11 settembre 2008

Il risveglio di Genova nel nome di Siri (Baget Bozzo)


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Il risveglio di Genova nel nome di Siri

GIANNI BAGET BOZZO

Il cardinale Giuseppe Siri e il cardinale Angelo Bagnasco sono ambedue genovesi e sono divenuti, l’uno e l’altro, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana.
La personalità del cardinale Siri ebbe un ruolo nella Chiesa nei tempi del Concilio, ma soprattutto nei tempi del postconcilio. Scopo fondamentale della sua azione fu quello di affermare che il Vaticano II manteneva come vincolante la tradizione della Chiesa e quindi non poteva essere presentato come un nuovo inizio, il principio di una Chiesa diversa da quella che essa era stata nell’epoca moderna. Comprendere il moderno non significava farne il criterio di lettura e di interpretazione delle unità della tradizione nel tempo.
La sua ferma posizione servì a mantenere i molti cattolici nella Chiesa conciliare e a permettere che l’opera di Paolo VI, tesa a mantenere intatta l’autorità del Papa sulla Chiesa, ottenesse il consenso universale del Concilio e del postconcilio, evitando un uso alternativo alla tradizione del concetto di collegialità.
Il clero e il laicato cattolico genovese sostennero anche posizioni diverse più sensibili al tema dell’aggiornamento come programma iniziale del Concilio, basti pensare alle figure e alle opere di ecclesiastici genovesi come Emilio Guano e Franco Costa. Nonostante la grande considerazione che per Siri ebbero i papi del Concilio e del postconcilio, la diocesi genovese sembrò segnata dalla posizione sull’arcivescovo e quindi come una resistenza al rinnovamento globale voluto dal Vaticano II. Per questo Genova non ebbe più nel suo clero candidati alla dignità episcopale in Italia.
Le cose cambiarono con il pontificato di Benedetto XVI, che formalizzò la posizione del Papato circa il Vaticano II, sostenendo che vi erano due letture del Concilio: una che lo vedeva come rottura e un nuovo inizio e l’altra come continuità della tradizione.
Ciò dava riconoscimento alla lettura che era stata propria del cardinale Siri. E da allora le nomine degli ecclesiastici genovesi alla dignità episcopale o a incarichi della Santa sede sono divenute uno degli elementi significativi dell’attuale pontificato. La nomina del cardinale Bagnasco agli stessi incarichi che furono del cardinale Siri indica un riconoscimento che la differenza genovese, come risultava dal lungo episcopato di Siri, era un fatto positivo. Essa ha posto l’accento sull’identità della Chiesa in se stessa, sulla sua dimensione essenziale di parole e di sacramento, sulla novità reale della grazia.
Con Angelo Bagnasco un genovese ritorna a dirigere la Chiesa di Genova e al tempo stesso la Chiesa italiana. I tempi sono grandemente diversi e nel mondo occidentale vi è la tendenza a definire questo tempo come postcristiano in cui il Cristianesimo vale come memoria e non più come interpretazione del mondo e dell’uomo.
Genova e l’Italia rappresentano ancora un’eccezione rispetto a questo clima, il Papa e la Chiesa sono ancora riconosciuti come autorità storica e invocati come capacità di dare letture del tempo tecnologico del mondo e della società globale. Ciò comporta un elemento di contrasto con una visione postcristiana del mondo che nel nostro Paese non è dominante.
E conduce a porre l’accento sulla Chiesa in se stessa, sull’identità della persona che il Cristianesimo ha rivelato al mondo. Non a caso la liturgia come espressione della Chiesa nella sua pienezza fu così cara al cardinale Siri come a papa Ratzinger e torna nelle tematiche di governo del cardinale Bagnasco. Egli può dire di governare ancora una Chiesa di popolo, una realtà rara in Europa. E forse il fatto che la Chiesa italiana, grazie anche al cardinale Siri, abbia manifestato con tanta chiarezza il suo sentimento della differenza ecclesiale ha mantenuto una dimensione popolare come caratteristica propria.

© Copyright La Stampa, 11 settembre 2008 consultabile online anche qui.

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