5 settembre 2008

Il "sermone" di Ezio Mauro alla Chiesa ed ai Cattolici. Qualche riflessione...


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La Chiesa e i precetti dei teocon

di EZIO MAURO

C'E' PIU' di un segno dei tempi, per chi abbia voglia di leggerlo, nella piccola crisi tra l'Osservatore Romano e il Vaticano che si è consumata in questi giorni, attorno al tema cruciale degli ultimi istanti della vita umana.
I fatti sono chiari: il giornale della Santa Sede ha pubblicato un editoriale di Lucetta Scaraffia nel quale la storica - che fa parte del comitato nazionale di bioetica ed è vicepresidente dell'associazione Scienza e Vita - sosteneva che la morte cerebrale non può essere considerata la morte dell'essere umano, in quanto nuove ricerche "mettono in dubbio il fatto che la morte del cervello provochi la disintegrazione del corpo".

Poiché questa affermazione contraddice non soltanto le risultanze scientifiche comunemente accettate in ogni Paese moderno e la definizione di morte raggiunta quarant'anni fa ad Harvard da medici, giuristi ed esponenti delle religioni, ma la stessa dottrina ufficiale della Chiesa, abbiamo assistito ad un fatto inedito: per la prima volta nei 147 anni della sua storia l'Osservatore Romano è stato smentito dal portavoce del Papa, e il presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale della Salute, Cardinal Barragan, ha dovuto intervenire per spiegare che non c'è alcun mutamento nella linea della Chiesa: dopo sei ore di encefalogramma piatto, la dottrina cattolica accetta la dichiarazione di morte avvenuta e considera la donazione degli organi "un atto di grande carità verso il prossimo".

Fin qui la vicenda. Ma sarebbe sbagliato non riflettere su questo cortocircuito culturale e politico, sicuramente ridotto nelle sue dimensioni, e tuttavia fortemente simbolico per il significato e lo scenario in cui si compie. È probabilmente giunto il momento di dire che il grande ritorno della religione nel discorso pubblico e nello spazio politico (che fa parlare di una nuova stagione di post-secolarismo) non è avvenuto in Italia attraverso il "fatto" cristiano, e cioè il messaggio della rivelazione e del Credo, ma attraverso la precettistica e la dottrina sociale: nel presupposto che coincidano entrambe da un lato con la Verità (e dunque siano in grado di liberare potenziali di significato più profondi e duraturi delle verità laiche, tutte relative) e dall'altro con il diritto naturale, perché la Chiesa ha sempre sostenuto la sua competenza su tutta la legge morale, non solo quella evangelica ma anche quella naturale, in nome della connessione tra l'ordine della Creazione e l'ordine della Redenzione.

Il veicolo di questa riconquista è stato in realtà l'etica, cioè i precetti morali della Chiesa, trasformati quasi in una sovrastruttura della fede, capace di portare il cattolicesimo da religione delle persone a religione civile, come se le società democratiche non potessero ormai più bastare a se stesse per insufficienza di risorse morali, e dunque avessero bisogno di un supporto religioso alla stessa democrazia. In altri tempi e con altri significati, ma profeticamente, don Giussani aveva già parlato di "prevalenza dell'etica rispetto all'ontologia", con l'"avvenimento" cristiano messo in sottofondo. Il passo in più (proprio in questi ultimi anni, e più volte) è stato il tentativo di pretendere che la legge civile basasse la sua forza sulla coincidenza con la morale cattolica, con l'affermazione di fatto di una idea politica della religione cristiana, quasi un'ideologia, che non a caso è stata chiamata "cristianismo".

L'etica cristiana, la precettistica morale della Chiesa, sono dunque diventati in senso largo strumenti di azione politica, dando forma al disegno del Cardinal Ruini, quando sei anni fa vedeva il cristianesimo come seconda "natura" italiana, che proprio per questo può nella visione di sua Eminenza essere trasgredito solo da leggi in qualche modo contro natura, e perciò contestabili alla radice: senza più la distinzione classica tra la legge del creatore e la legge delle creature che è alla base della laicità di ogni Stato moderno.

Questa ideologizzazione morale del cristianesimo, dove la norma e il precetto parlano più del Credo e del Vangelo, ha recintato negli anni di potere del Cardinal Ruini un perimetro nuovo e vasto, inglobando gli atei devoti e la nuova destra paganizzante italiana: a cui la Chiesa ha fornito un deposito di tradizione profonda altrimenti inesistente e addirittura un fondamento di pensiero forte che la prassi vagamente idolatra del berlusconismo non era in grado di elaborare. Era la cornice di una moderna-antica cultura conservatrice per la post-modernità, ben oltre i confini del mondo democristiano ormai inabissato. Di più: era l'ipotesi di un Dio italiano che cammina nel Paese "naturalmente cristiano", che non aveva mai conosciuto una via nazionale al cattolicesimo.

