. Il processo di globalizzazione, infatti, ha aperto nuovi orizzonti, ma, rileva il Papa, nonostante i progressi tecnico-scientifici, “in diverse aree del mondo” persistono “tensioni e guerre”. D’altro canto, fenomeni come “il terrorismo su scala mondiale rendono labile il confine tra la pace e la guerra, pregiudicando seriamente la speranza del futuro dell’umanità”. Lancia così un appello agli Stati, affinché rispettino i trattati internazionali vigenti sul disarmo e il controllo di tutti i tipi di armi. Ancora, chiede di ratificare il Trattato sul divieto dei test nucleari e di impegnarsi per il successo dei negoziati sulla messa al bando delle bombe a grappolo. Il Papa ribadisce “l’esistenza di un vero e proprio diritto umano alla pace” e auspica infine una “corale diffusione della cultura della pace e una condivisa educazione alla pace, soprattutto delle nuove generazioni”.

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Il cardinale Martino: drammatico aumento della spesa militare nel mondo a spese dei più poveri

Al termine del seminario internazionale promosso a Palazzo San Calisto dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace Giovanni Peduto ha intervistato il presidente del dicastero, il cardinale Renato Raffaele Martino, chiedendogli anzitutto quale messaggio abbia voluto lanciare questo Convegno:

R. – Prima di tutto, mettere al centro della nostra riflessione sulla pace la problematica del disarmo e quindi alimentare l’impegno e l’attenzione della Chiesa e dei cristiani alla complessa problematica del disarmo. E poi rilanciare, all’interno della comunità internazionale, i processi istituzionali connessi al disarmo. Purtroppo, viviamo una stagione in cui si ha l’impressione che il disarmo non riceva quell’attenzione che merita. Io penso anche che c’è stata una pausa in questo, perché con la minaccia del terrorismo l’opinione pubblica si è convinta che allora è bene armarsi per difendere la società dal terrorismo. Ma, c’è di più! Dall’altra parte, il Pontificio Consiglio ha inteso dimostrare come il disarmo sia strettamente collegato con l’altro tema dello sviluppo. Ora, al giorno d’oggi, noi siamo attoniti spettatori di un paradosso. Aumenta la spesa per la produzione delle armi e, nello stesso tempo, cresce la povertà relativa nel mondo. Crescono le differenze, vengono mortificati i poveri a cui viene negato un futuro.

D. – Il Papa, nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2006, registrava “con rammarico i dati di un aumento preoccupante delle spese militari e del sempre prospero commercio delle armi” affermando che il processo del disarmo “ristagna nella palude di una quasi generale indifferenza”. Qual è la situazione oggi?

R. – Preoccupante, molto preoccupante. Come il Papa afferma, la spesa militare aumenta tragicamente; dall’altra parte, siamo di fronte ad una certa apatia della comunità internazionale verso la questione del disarmo. Penso con preoccupazione a quello che si dovrebbe fare sul fronte delle armi chimiche, batteriologiche, nucleari, ma anche quelle convenzionali e le “piccole armi”. Ed è proprio con le “piccole armi” che avvengono i delitti “giornalieri”. Come ci chiedeva il Santo Padre Benedetto XVI, c’è bisogno di un sussulto della comunità internazionale per ritrovare quel consenso necessario e quella convinta disponibilità per la “governance” del problema delle armi.

D. – Cosa si può fare per fermare la corsa alle armi?

R. – Secondo me, si devono fare tre cose: diffondere le necessarie conoscenze circa gli armamenti, come presupposto di un’autentica educazione alla pace delle persone, e poi promuovere un impegno ecumenico e internazionale delle religioni sul fronte del disarmo; e, terzo, fare proposte concrete che siano realistiche e percorribili per ridurre la produzione delle armi. Si deve soprattutto agire ed operare affinché il disarmo venga collocato nel contesto di un rilancio di virtuosi processi di sviluppo umano, soprattutto dei Paesi poveri.

D. – Un cristiano può lavorare nell’industria delle armi?

R. – Come noi sappiamo, uno Stato può disporre di armi per la propria difesa, ma il cristiano che lavora non saprà mai quelle armi per quale fine sono fatte, se sono fatte per difendere o offendere: si tratta di una questione delicata che va affrontata al di fuori di certe ideologie che impediscono di cogliere la complessità della situazione, che va collocata nella prospettiva morale propria della dottrina sociale della Chiesa sul disarmo. A questo proposito, c’è il numero 508 del Compendio che dice: “La Dottrina sociale della Chiesa propone la mèta di un disarmo generale equilibrato e controllato”. L’enorme aumento delle armi rappresenta una minaccia grave per la stabilità e la pace. Il principio di sufficienza in virtù del quale uno Stato può possedere unicamente i mezzi necessari alla sua legittima difesa, deve essere applicato sia dagli Stati che comprano armi sia da quelli che le producono e le forniscono. Qualsiasi accumulo eccessivo di armi, o il loro commercio generalizzato, non possono essere giustificati moralmente. Tali fenomeni vanno valutati anche alla luce della normativa internazionale in materia di non proliferazione, produzione, commercio e uso dei differenti tipi di armamenti. Le armi non devono mai essere considerate alla stregua di altri beni scambiati a livello mondiale o sui mercati interni.

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