21 novembre 2007

Beatificazione di Antonio Rosmini: lo speciale di "Avvenire"


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TESTIMONE DELLA FEDE

Rosmini beato, «genio dell’800»

Ottomila fedeli domenica hanno affollato lo Sporting Palace per il rito presieduto dal cardinale Saraiva Martins, che ha definito il sacerdote roveretano «eco moderna dei Padri della Chiesa»

Alla celebrazione anche Corti, Bressan, Re, Poletto, Betori, Fisichella Flynn e tanti «suoi figli»

DAL NOSTRO INVIATO A NOVARA

PAOLO VIANA

«A dorare, tacere, godere» aveva sussurrato, lasciando questo mondo, all’amico Alessandro Manzoni. Centocinquant’anni dopo quel testamento spirituale, dopo una vita che «rifulse per santità» come ha ricostruito il postulatore don Claudio Papa, e dopo aver dato prova, per l’appunto tacendo dinanzi alle accuse con cui le sue opere finirono all’Indice, di quel «meraviglioso amore e attaccamento alla cattolica religione e all’Apostolica Sede» che gli riconobbe papa Gregorio XVI, per Antonio Rosmini Serbati è arrivato il giorno della gioia. Esplosa nel lungo applauso finale dei preti dell’Istituto della Carità, delle suore della Provvidenza e degli ottomila che hanno affollato domenica pomeriggio lo Sporting Palace di Novara per la beatificazione del filosofo di Rovereto, che denunciò le «cinque piaghe della Chiesa» e indicò la rotta al pensiero cattolico liberale, inaugurando, secondo molti, il fortunato filone del personalismo cristiano.
«Antonio Rosmini è stato il più grande genio speculativo della Chiesa dell’Ottocento » ha spiegato il prefetto della Congregazione delle cause dei santi, il cardinale José Saraiva Martins, insistendo, durante l’omelia, sulla caratura intellettuale del filosofo cattolico che più d’ogni altro credette nella riconciliazione tra la fede e la ragione, il cristianesimo e il mondo moderno: in questo senso, «Giovanni Paolo II nell’enciclica Fides et Ratio l’ha citato tra i grandi del pensiero cristiano contemporaneo e Benedetto XVI l’ha additato come modello alla comunità ecclesiale italiana».
Un gigante della fede e al tempo stesso un gigante del pensiero, senza che l’uno possa fare ombra all’altro. Il cardinale Saraiva Martins ha evidenziato a più riprese questa perfetta coincidenza, a partire dalla concezione di carità che uniforma le due congregazioni fondate dal sacerdote trentino nel Novarese, per concludere che «i Papi del suo tempo nelle doti intellettuali del Roveretano videro la chiara indicazione che egli avrebbe dovuto servire la Chiesa e l’uomo nell’elaborare un sistema di pensiero che fosse di fondamento alla fede».
Questa missione valse una condanna delle sue opere, revocata dalla Congregazione per la dottrina della fede nel 2001, ma lo rende estremamente attuale, anzi ne fa «un’eco moderna della voce dei grandi Padri della Chiesa » come ha detto significativamente il cardinale, celebrando il rito della beatificazione con il vescovo di Novara Renato Corti e l’arcivescovo di Trento Luigi Bressan, i cardinali Giovanni Battista Re e Severino Poletto, il superiore generale dei Rosminiani padre James Flynn, e altri 31 vescovi, tra cui il segretario generale della Cei monsignor Giuseppe Betori e il rettore dell’Università Lateranense monsignor Rino Fisichella.
Per tutti, Rosmini è il beato che aiuterà a «recuperare l’amicizia tra ragione e fede, fra religione, comportamento etico e servizio pubblico dei cristiani», come ha spiegato il cardinale Saraiva Martins. Senza nulla togliere alla sua dimensione spirituale – quella «fede vivissima», intravista già da san Giovanni Bosco e rievocata domenica da monsignor Corti, che ha condotto il nuovo beato a una «santità non puramente declamata» come ha spiegato Saraiva Martins –: la sua fede «pensata» è certamente un dono che gli italiani devono ancora scoprire pienamente. Lo ammettevano, al termine della Messa, il presidente del Senato Franco Marini («Per noi politici sarebbe utile leggere qualche sua pagina») e il ministro della Difesa Arturo Parisi («Rosmini è stato il profeta del rinnovamento della Chiesa e della società civile nazionale. Le due cose tra loro distinte e tuttavia profondamente intrecciate»), che hanno seguito il rito con l’ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. L’ha ribadito, lasciando lo Sporting Palace, il vescovo rosminiano Antonio Riboldi: «L’Italia ha un gran bisogno di carità intellettuale, perché non pensa più».