Il ruinismo e la destra non hanno avuto bisogno di unioni pubbliche. Marciavano in parallelo, e la politica poteva permettersi di ignorare sia i comandamenti che la trascendenza accettando lo scambio concreto e terreno sui cinque punti indicati dal Cardinal Sodano nel suo personalissimo esame di maturità ai leader italiani: la vita, la famiglia, la gioventù, la scuola, la solidarietà. Il punto d'incontro è appunto l'etica dei precetti, l'idea che la legge morale della Chiesa tradotta in norma possa creare un'identità collettiva, superando l'idea del parlamento come luogo dove le leggi si fanno con l'unica regola della maggioranza, e ogni verità è relativa e parziale. Ma un altro punto d'intesa, che discende dall'accettazione di quella precettistica come regola naturale e civile, non soltanto religiosa, è il rifiuto comune della moderna religione europea del politicamente corretto, dell'adorazione "pagana" dei diritti, delle élite dell'Europa e della globalizzazione, del vecchio cuore socialdemocratico del Novecento, peraltro già in crisi per conto suo.

Oggi, in qualche modo, si rompono due anelli di questo mondo che tiene insieme vecchio e nuovo. Con Ruini è finita anche l'autonomia del ruinismo, questo potere disarmato ma costituente e fondativo di un'identità cristiano-conservatrice nazionale. Non soltanto la Cei ha cambiato il suo registro, insieme con la leadership. Ma soprattutto, la Segreteria di Stato ha ripreso in mano il rapporto con le istituzioni e con la politica italiana, restituendo l'Episcopato al suo compito tradizionale. Il sistema di relazioni con il mondo politico, l'elaborazione culturale della presenza cattolica nel nostro Paese - il "Dio italiano" - viene dunque riassorbito dal Vaticano, dove c'è oggi un Segretario di Stato, che con ogni evidenza non intende rilasciare deleghe.

Nemmeno - o forse sarebbe il caso di dire soprattutto - di tipo culturale, sul confine tra l'etica e la politica. Il richiamo all'Osservatore Romano lo conferma con chiarezza. L'etica è stata in questi anni un territorio di scorribanda, dove senza nemmeno mai pronunciare il nome di Dio la precettistica della Chiesa è stata usata come pretesto di lotta politica, via via estremizzandola oltre il limite: perché esiste pure un limite tra teologia e ideologia, tra dottrina e politica. Nell'ateo devoto, dopo aver incassato per anni la comoda devozione, la Chiesa riscopre l'ateo. Dunque, ancora una volta, vale il motto dell'Osservatore Romano: "Non praevalebunt". Ma forse oggi è lecito chiedersi: chi?

© Copyright Repubblica, 5 settembre 2008 consultabile online anche qui.

Ma quante analisi, quante dietrologie, quante interpretazioni!
Il dato e' uno solo: la religione cattolica non si e' rassegnata ad essere relegata in un angoletto, a finire nella sfera meramente privata.
Parla, spiega ed agisce alla luce del sole.
Con il Pontificato di Benedetto XVI la fede e la ragione camminano insieme e la Chiesa non fa politica, non ne ha alcun bisogno.
Certo! Ha il diritto ed il dovere di intervenire quando sono in gioco valori non negoziabili, ma non c'e' alcuna ingerenza.
Lasciamo stare il cardinale Ruini che sembra diventato il parafulmine di ogni critica.
Non posso fare a meno di notare che con una certa soddisfazione si registra il fatto che Padre Lombardi si sia subito attivato per precisare che l'articolo di Lucetta Scaraffia non cambia in nulla il Magistero della Chiesa in materia di trapianti.
Caro Mauro, tutto cio' evidenzia, a mio avviso, due elementi "storici" che, chiaramente, i giornali non hanno colto e non vogliono cogliere.
Innanzitutto e' chiarissimo che sul giornale cosiddetto del Papa trovano spazio piu' voci e questo e' un dato gia' importantissimo.
Da mesi sull'Osservatore scrivono teologi cattolici, vescovi, professori universitari, atei, rabbini, musulmani, anglicani...
E' l'editore di Giovanni Maria Vian, cioe' Benedetto XVI, che ha dato questa impostazione al quotidiano.
In un momento storico in cui i grandi quotidiani sono appiattiti sulle opinioni politiche (di destra o di sinistra) e sono piu' che altro allineati al mediaticamente corretto, e' un fatto che il giornale del Papa sia una voce libera, sicuramente piu' di altre.
In secondo luogo vorrei ricordare che quella di Padre Lombardi non e' una smentita all'Osservatore, ma semplicemente una precisazione che non sarebbe stata nemmeno necessaria se i media fossero piu' onesti.
Parliamoci chiaro: Padre Lombardi ha fatto in modo eccellente il suo lavoro.
Ha intuito immediatamente che sui giornali di mercoledi' l'articolo della professoressa Scaraffia si sarebbe trasformato ipso facto nella voce del Papa e, quindi, e' corso ai ripari costringendo i quotidiani a pubblicare anche la precisazione stessa.
Non si tratta, quindi, di una sconfessione, ma di una pura presa d'atto di una situazione drammatica: i media stravolgono, interpretano, creano polemiche ad arte ed e' necessario "tenerli a bada".
La Santa Sede ha piena fiducia nel direttore Vian, ma non nei media in generale.
Ecco perche' e' stato necessario correre ai ripari ed infatti il pallone (la notizia) e' sfuggita di mano ai bimbi (i giornali), che non hanno potuto attribuire al Papa la solita chiusura intellettuale che va tanto di modo quando si tratta di Joseph Ratzinger.
Delusi? Spero di no...
Nella Chiesa e sull'Osservatore si ospitano varie opinioni. I mass media possono dire la stessa cosa?
R.

