10 settembre 2008

Card. Tauran: "La predilezione di Joseph Ratzinger per la Francia". Intervista sul viaggio del Papa e sulla condizione dei Cristiani in India


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DI GIANNI CARDINALE

Il cardinale Jean-Louis Tauran è at­tualmente l’unico cardinale france­se a ricoprire un incarico nella Cu­ria romana, dove presiede il pontificio Consiglio per il dialogo inter-religioso. È in questa duplice veste, di porporato transalpino e di responsabile vaticano per i rapporti con le religioni non cri­stiane, che Avvenire lo ha intervistato.

Eminenza, è stata una estate dramma­tica per i cristiani in India e anche per il dialogo inter-religioso. Lei poco pri­ma dell’esplosione di violenza verso i cattolici nella regione di Orissa era sta­to a Nuova Delhi per ordinare vescovo un nuovo rappresentante pontificio…

In effetti sono andato a imporre le ma­ni su Ambrose Madhta, nuovo nunzio in Costa d’Avorio. Nell’occasione ho a­vuto modo di incontrare due delegazioni di leader indù che si sono mostrati molto aperti al dialogo con i cristiani. Nessuno dei due mi ha fatto cenno a pro­blemi tra la loro religione e la Chiesa.

I vescovi indiani le erano sembrati preoccupati per i rapporti con l’induismo?

No all’epoca no, almeno da parte dei vescovi di quella parte dell’India. Io mi sono recato nella capi­tale federale e a Lucknow, nell’Uttar Pradesh, dove i cattolici sono una infima minoranza: settemila su oltre 25 milioni di abitan­ti. Ho percepito comun­que che tra noi e gli indui­sti c’è necessità di ap­profondire la conoscenza reciproca e quindi ho de­ciso che l’anno prossimo mi recherò in India per cercare di colmare questa lacuna.

Quale valutazione dà dei tragici fatti di Orissa?

Credo che le persecuzioni dei fondamentalisti indù nei confronti dei cristiani siano dettate più da moti­vazioni politiche e sociali che genuinamente reli­giose. Detto questo, è compito delle autorità locali e federali impedire che ciò avvenga e anche i lea­der religiosi hanno il grave compito di calmare gli animi e promuovere un au­tentico rispetto della libertà religiosa di tutti.

Forse la grande attenzione dedicata al mondo islamico, ha messo un po’in se­condo piano il dialogo con le grandi tradizioni religiose dell’Estremo O­riente…

In effetti è così. E anche per questo il prossimo anno cercherò di fare in mo­do che l’attenzione dell’attività del no­stro dicastero si focalizzi su queste gran­di religioni. Così oltre ad un viaggio in India è in programma anche una visita nel Giappone.

E in Cina?

Per ora no. Ma non poniamo limiti alla Provvidenza. Comunque un ulteriore segnale del nostro interesse per l’Asia è mostrato la scelta di nominare un thai­landese nell’incarico di sotto-segreta­rio di questo dicastero.

Riguardo ai rapporti con l’islam, qual è la situazione?

L’incontro di Madrid promosso dal re dell’Arabia saudita tra il 16 e il 18 luglio è stato importante. Innanzitutto perché è stato trilaterale – ebrei, cristiani e mu­sulmani– e con la partecipazione anche di esponenti di altre religioni orientali. E poi anche per alcune delle conclusio­ni cui è pervenuto.

Cioè?

Sono state sottolineate l’unità della fa­miglia umana, perché siamo stati crea­ti dallo stesso Dio; la necessità che ogni credente faccia prevalere la sua parte buona e non quella cattiva; che la di­versità delle culture è una ricchezza; la necessità di rispettare i simboli delle di­verse religioni; l’importanza della fami­glia; la necessità di dare ai giovani una solida formazione morale; la necessità di proteggere l’ambiente. Tutti punti po­sitivi.

Ma, …

Purtroppo non si è fatto cenno alla li­bertà religiosa, compresa la possibilità di poter cambiare religione, né alla que­stione della reciprocità. Poi, un comu­nicato finale è stato fatto approvare sen­za che noi fossimo stati consultati e coinvolti. In questo documento infatti si chiede all’Onu di farlo proprio con u­na risoluzione. Il che non ci trova con­cordi, perché un simile documento ha valore in sé e non ha alcun bisogno del­l’appoggio dell’Onu. È un documento strettamente religioso.

Il battesimo di Magdi Allam in San Pie­tro, amministrato dal Papa la notte del­la veglia pasquale, ha provocato rea­zioni negative nel dialogo con l’Islam?

Debbo confessare che nei colloqui a­vuti con i leader islamici nessuno me ne ha fatto cenno. Né ha comportato problemi per la preparazione del primo Seminario del Catholic-muslim Forum previsto per gli inizi di novembre. Solo un incontro bilaterale è stato postici­pato. Complessivamente quindi non ci sono state le reazioni negative che pu­re si temevano.

Eminenza, venerdì Benedetto XVI par­te per la Francia e lei, insieme ai cardi­nali Roger Etchegaray e Paul Poupard, farà parte del seguito papale. C’è chi ha scritto, lo ha fatto John L. Allen jr del National Catholic Reporter, di un Rat­zinger francofilo (far too pro-French). Cosa pensa di questa definizione?

