14 novembre 2007

Rapporto Cisf: il 93 per cento degli Italiani ritiene "molto importante" la famiglia (88 per cento nel 1987)


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DA MILANO ANTONELLA MARIANI

La famiglia al primo posto. Nella classifica delle cose più importanti della vita, gli af­fetti familiari restano saldamente in testa, anzi guadagnano terreno rispetto al lavoro e agli amici. È un plebiscito, con il 93 per cento de­gli italiani che dichiarano «molto importante» la famiglia, contro l’88 per cento di vent’anni fa. Non solo: interpellato sul matrimonio, il 76 per cento degli italiani non è d’accordo sul fatto che sia un’isti­tuzione sorpassata (era il 73 per cento nel 1981).
Sono solo due dei tanti dati con­tenuti nel X Rapporto del Centro internazionale studi famiglia (Ci­sf), presentato ieri nella sede mi­lanese alla presenza tra gli altri del direttore del Centro Francesco Belletti, del curatore della ricerca Pierpaolo Donati e del ministro per le Politiche familiari Rosy Bindi.
È stato proprio il professor Donati, sociologo all’Uni­versità di Bologna, a tracciare i conte­nuti del lavoro, che significativamente si intitola 'Ri-co­noscere la fami­glia', a partire dal­l’esigenza di fare chiarezza su cosa si intende per famiglia. «La rap­presentazione della famiglia oggi è falsata. Nella percezione diffusa oggi tutto è famiglia: è sufficien­te, si dice, che ci sia l’affetto e l’aiu­to reciproco, senza che sia espli­citato e reso pubblico su quali ba­si si stabilisce la convivenza, per quanto tempo e con quali effetti». Donati ha voluto, al contrario, chiarire senza mezzi termini che famiglia è quella descritta dall’ar­ticolo 29 della Costituzione, e tut­te le altre forme sociali esistono come situazioni di fatto, ma non sono assimilabili alla famiglia.
La famiglia 'normo-costituita' (uo­mo, donna e figli), quando ha ca­ratteristiche di stabilità e di in­tensità di legami – così come è an­cora largamente maggioritaria nel nostro Paese, a dispetto del gran parlare che si fa dello sfascio del­le famiglie –, secondo Donati pro­duce beni sociali in misura mag­giore rispetto a ogni altro legame. Donati esamina ad esempio le coppie omosessuali per stabilire, dati alla mano, che la durata me­dia dei legami «è una piccolissi­ma frazione rispetto a quella del­le coppie eterosessuali sposate»; il numero medio di partner è più al­to e persino la violenza intima nel­la coppia è più elevata.
«Il valore aggiunto della famiglia – ha continuato il sociologo – sta nell’offrire un modello fiduciario di vita, una capacità di redistribu­zione delle risorse familiari se­condo una condivisione volonta­ria che realizza l’equità tra chi ha di più e chi ha di meno. Laddove c’è maggiore instabilità e debo­lezza dei legami, maggiore è la ri­cerca di compensazioni su basi in­dividuali », ha aggiunto.
Il professore ha articolato la sua analisi in nove tesi, per dimo­­strare, passo dopo passo, che re- lazioni stabili e durature sono vantaggiose per la società e che a fronte di una maggior assun­zione di responsabilità di chi sce­glie il modello familiare deve cor­rispondere una maggiore 'quo­ta' di vantaggi.
Ed ecco allora le proposte opera­tive del X Rapporto Cisf: tenere di­stinto il regime giuridico dei dirit­ti- doveri della famiglia e quello dei diritti-doveri delle persone, «in modo proporzionale al grado di obbligazioni assunte verso il bene comune».
Donati specifica meglio: le fami­glie «meritano tutele da parte del­la società perché essa riconosce il valore sociale aggiunto generato dalle obbligazioni reciproche fra i coniugi, fra genitori e i figli, fra co­storo e la comunità intorno». Per le altre forme di convivenza, do­ve le persone assumono altri im­pegni e altre mo­dalità di scambio reciproco, «le tute­le debbono essere proporzionate alle obbligazioni as­sunte ». Un chiaro stop, da parte del Cisf, a ogni forma di assimilazione delle convivenze al matrimonio.
Singolari le ricer­che, riportate nel Rapporto Cisf, sul grado di felicità degli italiani rispetto al loro sta­to anagrafico: essere sposati, se­condo gli autori dello studio, gli economisti Luigino Bruni e Luca Stanca, «ha un effetto sulla sod­disfazione individuale positivo e significativo e di notevole entità rispetto a essere single. Anche convivere con un partner ha un effetto positivo ma l’entità di ta­le effetto è inferiore rispetto al­l’essere sposato». La separazio­ne e il divorzio, continuano i due studiosi, implicano una perdita di felicità significativa, la prima più del secondo.
Il Rapporto Cisf, infine, getta an­che uno sguardo sulle forme in­novative costituite dalle comunità di famiglie – le sociologhe Gio­vanna Rossi e Donatella Braman­ti ne hanno contate 198 – si tratta di esperienze che realizzano in pieno «la dimensione donativa e generativa che oggi la famiglia da sola fatica tanto a realizzare».
Secondo il Centro internazionale studi famiglia, le tutele ai nuclei «devono essere proporzionate alle obbligazioni assunte»