4 commenti:

euge ha detto...

Carissima Raffaella a parte il fatto che come hai detto tu basta con la dietrologia e soprattutto basta fare sempre un parellelo assurdo tra la politica e le sue diverse correnti e la chiesa, la tua analisi non fa una piega.
Peraltro, proprio in un mio post ho manifestato la soddisfazione per il nuovo direttore Vian. Proprio in risposta ad un post di una utente, ho detto che il giornale del Papa in primis secondo me dave favorire le diversita di opinioni e deve affrontare e parlare di temi etici e di temi che riguardano la vita internazionale. Perchè, purtroppo, come sappiamo bene in questo blog e come tu hai fatto giustamente notare, troppe volte ormai non si contano più si da la colpa proprio a Benedetto XVI di portare la chiesa ad una chiusura; cosa che noi sappiamo bene non essere vera; anzi i più ampi dialoghi per esempio con i musulmani, con i cinesi e con gli ortodossi, si sono aperti proprio sotto il suo pontificato. Pertanto, credo sia opportuno, che anche i mezzi di comunicazione della Santa Sede, siano e diano la misura di queste aperture in ogni campo.
Per il resto, ho letto di corto circuito ed il solito Ruini tirato in ballo per la talare...........
Hai definito perfettamente questo articolo un " sermone" ma, un sermone fatto di dietrologia e di luoghi comuni come la tradizione giornalistica di certa stampa, implica.

mariateresa ha detto...

non mi piace nè questo sermone nè la particolare parrocchia di cui fa parte l'estensore.
Quanto al cardinale Ruini se ci fosse, nella politica italiana, un uomo del suo spessore e determinazione chi l'avesse si bacerebbe i gomiti dalla mattina alla sera. Un Gulliver in mezzo a degli omuncoli.

euge ha detto...

Cara mariateresa, ce ne fossero di persone come Ruini, Bagnasco ed il nostro Pontefice non saremmo arrivati a tanto sfacelo!

La tua definizione di Gulliver tra gli omuncoli rende perfettamente l'idea.

Anonimo ha detto...

In un primo tempo, all'uscita di questo articolo, la prima mia impressione non era stata del tutto positiva; infatti, pur prendendo atto di più voci nella chiesa, pensavo fino ad oggi che almeno il contenuto degli articoli dell'Osservatore Romano dovesse essere pienamente allineato al Magistero, alla "voce ufficiale" della Chiesa. Infatti, pensavo ancora, questa divaricazione di orientamenti avrebbe portato disorientamento tra i dei cattolici, , la maggior parte dei quali, me per prima, non sono in grado di focalizzare all'istante, su un determinato argomento, i documenti ufficiali del Magistero della Chiesa. Ma poi ci ho riflettuto, e ho realizzato che stavo in realtà travisando le cose: ciò che è accaduto è un segno della "Chiesa di Papa Benedetto", sostenuta dalla ragione, dal logos, aperta al confronto, non certo "arroccata" a tutti i costi su certe posizioni come fossero verità assolute, proprio in materia di scienza, ma come invece purtroppo continuano a dipingerla gli autori di certi sermoni come questo che commentiamo ora. Leggo nell'articolo di Mauro i soliti concetti come "l'ideologizzazione morale del cristianesimo" (sic!), poi (e come ti sbagli) attacchi al card. Ruini, pretese alleanze politiche stipulate dalle gerarchie ecclesistiche, etc. etc. E, a sorpresa, stavolta, in modo sotterraneo la difesa del Magistero ufficiale della Chiesa, perchè fa comodo i questo contesto. Insomma, in questo articolo secondo me sono contenute in sommo grado tutte le contraddizioni intrinseche dell'attuale pensiero "laicista", incapace di elaborare una visione delle cose che vada al di là delle logiche di schieramento politico-ideologico. In altri termini, si accusa la Chiesa di assolutismo, ma certe volte sono i cc.dd. paladini del relativismo ad essere arroccati e a rifiutare il confronto basato sulla ragione, dimostrando di non essere all'altezza di cogliere la vera originalità, modernità e profondità di visione della linea dell'attuale Pontificato ..Ciao a tutti. Carla