30 agosto 2008

India, la caccia ai Cristiani non smuove l'Occidente (ed i media!). Vabbè...non siamo il Tibet! Da "Il Timone"


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INDIA, LA CACCIA AI CRISTIANI NON SMUOVE L'OCCIDENTE

Questa notizia è dedicata soprattutto a coloro che si informano soltanto attraverso il TG1 delle 20. Costoro infatti, ancora non sanno che in India, più precisamente nello stato dell'Orissa, si è scatenata la caccia al cristiano da parte dei fondamentalisti indù.

Finora il bilancio parla di 14 morti, una cinquantina di chiese distrutte, centinaia di case bruciate o distrutte, villaggi messi a ferro e fuoco, decine di migliaia di sfollati. Le violenze anti-cristiane in Orissa vanno avanti da molto tempo, ma l'ondata scatenatasi in questi giorni non ha precedenti. Ad innescarla la morte di un leader religioso indù, pretestuosamente attribuita ai cristiani proprio per scatenare la reazione. A fomentare le violenze sono i gruppi estremisti indù, che mescolano il fondamentalismo religioso al nazionalismo più estremo, ma le autorità locali appaiono compiacenti mentre il governo centrale non sembra avere né la forza né la volontà di fermare le violenze.

Per questo motivo la Chiesa indiana ha ieri chiuso per protesta le 25mila scuole cattoliche dell'India, un pilastro del sistema educativo indiano. “La protesta intende ricordare la carneficina dei cristiani nell’Orissa – sottolinea il card Osvaldo Gracias, presidente della Conferenza episcopale indiana, in un articolo pubblicato da Asia News – acuita dall’incapacità del governo centrale di fermare le violenze, mentre nel Paese monta un sentimento anti-cristiano e i fedeli sono torturati e uccisi”. Il prelato afferma di voler mandare “un segnale chiaro” non solo all’India, ma in tutto il mondo sull’importanza della presenza della comunità cristiana, da sempre in prima fila “nel sociale, nell’educazione e nell’opera di assistenza verso i bisognosi”. Un’opera ancora più significativa in India perché “non tiene conto della differenza di casta” e abbraccia “tutta la popolazione”.

Ed è proprio quest'ultimo uno dei motivi fondamentali dell'odio anti-cristiano, la minaccia che la presenza cattolica porta a quella forma di schiavitù che è il sistema delle caste, difeso con forza dai gruppi nazionalisti indù.

Se ne parlerà più diffusamente nel numero del Timone di settembre-ottobre, ma intanto invitiamo tutti i nostri lettori a manifestare solidarietà con i cattolici indiani, sia con la preghiera sia con la diffusione delle informazioni, che sulla stampa occidentale passano con il contagocce.

Del resto lo sappiamo già: le violenze contro i cristiani non smuovono le coscienze, non mobilitano i media e le star dello spettacolo e dello sport. Che diamine, non siamo mica il Tibet!

Tocca comunque a noi per primi mostrare solidarietà ai nostri fratelli nella fede. Nel modo più concreto che esista: con il digiuno e la preghiera. Segnaliamo per questo l'iniziativa dell'istituto missionario PIME a Milano, una veglia pubblica di preghiera e digiugno che si terrà il 5 settembre, giorno della festa liturgica della beata Madre Teresa di Calcutta. L'appuntamento è per le ore 18 nella chiesa di San Francesco Saverio in via Monterosa 81, a MIlano.

© Copyright Il Timone, 30 agosto 2008

Per correttezza aggiungo che nemmeno il Tg5 si e' distinto per l'informazione sul massacro dei Cristiani in India: qualche notiziola ma spesso nemmeno il servizio.
Molto meglio il Tg2.
A parte "Repubblica" e "Il Giornale", oltre ad "Avvenire" ed "Osservatore", la stampa e le televisioni italiane si sono distinte per assenza
.
Come sempre, dobbiamo affidarci ad internet, ormai e' un dato consolidato.
A proposito di Tibet, non ho ancora sentito levarsi la voce del Dalai Lama. Eppure i suoi collaboratori chiesero a gran voce l'intervento del Santo Padre a difesa della "loro" liberta' religiosa pur sapendo che in Cina i Cattolici sono perseguitati quanto i Tibetani.
I media allora criticarono il presunto silenzio del Papa per poi restare scornati (come sempre) quando la voce di Benedetto XVI si alzo' forte e chiara.
Come mai, ora, non sollecitano una presa di posizione del Dalai Lama?

R.

3 commenti:

Luisa ha detto...

In un commento più sotto dicevo che spetta a noi cattolici "di base" muoverci e far sentire la nostra voce, sì dobbiamo far sentire la nostra solidarietà ai nostri fratelli cristiani perseguitati e non solo in India.
Se contiamo sui media, potremo aspettare a lungo, il loro è un silenzio assordante e , direi, irresponsabile .
Da voi in Italia almeno la notizia è data, con poca rilevanza ma è data, in Svizzera, in Francia, i media tacciono ( a parte lodevoli eccezioni cattoliche), ma hanno dato grande spazio alla visita del Dalai Lama in Francia....e adesso ci tengono aggiornati sul suo stato di salute, dei cristiani massacrati in India, laddove si trova ospitalizzato il Dalai Lama, e chi senefrega?

Luisa ha detto...

Vi prego di scusare , il mio "chi senefrega" che non è molto corretto, ma la scelta del silenzio da parte dei media occidentali, anche se non dovrebbe stupirmi, non mi lascia presagire nulla di buono .
Ho detto che il loro silenzio è irresponsabile ma in realtà la loro è una scelta, frutto di una volontà, di una riflessione, hanno coscienza del loro potere e scelgono di ignorare le morti e violenze subite dai cristiani.
Forse verrà un giorno in cui non potranno più ignorarle, forse verrà un giorno in cui taceranno ma non più per libera scelta.

euge ha detto...

Cara Luisa, purtroppo, già immaginavo che come al solito si sarebbero usati due pesi e due misure nel trattare questi episodi di violenza inaudita contro i cristiani in India. Diciamo, che ormai la caccia al cristiano è diventato uno sport addirittura internazionale. Proprio l'altra sera a casa mia, ( li trovo tutti io questi soggetti), ho avuto modo di rendermi conto di quanto veleno ci sia contro i cristiani in generale per non parlare della chiesa e di tutto ciò che la riguarda. Sono rimasta a dir poco sconcertata, amareggiata e quello che mi scoccia di più è sentirmi impotente contro tanta cattiveria, astio ed odio.
Era chiaro fin dall'inizio, che nessuno si sarebbe interessato a queste persecuzioni, con la stessa passione e veemenza con cui ci si è preoccupati e prodigati per il Tibet; ribadisco che il mio non vuole essere un confronto sterile soltanto polemico ma, la realtà è questa e non si può far altro, che prenderne tristemente atto.