14 novembre 2007
Rapporto Cisf: il 93 per cento degli Italiani ritiene "molto importante" la famiglia (88 per cento nel 1987)
Vedi anche:
Bindi attacca i Paolini, il rapporto Cisf e il Family day: famiglia, no a ideologie
Comunicato stampa della Rubbettino Editore: presentazione del volume “L’esprit d’Europe”
Cdl e divorziati: duello tra Casini e Mons. Fisichella
Un'ora serale di discussione libera nel prossimo Sinodo (ottobre 2008). Si tratta di una novità assoluta decisa da Benedetto XVI
Benedetto XVI: l'evoluzione? Non esclude il Dio Creatore
Creazionismo ed Evoluzionismo: le riflessioni di Benedetto XVI durante il seminario a Castel Gandolfo
IL PAPA SARA' PRESENTE A CELEBRAZIONI 150 ANNI SANTUARIO DI LOURDES
Mons. Monari: la liturgia deve occupare un posto centrale nella formazione dei sacerdoti
La mancanza di rispetto per i musulmani e le disubbidienze di don Aldo
Nuovo lezionario liturgico: lo speciale di "Repubblica"
NUOVA EDIZIONE DEL LEZIONARIO LITURGICO DELLA CHIESA ITALIANA: LO SPECIALE DEL BLOG
Padre Camisasca: Rosmini e Newman occupano un posto particolare nel programma di Pontificato di Benedetto XVI
Chiesa e Ici: Sandro Magister presenta l'articolo di Patrizia Clementi per l'Osservatore Romano
Cattolici in ripresa in Brasile: dopo anni di emorragia di fedeli, si assiste ad una concreta controtendenza
PAPA: NON MANIPOLARE IL NOME DI DIO PER FINI POLITICI
Sposati e soddisfatti. Felicità uguale famiglia
Il sociologo Donati: riconoscere ai nuclei familiari il loro «valore aggiunto»
DA MILANO ANTONELLA MARIANI
La famiglia al primo posto. Nella classifica delle cose più importanti della vita, gli affetti familiari restano saldamente in testa, anzi guadagnano terreno rispetto al lavoro e agli amici. È un plebiscito, con il 93 per cento degli italiani che dichiarano «molto importante» la famiglia, contro l’88 per cento di vent’anni fa. Non solo: interpellato sul matrimonio, il 76 per cento degli italiani non è d’accordo sul fatto che sia un’istituzione sorpassata (era il 73 per cento nel 1981).
Sono solo due dei tanti dati contenuti nel X Rapporto del Centro internazionale studi famiglia (Cisf), presentato ieri nella sede milanese alla presenza tra gli altri del direttore del Centro Francesco Belletti, del curatore della ricerca Pierpaolo Donati e del ministro per le Politiche familiari Rosy Bindi.
È stato proprio il professor Donati, sociologo all’Università di Bologna, a tracciare i contenuti del lavoro, che significativamente si intitola 'Ri-conoscere la famiglia', a partire dall’esigenza di fare chiarezza su cosa si intende per famiglia. «La rappresentazione della famiglia oggi è falsata. Nella percezione diffusa oggi tutto è famiglia: è sufficiente, si dice, che ci sia l’affetto e l’aiuto reciproco, senza che sia esplicitato e reso pubblico su quali basi si stabilisce la convivenza, per quanto tempo e con quali effetti». Donati ha voluto, al contrario, chiarire senza mezzi termini che famiglia è quella descritta dall’articolo 29 della Costituzione, e tutte le altre forme sociali esistono come situazioni di fatto, ma non sono assimilabili alla famiglia.
La famiglia 'normo-costituita' (uomo, donna e figli), quando ha caratteristiche di stabilità e di intensità di legami – così come è ancora largamente maggioritaria nel nostro Paese, a dispetto del gran parlare che si fa dello sfascio delle famiglie –, secondo Donati produce beni sociali in misura maggiore rispetto a ogni altro legame. Donati esamina ad esempio le coppie omosessuali per stabilire, dati alla mano, che la durata media dei legami «è una piccolissima frazione rispetto a quella delle coppie eterosessuali sposate»; il numero medio di partner è più alto e persino la violenza intima nella coppia è più elevata.
