25 luglio 2008
Immagini, documentari e rarità nell’allestimento “Il Concilio in mostra”. Intervista ad Alberto Melloni (Radio Vaticana)
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Su segnalazione del nostro amico "anonimo teologo" leggiamo:
Immagini, documentari e rarità nell’allestimento “Il Concilio in mostra” che si apre oggi a Roma. Il racconto dell’evento che cambiò la Chiesa contemporanea
Pannelli didascalici, manoscritti, foto, interviste e autentiche rarità, come la spiegazione della Pacem in Terris di Giovanni XXIII attraverso la voce dello stesso Papa. E’ quanto si può trovare visitando l’allestimento “Il Concilio in mostra” che si apre oggi a Roma. Un’esposizione che attinge alle immagini della RAI per raccontare l’evento – il Concilio Vaticano II - che cambiò il volto della Chiesa contemporanea. Benedetta Capelli ne ha parlato con il curatore della mostra, il prof. Alberto Melloni, docente di Storia contemporanea all'Università di Modena e Reggio Emilia:
R. - Il Concilio Vaticano II, tra le tante caratteristiche che ha avuto, ha anche quella di essere stato il primo Concilio dell’era della televisione. E’ molto interessante vedere, in questo immenso giacimento che sono le "Teche Rai", le centinaia e centinaia di ore che la tv dedicò al Concilio e che sono, per un verso, un modo molto originale di rappresentarlo ma anche un modo con il quale il Concilio stesso ha preso coscienza delle sue dimensioni, della sua varietà. A partire da episodi conosciuti: come l’intervento del giurista Mortati in televisione durante la prima sessione, quando si votava lo schema sulla Rivelazione, oppure quello dell'allora padre Roberto Tucci (oggi cardinale, ndr) quando spiegava, in maniera molto limpida, cosa era accaduto in Concilio e come era maturato un risultato positivo per il Concilio e per la Chiesa.
D. - Come è articolata questa mostra?
R. - La mostra tende semplicemente a ricordare lo scorrere del tempo del Concilio. Noi, molto spesso, tendiamo ad identificare il Concilio con un corpus di documenti che sono i testi approvati, le norme che sono state stabilite, come se fossero nati tutti in un momento. In realtà, quegli atti sono nati all'interno di un percorso durato vari anni, fatto di intensissimo lavoro per un’assemblea sterminata: l’unica assemblea di "pari" che si sia mai radunata sul pianeta terra.
D. - L'allestimento che getta anche una luce sulla funzione della televisione, fino a quel momento giovane, ma di grande impatto pedagogico...
R. - Questo senz’altro, perchè riesce a far vedere come, in un momento in cui l’immagine poteva essere usata con un elemento di candore purificante, i media potevano essere uno strumento di comunicazione della verità e del modo in cui la Chiesa comprendeva se stessa. Questo è stato il grande merito di una RAI a canale unico, che ha davvero consentito a tanta parte della Chiesa - dal Papa fino all’ultimo dei vescovi - di rappresentarsi. In una certa misura, questa televisione fa anche vedere che cosa fu quello che poi Giovanni Paolo II definì la “grande grazia del Concilio”. Il perché Wojtyla usava questa espressione della grazia, sta nel fatto che, anche attraverso il sistema televisivo, si coglie questo elemento di grande speranza, di fiducia nel Vangelo e al tempo stesso nell’umano, che ha animato quella che rimane una tappa fondamentale della Chiesa cattolica e del secolo XX.
D. - Possiamo dire una Chiesa, fino ad allora invisibile, che poi si è resa invece visibile, si è mostrata?
R. – Si scopre, ad un certo punto, una dimensione davvero planetaria. Più in generale è la comprensione che il Papa è certamente la guida e il pastore della Chiesa universale ma che accanto a lui c'è l’esperienza dei vescovi. Nell'esperienza dell'episcopato c’è qualcosa che parla interamente e pienamente di quella che è la cattolicità che, in fondo, era quello che poi nel Vaticano II viene chiamata la Collegialità episcopale.
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