7 maggio 2008
Il presidente della Conferenza episcopale ungherese parla dell'impegno della Chiesa per la riconciliazione della società (Osservatore)
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Il presidente della Conferenza episcopale ungherese parla dell'impegno della Chiesa per la riconciliazione della società
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di Nicola Gori
La Chiesa non è un partito politico ma deve far sentire con chiarezza la sua voce sulle questioni che riguardano "la giustizia sociale, i diritti dell'uomo, il pericolo di alienazione nella società e la distruzione dell'ambiente". È questa la consapevolezza che anima la missione pastorale dei vescovi dell'Ungheria, in questi giorni in Vaticano per la visita ad limina Apostolorum. A sottolinearlo è il cardinale Péter Erdo, arcivescovo di Esztergom-Budapest e presidente della Conferenza episcopale, il quale mette in guardia da comportamenti individuali e comunitari che rischiano di distruggere il senso di responsabilità e di solidarietà, valori fondamentali per la società ungherese.
Cosa presenterete a Benedetto XVI durante la visita ad limina?
Presentiamo al Santo Padre tutte le gioie e le esperienze positive che hanno caratterizzato la missione e il lavoro pastorale degli ultimi sei anni nella nostra società piuttosto secolarizzata. Gli presentiamo sinteticamente i problemi demografici del paese, la situazione culturale e spirituale, nonché gli sforzi della Chiesa cattolica per la riconciliazione tra i diversi popoli della nostra regione e per un'appropriata pastorale delle minoranze. Parliamo pure dell'educazione, della catechesi e della vita sacramentale, nella quale ci sono alcuni dati preoccupanti come la diminuzione dei battesimi e dei matrimoni. Certamente potrà essere un argomento anche il nostro rapporto con il mondo della comunicazione e il modo con cui la Chiesa viene considerata dai mass media. Nonché alcuni fenomeni di sollecitazione all'odio che si riscontrano nella società.
Nel settembre 2007 si è conclusa proprio a Budapest la missione cittadina svoltasi durante cinque anni in cinque diverse grandi città europee. Può tracciare un bilancio di questa esperienza?
La missione cittadina è stata una iniziativa di Giovanni Paolo II. L'esperienza da cui è partita è stata la missione svoltasi a Roma prima del grande Giubileo del duemila. Ispirati da questa esperienza i vescovi di cinque città europee (Vienna nel 2003, Parigi nel 2004, Lisbona nel 2005, Bruxelles nel 2006 e appunto Budapest nel 2007) hanno organizzato diversi eventi in collaborazione con vari movimenti spirituali e soprattutto con le parrocchie delle loro città. Sia nella progettazione che nei programmi principali - soprattutto nella settimana intensa di missione - vescovi, sacerdoti e gruppi di laici delle varie città hanno collaborato ogni anno con la Chiesa locale destinata a ospitare la missione. L'ultima della serie è stata Budapest nel 2007. Tra le iniziative promosse ci sono stati concerti, mostre, visite guidate alle chiese, celebrazioni liturgiche, colloqui su questioni attuali, azioni sociali e caritative, programmi radiofonici e televisivi, giornate di penitenza e di preghiera. Ma il programma centrale è stata in ogni città la conferenza sulla nuova evangelizzazione, svoltasi in una grande chiesa durante un'intera settimana. In essa sono state offerte testimonianze di personaggi famosi e molto interessanti. Abbiamo partecipato insieme alla messa, durante la quale i vescovi delle diverse città europee hanno spiegato la Parola di Dio. Un momento significativo del programma è stata la messa notturna sul monte di San Gerardo, introdotta dal cardinale Camillo Ruini, Inviato speciale del Papa a questa missione. Il bilancio lo stiamo tracciando adesso. Alcune iniziative saranno ripetute ogni anno. L'attività missionaria e caritativa della parrocchie comincia a risvegliarsi notevolmente.
La Conferenza episcopale ungherese ha dedicato l'anno 2008 alla Bibbia. Questa iniziativa è stata concordata anche con le comunità riformate e coincide con l'Anno paolino. A che punto è il dialogo ecumenico?
I nostri rapporti ecumenici con le comunità riformate del paese (quasi due milioni in Ungheria) e anche con i cristiani ortodossi (circa ventimila) sono tradizionalmente buoni. La campagna lanciata per l'anno della Bibbia, ma anche su altri temi - come per esempio l'invito ad offrire l'un per cento delle imposte sulle persone a favore della Chiesa - poteva essere fatta insieme. Quest'anno avranno luogo conferenze bibliche, con la partecipazione di esperti di diverse confessioni, ed altre iniziative comuni. Una fede cattolica matura richiede una buona conoscenza della Sacra Scrittura sotto la guida del magistero della Chiesa. Ma richiede anche il coraggio di trasmettere esplicitamente la nostra fede in un ambiente spesso stanco e secolarizzato. Riscoprire la Bibbia in Europa vuol dire anche riscoprire le nostre radici culturali e morali. San Paolo è per noi simbolo del dinamismo missionario e santo patrono del nostro lavoro per l'annuncio della fede.