«Il valore aggiunto della famiglia – ha continuato il sociologo – sta nell’offrire un modello fiduciario di vita, una capacità di redistribuzione delle risorse familiari secondo una condivisione volontaria che realizza l’equità tra chi ha di più e chi ha di meno. Laddove c’è maggiore instabilità e debolezza dei legami, maggiore è la ricerca di compensazioni su basi individuali », ha aggiunto.
Il professore ha articolato la sua analisi in nove tesi, per dimostrare, passo dopo passo, che re- lazioni stabili e durature sono vantaggiose per la società e che a fronte di una maggior assunzione di responsabilità di chi sceglie il modello familiare deve corrispondere una maggiore 'quota' di vantaggi.
Ed ecco allora le proposte operative del X Rapporto Cisf: tenere distinto il regime giuridico dei diritti- doveri della famiglia e quello dei diritti-doveri delle persone, «in modo proporzionale al grado di obbligazioni assunte verso il bene comune».
Donati specifica meglio: le famiglie «meritano tutele da parte della società perché essa riconosce il valore sociale aggiunto generato dalle obbligazioni reciproche fra i coniugi, fra genitori e i figli, fra costoro e la comunità intorno». Per le altre forme di convivenza, dove le persone assumono altri impegni e altre modalità di scambio reciproco, «le tutele debbono essere proporzionate alle obbligazioni assunte ». Un chiaro stop, da parte del Cisf, a ogni forma di assimilazione delle convivenze al matrimonio.
Singolari le ricerche, riportate nel Rapporto Cisf, sul grado di felicità degli italiani rispetto al loro stato anagrafico: essere sposati, secondo gli autori dello studio, gli economisti Luigino Bruni e Luca Stanca, «ha un effetto sulla soddisfazione individuale positivo e significativo e di notevole entità rispetto a essere single. Anche convivere con un partner ha un effetto positivo ma l’entità di tale effetto è inferiore rispetto all’essere sposato». La separazione e il divorzio, continuano i due studiosi, implicano una perdita di felicità significativa, la prima più del secondo.
Il Rapporto Cisf, infine, getta anche uno sguardo sulle forme innovative costituite dalle comunità di famiglie – le sociologhe Giovanna Rossi e Donatella Bramanti ne hanno contate 198 – si tratta di esperienze che realizzano in pieno «la dimensione donativa e generativa che oggi la famiglia da sola fatica tanto a realizzare».
Secondo il Centro internazionale studi famiglia, le tutele ai nuclei «devono essere proporzionate alle obbligazioni assunte»
© Copyright Avvenire, 13 novembre 2007
Bindi: «Ma dico no a politiche differenziate»
DA MILANO FRANCESCO RICCARDI
«Conviene essere gelosi se il concetto di famiglia si dilata al di là della sua definizione costituzionale? E quando una coppia di conviventi ha dei figli, questa come la chiamiamo: una famiglia o cos’altro? E quindi una politica familiare può discriminare in base al certificato di matrimonio?». Il ministro della Famiglia Rosy Bindi si confronta senza reticenze al Cisf (Centro internazionale studi famiglia) nel dibattito seguito alla presentazione del decimo rapporto. Domanda, sollecita. E critica anche. Senza mezzi termini definisce il rapporto «più un manifesto ideologico che non uno studio sociologico, nel quale dominano le affermazioni veritative », figlio dello scontro ideologico intorno alla famiglia, «un conflitto dormiente pericoloso, destinato a riaccendersi».
