10 luglio 2008
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La Chiesa in movimento
Nuove nomine, vecchie missioni
di Stefano Fontana
Molti si sono chiesti il significato di alcuni cambiamenti ai vertici della Conferenza episcopale italiana, soprattutto dopo che il cardinale Camillo Ruini ha lasciato prima la presidenza dei Vescovi italiani e poi il vicariato di Roma. Ipotesi e supposizioni varie si sono anche appigliate ad un famoso intervento del Segretario di Stato Tarcisio Bertone che, all’indomani della sua nomina, aveva detto che i rapporti con lo Stato italiano sarebbero stati tenuti dalla Segreteria di Stato. La cosa fu interpretata come una delegittimazione del ruolo politico della CEI e una riduzione della funzione dell’episcopato italiano e del suo presidente ad un semplice ruolo pastorale. Sicché quando Benedetto XVI ha nominato proprio vicario nell’Urbe il cardinale Agostino Vallini, considerato un pastore, molti hanno trovato conferma di questo paradigma.
Non è forse Benedetto XVI a dire continuamente che la Chiesa non fa politica? Ora la politica la farà il cardinale Bertone mentre a Bagnasco e a Vallini rimarrà la pastorale.
Questa tesi, però, a ben vedere non regge. Prima di tutto bisogna capire bene i diversi ruoli. Quando il cardinale Bertone disse che i rapporti con lo Stato italiano li avrebbe tenuti lui, non disse nulla di nuovo. E’ così con tutti gli Stati del mondo, altrimenti a cosa servirebbero i Nunzi? I rapporti istituzionali tra la Santa Sede e gli Stati sono tenuti della diplomazia vaticana, guidata dal Segretario di Stato.
Quanto poi al Vicario del papa per la diocesi di Roma, è facile capire che non ha nessuna funzione politica, ma esclusivamente pastorale. La nomina di un pastore al posto di Ruini non può quindi venire interpretata come la scelta pastorale contro la scelta politica. Il vicario è il vescovo di Roma al posto del papa, guida i sacerdoti, anima e orienta la vita pastorale della diocesi, fa il Gran Cancelliere dalla università Lateranense in vece del papa, ma non ha nessun ruolo politico. Perché, quindi, stupirsi se a quel posto è stata collocata una persona dalle spiccate virtù pastorali?
C’è poi il cardinale Bagnasco, che ha sostituito Ruini alla Cei. Questo non è un ruolo direttamente politico, come quello del Segretario di Stato o del Nunzio, ma riguarda anche la politica per tutte le questioni di etica personale e sociale che stanno a cuore alla Chiesa e che sono tangenti alle scelte politiche dei governi. Sulla continuità di Bagnasco rispetto a Ruini e sulla continuità di ambedue rispetto a Benedetto XVI non ci possono essere dubbi. Sui temi della famiglia e della vita la Chiesa italiana continuerà sulla medesima strada e non concederà una virgola. E’ fare politica o pastorale? E’ fare pastorale su terreni a forte impatto politico e Bagnasco non abbasserà la guardia perché il cardinale Bertone ha detto che i rapporti con lo Stato li cura lui: sono ambiti diversi.
Se poi andiamo a vedere altre due importanti nomine di italiani alla Santa Sede, troviamo conferma di una continuità di prospettiva e dell’Italia scelta come punto di partenza di una pastorale nuova, come il papa aveva del resto detto chiaramente al convegno ecclesiale di Verona.
Mi riferisco alla nomina di Gianfranco Ravasi al Pontificio Consiglio della Cultura al posto del cardinale Poupard, e a quella di Mons. Fisichella alla Pontificia Accademia per la Vita. La prima è finalizzata ad attuare una pastorale e una politica vaticana della cultura incisiva e a 360 gradi. Basta vedere cosa è diventato “L’Osservatore romano”, da giornale di Curia a quotidiano ad ampio spettro e grande profondità. La seconda valorizza ulteriormente una figura ecclesiale e culturale, come quella di Mons. Rino Fisichella, noto per la sua indisponibilità a cedimenti sulle questioni non negoziabili e critico verso tanti atteggiamenti concilianti con una generica etica del mondo, a cominciare dalle marce della pace.
Questa serie di cambiamenti dimostra che sul piano istituzionale i rapporti con l’Italia sono tenuti dalla Segreteria di Stato, come deve essere. Ciò però non vuol dire che la Chiesa italiana rinunci ad essere soggetto critico anche della politica sui temi scottanti della vita e della famiglia. L’idea di una ripresa di un ruolo pubblico del cristianesimo è tra gli assi portanti di questo pontificato e in molte recenti nomine si vede la coerenza di questo disegno.
© Copyright L'Occidentale, 10 luglio 2008
Una cosa e' piu' che sicura, cari amici: Benedetto XVI e' il primo Papa veramente apolitico dopo decenni!
Fa ridere, quindi, l'accusa di ingerenza rivolta proprio a lui, che ha ribadito piu' volte che Chiesa e politica hanno compiti diversi.
Dispiace che i media soffino sempre sul pregiudizio cosi' come dispiace che spesso i vescovi permettano che sia il Papa a portare da solo una croce che dovrebbe essere collegiale.
Ma, si sa, la collegialita' viene sempre invocata quando fa comodo...magari per non applicare un documento pontificio.
Quando c'e' da contestare si contesta e quando c'e' da manifestare un minimo (una piccola nota, una piccolissima riflessione) di solidarieta' si sta in silenzio?
Scusate l'acidita' ma sono molto irritata per gli assordanti silenzi di queste ore. E' troppo comodo parlare solo quando cio' puo' fare piacere ai giornali e tacere quando l'argomento e' scottante.
E siamo a tre: Ratisbona, Sapienza e ora Piazza Navona.
R.
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1 commento:
Sono d`accordo con te il silenzio dei vescovi quando avrebbero dovuto parlare per manifestare la loro solidarietà e vicinanza al Papa è stato assordante, silenzio dopo Ratisbona, silenzio dopo la Sapienza, silenzio dopo il battesimo di Magdi Cristiano Allam silenzio oggi dopo piazza Navona....
A parte qualche lodevole eccezione.
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