© Copyright Avvenire, 20 novembre 2007


«Una storia fatta d’amore»

«Chi oggi si accosta ad Antonio Rosmini, scopre con stupore una sorgente di acque lontane, ma limpide e salutari, capaci di rispondere alla nostalgia di valori smarriti ma necessari». Così don Valentino Salvoldi, docente di antropologia culturale all’Accademia Alfonsiana, istituto superiore di Teologia morale dell’Università del Laterano, introduce il suo «Antonio Rosmini », un piccolo volume dedicato al sacerdote proclamato beato domenica a Novara. Il libro, edito dall’Editrice Velar e distribuito in esclusiva dall’editrice Elledici (48 pagine, 3 euro) fa parte di una collana di pubblicazioni su santi e testimoni della santità e ripercorre le principali tappe del prete roveretano. Un percorso intessuto sul filo dell’«amore»: «storia dell’amore», infatti, è la Bibbia, secondo un’intuizione giovanile dello stesso Rosmini , ma è anche la sua vita, come suggerisce Salvoldi. E, ancora, «privilegiato frutto di un grande amore» è la stessa nascita del piccolo Antonio a Rovereto. Salvoldi racconta così i passi di Rosmini verso il compimento di quella santità che domenica a Novara ha trovato un sigillo. La stessa nascita dell’Istituto della carità viene descritta come espressione di «un amore universale». E in questa chiave il racconto continua con l’istituzione della congregazione delle Suore della Provvidenza.
Non mancano alcune pagine dedicate alle difficoltà cui il sacerdote trentino andò incontro a causa dei suoi scritti; ombre che Salvoldi indica come un «amore messo alla prova».
Una lettura semplice e agile, oltre a fotografie di testimonianze e di luoghi rosminiani, rende il volumetto di Salvoldi un fecondo omaggio a Rosmini , il «profeta obbediente».

© Copyright Avvenire, 20 novembre 2007


L’eredità negli scritti di Contardo Ferrini: «In quei luoghi ho capito il suo pensiero»

Non dovrebbe stupire che un «pensatore» come Rosmini venga riconosciuto dalla Chiesa come beato. Il suo pensiero, infatti, è cresciuto di pari passo con il suo impegno caritativo: un modello che anche dopo di lui si è realizzato in altri testimoni della fede dell’Ottocento. Un esempio ne è il beato Contardo Ferrini, studioso e giurista, nato a Milano nel 1859 (appena quattro anni dopo la morte di Rosmini ), è accomunato al prete roveretano non solo dall’impegno intellettuale ma anche dai luoghi. Morirà, infatti, nel 1902 a Suna, borgo di Verbania, su quel Lago Maggiore dove è spirato anche Rosmini . Ma ad arricchire il ricordo del legame tra i due beati è don Rino Bricco, che dal 1953 vive a Verbania, nella parrocchia di Madonna di Campagna, in quella Verbania dove molti conobbero il beato Ferrini.
Testimoni che don Bricco ha avuto la possibilità di incontrare di persona. Proprio il centenario dalla morte di Ferrini è stato l’occasione per ripercorrere la vita di questo testimone della carità che, come il padre e la madre, apparteneva alla Conferenza di San Vincenzo. In particolare, in occasione del centenario, è stato ripubblicato un piccolo opuscolo steso da Ferrini nel 1883 a Firenze, in cui lo studioso così commentava il pensiero di Rosmini : «Quando lessi nei volumi del grande Roveretano così eccelse e nuove verità ne ho ringraziato il Signore: l’eremo di Domodossola, il cilicio e la cella di Rovereto, la chiesuola di Stresa, m’hanno rivelato l’arcano».