Devo dire che il Papa parla un francese splendido, senza inflessioni teutoniche, ed elegante. Di una eleganza rara anche tra i miei connazionali. Della predile­zione particolare di Ratzinger per la Francia poi sono testimone, per così di­re, oculare.

In che senso?

L’11 maggio 1998 l’allora ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, Jean­Louis Lucet, consegnò all’allora cardi­nale Joseph Ratzinger le insegne di Commendatore dell’Ordine della Le­gion d’onore. La cerimonia si svolse a Villa Bonaparte. Ed io ero presente. Rat­zinger fece un breve ma denso discor­so in cui manifestò tutto il suo amore per la Francia, per la Chiesa di Francia, per la cultura francese. Il futuro pontefice confessò di essere sempre stato, nella sua giovinezza, «un ammiratore zelan­te della douce France, della dolce Fran­cia ». Poi citò tutti gli autori francesi che aveva letto: i cattolici Claudel, Berna­nos, Mauriac, Peguy, ma anche i laici A­nouilh e Sartre. Quindi parlò dei gran­di teologi francesi Congar, Danielou, Chenu e si dilungò lungamente su pa­dre de Lubac. Alla fine disse: «Mi felici­to con la Francia per queste grandi per­sonalità, ringrazio la Francia per il do­no della sua cultura umanista». E con­cluse con un commovente: «Viva l’ami­cizia tra la Francia e la Germania, Vive la France!».

Ha qualche altro ricordo dei legami tra la Francia e il cardinal Ratzinger?

Certamente. Mi viene in mente il di­scorso che tenne nel 1992 quando ven­ne accolto all’Académie des Sciences morales et politiques de l’Institut de France, come membro associato stra­niero. Si trattò di un elogio del suo pre­decessore nello scranno: Andrei Sacha­rov. Oppure la splendida conferenza che, come inviato speciale di Giovanni Paolo II, tenne a Caen nel 2004 in occa­sione delle celebrazioni per il 60° anni­versario dello sbarco delle truppe allea­te in Normandia col titolo 'Alla ricerca della pace'. Senza contare i tanti viaggi privati che Ratzinger a compiuto nel no­stro paese, come quelli nella abbazie di Le Barroux e Fontgombault. O una ce­lebre lezione tenuta alla Sorbona nel novembre 1999. Tutti avvenimenti che stanno a dimostrare la straordinaria pre­dilezione di Ratzinger per la Francia.

Quali saranno i temi che il Papa af­fronterà nell’imminente viaggio che lo porterà a Lourdes e Parigi?

Ovviamente non conosco i contenuti dei discorsi papali. È una visita pasto­rale e quindi la dimensione religiosa sarà preponderante. Credo comunque di sapere cosa si attende in Francia dal Papa. E cioè un discorso chiaro sulla sa­na laicità quando parlerà all’Eliseo e u­na parola illuminante sulla cultura nel suo intervento con il mondo accade­mico.

Lei stesso era stato favorevolmente im­pressionato dalle parole pronunciate da Nicolas Sarkozy in occasione della presa di possesso dello scranno di pri­mo canonico onorario del capitolo di San Giovanni in Laterano nel dicem­bre 2007. Come valuta i passi successi­vi del presidente?

Le parole erano state molto incorag­gianti. Debbo confessare però che, ad oggi, non sono seguiti fatti concreti. Il ri­conoscimento legale dei titoli di studio rilasciati dalle università e dalle facoltà ecclesiastiche, ad esempio, non c’è sta­to. Eppure era stato accennato in Late­rano e di per sé non sarebbe una riforma tanto complicata da attuare.

Qual è lo stato di salute della Chiesa di Fran­cia che incon­trerà il Papa?

Indubbiamente la pratica religiosa è molto bassa e la ca­renza di sacerdoti è drammatica. Il cri­stianesimo, contrariamente a quanto accade ancora in Italia, non incide sul­la vita pubblica, non ispira il pubblico dibattito. Ma ci sono piccoli segnali di speranza. Come una leggera ripresa del­le vocazioni, che a dire il vero è più ro­busta fra i tradizionalisti. Quest’estate poi da Lourdes sono arrivate delle bel­le notizie.

A cosa si riferi­sce?

In occasione del giubileo delle apparizioni c’è stato un grande afflusso di pelle­grini. Molti gio­vani, molte fami­glie con tanti bambini. Una testimonianza di fede ve­ramente commovente, di cui si sono ac­corti anche i mass media laici, che han­no trattato questo fenomeno con cu­riosità e rispetto. Senza sensi di supe­riorità e facili ironie come accadeva in passato. Il che, mi creda, per la Francia è un piccolo miracolo.

© Copyright Avvenire, 10 settembre 2008

1 commento:

Anonimo ha detto...

la ripresa delle vocazioni si ha solo fra i tradizionalisti e i lefebvriani.
i vescovi francesi ne prendano atto e smettano di ostacolare l'applicazione del motu proprio SP.
Alfio