In Ungheria c'è una crisi politica. Quale ruolo ha la Chiesa nella società attuale?
Certamente la Chiesa non può e non deve essere un partito politico, e neanche una delle parti in causa nel gioco politico di ogni giorno. La Chiesa ha la missione di essere granello di senape e lievito. Deve toccare il cuore delle persone, deve trasmettere e applicare umilmente il Vangelo di Cristo nelle circostanze della vita quotidiana. Quanto alla giustizia sociale, ai diritti dell'uomo, al pericolo di alienazione nella società e alla distruzione dell'ambiente, la Chiesa pronuncia con chiarezza la sua dottrina sociale, anche grazie al Compendio che ora è disponibile in lingua ungherese. Organizziamo convegni per la sua spiegazione ed applicazione. Ultimamente abbiamo organizzato un convegno importante sul "bene comune" patrocinato insieme con il presidente della Repubblica. Lo sfascio della visione d'insieme della realtà, tipico di molti contemporanei, può distruggere anche il senso di responsabilità e di solidarietà, valori fondamentali per la società.
Mercoledì 7, celebra insieme con i vescovi ungheresi una messa nella basilica di Santa Balbina in Roma nell'anniversario della morte del cardinale Mindszenty. Che eredità ha lasciato alla Chiesa e al popolo ungherese la testimonianza del porporato?
Tutta la Conferenza episcopale celebra questa messa a Santa Balbina e prega per la beatificazione del cardinale. È una celebrazione che è diventata tradizionale sin dal 1991, sia a Esztergom che a Roma. L'eredità di Mindszenty, intrepido testimone del Vangelo e difensore dei diritti umani, rimane un tesoro spirituale non soltanto per l'Ungheria, ma anche per la nostra regione e per molti cristiani del mondo.
Il problema della carenza di vocazioni è una delle urgenze per l'Ungheria. Negli ultimi tempi lei ha affidato delle parrocchie anche ad alcuni sacerdoti stranieri. Che progetti avete per risolvere il problema?
In Ungheria le vocazioni sacerdotali sono poche, a causa del crollo demografico generale, ma anche per la secolarizzazione diffusa. Abbiamo promosso un lavoro pastorale intenso per i chierichetti. Da decenni teniamo ogni primo giovedì del mese una serata di adorazione e di preghiera per le vocazioni sacerdotali. I seminari organizzano giornate su questo tema, ma le vocazioni più numerose provengono dal contatto personale con sacerdoti esemplari e motivati. Le vocazioni religiose sono ancora più scarse di quelle diocesane. Abbiamo progetti di scambio o di invito di sacerdoti fidei donum con alcune diocesi polacche e anche con la comunità sacerdotale di San Carlo Borromeo in Italia.
La Conferenza episcopale ungherese sta promuovendo relazioni più strette con le Chiese limitrofe. Cosa intendete proporre con questi nuovi rapporti mitteleuropei?
Abbiamo incontri annuali con la Conferenza episcopale croata e con quella slovacca e stiamo preparando un'iniziativa del genere anche con la Conferenza episcopale della Romania. Ci sono poi incontri, sia pure meno frequenti, con quella dell'Austria. Altre Conferenze invitano un nostro delegato alle loro sessioni plenarie: per esempio, Italia, Francia, Polonia e la Conferenza episcopale internazionale dei santi Cirillo e Metodio, nei Balcani). Con altre Conferenze abbiamo rapporti occasionali. La Chiesa cattolica deve essere promotrice della riconciliazione dei cuori nella società e tra i diversi popoli, deve poter rafforzare la solidarietà e la comprensione, e anche contribuire alla purificazione della memoria. Per questo abbiamo fondato a Esztergom un centro di ricerca mitteleuropeo, dove ricercatori cattolici ungheresi, slovacchi, polacchi, cechi ed altri lavorano insieme per tracciare un quadro più ricco, più vero e riconciliato della nostra storia comune. Esistono inoltre molti scambi di esperienze pastorali e sociali, molte sfide comuni e specifiche per la nostra regione, che devono essere affrontate congiuntamente da vescovi, sacerdoti e fedeli di tutti questi paesi in un mondo in profondo cambiamento.
Quali sono oggi le priorità pastorali della Chiesa ungherese?
Abbiamo già parlato di molti punti importanti. Bisogna aggiungere a questi anzitutto la promozione e la difesa della vita e della famiglia. Poi, l'aiuto ai più bisognosi: ultimamente, per esempio, è stato realizzato sotto forma di aiuto parrocchiale e diocesano a coloro che non possono comprare le medicine necessarie per la loro salute. Un'altra sfida e priorità è la missione e l'assistenza ai rom, comunità portatrice anch'essa di notevoli valori culturali e umani, a volte poco conosciuti dal resto della società. Ancora un'altra sfida è la ripresa del dialogo con il mondo della cultura e della scienza. Questo dialogo è stato interrotto con forza durante il comunismo. Adesso invece riprende soprattutto grazie all'opera dell'Università cattolica e all'apertura di molti intellettuali.
(©L'Osservatore Romano - 7 maggio 2008)
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