© Copyright Avvenire, 20 novembre 2007


Il testo della preghiera

«Visse e testimoniò la virtù della carità»
Tra le iniziative per la beatificazione di Rosmini c’è anche una preghiera, approvata dal vescovo di Novara, Renato Corti, e offerta a quanti vogliano rivolgersi a Dio per intercessione del nuovo beato. Questo il testo: «O Dio, che per mezzo del figlio tuo ti sei degnato di riversare sulla terra la pienezza della carità, concedici, per intercessione del beato Antonio Rosmini che visse e testimoniò la triplice forma di questa virtù, di meritare il saper rifulgere d’amore come lui nell’intelligenza e nelle opere. Le nostre preghiere siano esaudite per la tua gloria e per il bene della nostra anima. Amen».

© Copyright Avvenire, 20 novembre 2007


«Interlocutore per i non credenti»

Paolo Viana

«I destinatari della beatificazione di Antonio Rosmini sono tre: i cristiani che coltivano la propria fede, i laici che cercano di tradurla nell’impegno socio-politico e i non credenti». È questo il giudizio di monsignor Renato Corti, vescovo di Novara, che al termine della celebrazione eucaristica, domenica sera, ha ricordato che «un pensatore così straordinario da comparire contemporaneamente nella storia della filosofia, nella storia della pedagogia e nella storia tout court, interpella i fedeli, che hanno capito che già nella sua vita quest’uomo era un santo, i laici cristiani adulti, che devono fare i conti ogni giorno con la realtà sociale e con tante questioni culturali che anche Rosmini ha affrontato e approfondito molto seriamente, ma anche chi si considera non credente, e che può trovare in Rosmini un interlocutore qualificato, che cercava la verità con tutte le forze e con una tale discrezione e un tale rispet- to per gli altri da poter essere considerato un valido compagno di viaggio per cogliere prospettive diverse dalle proprie». Purtroppo, ha commentato il vescovo di Casale Monferrato Germano Zaccheo, non aiuta questa comprensione del personaggio e del beato l’attenzione «molto deludente» prestata dai media in queste settimane. Monsignor Zaccheo ha sottolineato la superficialità con cui la cultura laica guarda a questo gigante del pensiero cattolico, di cui il vescovo di Novara ha sottolineato l’attualità per tutto l’Occidente. «Rosmini sospinge la Chiesa sulla frontiera di una fede capace di farsi carico dei problemi dell’uomo, in tutte le sue dimensioni – ha spiegato monsignor Corti –. Ci dice che la superficialità non è Vangelo » e può diventare «un amico e un compagno di strada» anche per i non credenti, poiché «fu sempre esempio di discrezione nei confronti degli altri, il che lo rende particolarmente vicino a chiunque sia in un atteggiamento autentico di ricerca».
Il peso di Rosmini nella società occidentale è stato analizzato al termine della celebrazione anche dall’arcivescovo Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato della Città del Vaticano, che sabato prossimo sarà creato cardinale da Benedetto XVI. «Rosmini ha cercato di infondere nella realtà culturale la luce di Dio e ha aiutato l’uomo ad accogliere questa luce – ha spiegato Lajolo, originario di Novara – ma, soprattutto, con quel suo ancoraggio alla Verità, cui non sfugge la stessa ragione, è un maestro nella lotta al relativismo che oggi ci affligge».
«Certo – ha aggiunto l’arcivescovo – se non ci fossero state tutte le incomprensioni che ci furono e Pio IX avesse deciso di farlo cardinale e Segretario di Stato come sembra che volesse fare, con un Rosmini in quella posizione forse la storia d’Italia sarebbe stata diversa. Probabilmente, non si sarebbe realizzato il federalismo come lui lo propugnava, ma forse con le sue formidabili intuizioni avrebbe individuato delle vie nuove. Ma la storia non si fa con i se...»

© Copyright Avvenire, 20 novembre 2007

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