Il ministro contesta in particolare l’elaborata e netta definizione di famiglia che il sociologo bolognese Pierpaolo Donati ha appena presentato: «Non è culturalmente conveniente restringere l’uso della parola 'famiglia' – sostiene la Bindi –. Se il suo è un valore innanzitutto relazionale, non possiamo negare la definizione di famiglia a quei nuclei dove ci sono dei figli, e direi anche alle coppie non sposate senza prole». Rosy Bindi si dice piuttosto divisa tra un’appartenenza culturale, rispetto alla quale si trova in sintonia con molte delle tesi contenute nel rapporto, e il suo impegno di ministro, che deve tener conto della realtà mutata e farsi carico anche della tutela di una minoranza (chi non vuole o non può sposarsi). «L’ordinamento giuridico non può ignorare questa realtà fattuale, condannandola alla clandestinità ». Rimane convinta, però, di essere riuscita a comporre le diverse esigenze nel progetto dei Dico «nel quale non sono riconosciute le convivenze in sé, ma assicurati i diritti delle persone conviventi, in maniera non comparabile con quanto previsto per la famiglia fondata sul matrimonio, in ossequio all’articolo 29 della Costituzione ».
Fin qui la definizione e l’ordinamento giuridico della famiglia. È però sulle politiche familiari che il ministro – sentendosi evidentemente in qualche modo a 'casa' – non teme di accendere i toni della polemica. «Sono pronta ad aprire uno scontro ideologico in Parlamento – dice – se mi convincete che bisogna discriminare l’accesso alle politiche in base al matrimonio o meno, quando si è in presenza di figli. Ma come si fa a negare l’accesso all’asilo se i genitori non sono sposati? E ancora: ho scritto a Bersani e all’Authority per ottenere la differenziazione delle tariffe elettriche in base al numero dei componenti la famiglia. Non credo di farcela, ma se riuscissi a spuntarla, io non me la sento di chiedere il certificato di matrimonio per accedere agli sconti». In realtà, nessuno ha mai chiesto nulla del genere. Non c’è chi voglia negare l’accesso ai bambini all’asilo, qualunque sia il rapporto fra i genitori, «giacché si tratta innanzitutto di un diritto del bambino », ha replicato Donati. Piuttosto si potrebbe far notare come spesso il bambino di una coppia di conviventi (emergendo un solo reddito o figurando come figlio di ragazza-madre) sia avvantaggiato nell’assegnazione dei posti.
Ma non è questo il punto, le politiche a favore dei figli sono – e dovrebbero restare – indifferenziate. Diverso è invece il discorso quando si considera la natura dei rapporti all’interno della coppia. E in questo caso «se sul piano sociologico le convivenze si possono definire 'famiglia', non è così sul piano giuridico e le tutele andrebbero proporzionate alle obbligazioni assunte» dalla coppia verso la società in generale, sottolinea Pierpaolo Donati.
Il confronto, così, si conclude registrando una certa distanza. Per il ministro occorre «più laicità sulla famiglia. Se qualcuno legge questo rapporto non si otterrà più nulla sulle politiche familiari», dice alzando i toni. Lei ammette è «insoddisfatta, insoddisfattissima» per come la Finanziaria tratta la famiglia, viste le misure inadeguate. Ma, è la conclusione di Rosy Bindi, la colpa sarebbe di un eccessivo ideologismo cattolico.
«Il certificato di matrimonio non può essere un discrimine Sono insoddisfattissima delle misure contenute nella Finanziaria»
© Copyright Avvenire, 13 novembre 2007
Etichette:
benedetto xvi,
commenti,
dico,
mass media,
papa,
ratzinger,
riflessioni
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
ogni volta che parla la Bindi mi fa cadere le braccia...
la sua è sempre più marcatamente ed apertamente una posizione ideologica (cioè aprioristica e avulsa dalla realtà), che ritiene sacrosanti i diritti, e solo opzionali i doveri (nella fattispecie quelli che si assume chi fonda un nucleo familiare stabile)
inoltre dissemina coscientemente menzogne (che il giornalista correttamente sottolinea) relativamente ai presunti svantaggi della donna non sposata per l'asilo del figlio: non posso credere che un Ministro sia così smaccatamente disinformato, mente sapendo di mentire
so inoltre di famiglie di immigrati cui viene "consigliato" di divorziare (la donna e il figlio sono in Italia, il marito è rimasto nel paese d'origine) per acquisire più punteggio in vista dell'assegnazione di case popolari...
come può una persona serva dell'ideologia e palesemente menzognera continuare ad autodefinirsi "cattolica"?? è un controsenso!!
Luigi
Posta un commento