© Copyright Avvenire, 13 novembre 2007


Bindi: «Ma dico no a politiche differenziate»

DA MILANO FRANCESCO RICCARDI

«Conviene essere gelosi se il concetto di famiglia si dilata al di là della sua definizione costituzionale? E quan­do una coppia di conviventi ha dei figli, questa come la chiamiamo: una famiglia o cos’altro? E quindi una politica familiare può discriminare in base al certificato di matrimonio?». Il mini­stro della Famiglia Rosy Bindi si confronta sen­za reticenze al Cisf (Centro internazionale studi famiglia) nel dibattito seguito al­la presentazione del decimo rap­porto. Domanda, sollecita. E cri­tica anche. Senza mezzi termini definisce il rapporto «più un ma­nifesto ideologico che non uno studio sociologico, nel quale do­minano le affermazioni veritati­ve », figlio dello scontro ideologi­co intorno alla famiglia, «un con­flitto dormiente pericoloso, de­stinato a riaccendersi».
Il ministro contesta in particola­re l’elaborata e netta definizione di famiglia che il sociologo bolo­gnese Pierpaolo Donati ha ap­pena presentato: «Non è cultu­ralmente conveniente restringe­re l’uso della parola 'famiglia' – sostiene la Bindi –. Se il suo è un valore innanzitutto relazionale, non possiamo negare la defini­zione di famiglia a quei nuclei dove ci sono dei figli, e direi anche alle coppie non sposate senza prole». Rosy Bindi si dice piutto­sto divisa tra un’appartenenza culturale, rispet­to alla quale si trova in sintonia con molte delle tesi contenute nel rapporto, e il suo impegno di ministro, che deve tener conto della realtà mu­tata e farsi carico anche della tutela di una mi­noranza (chi non vuole o non può sposarsi). «L’ordinamento giuridico non può ignorare que­sta realtà fattuale, condannandola alla clande­stinità ». Rimane convinta, però, di essere riusci­ta a comporre le diverse esigenze nel progetto dei Dico «nel quale non sono riconosciute le convi­venze in sé, ma assicurati i diritti delle persone conviventi, in maniera non comparabile con quanto previsto per la famiglia fondata sul ma­trimonio, in ossequio all’articolo 29 della Costi­tuzione ».
Fin qui la definizione e l’ordinamento giuridico della famiglia. È però sulle politiche familiari che il ministro – sentendosi evidentemente in qual­che modo a 'casa' – non teme di accendere i to­ni della polemica. «Sono pronta ad aprire uno scontro ideologico in Parlamento – dice – se mi convincete che bisogna discriminare l’accesso al­le politiche in base al matrimonio o meno, quan­do si è in presenza di figli. Ma come si fa a nega­re l’accesso all’asilo se i genitori non sono spo­sati? E ancora: ho scritto a Bersani e all’Autho­rity per ottenere la differenzia­zione delle tariffe elettriche in base al numero dei componen­ti la famiglia. Non credo di far­cela, ma se riuscissi a spuntarla, io non me la sento di chiedere il certificato di matrimonio per ac­cedere agli sconti». In realtà, nes­suno ha mai chiesto nulla del ge­nere. Non c’è chi voglia negare l’accesso ai bambini all’asilo, qualunque sia il rapporto fra i genitori, «giacché si tratta in­nanzitutto di un diritto del bam­bino », ha replicato Donati. Piut­tosto si potrebbe far notare co­me spesso il bambino di una coppia di conviventi (emergen­do un solo reddito o figurando come figlio di ragazza-madre) sia avvantaggiato nell’assegna­zione dei posti.
Ma non è questo il punto, le politiche a favore dei figli sono – e dovrebbero restare – indifferenzia­te. Diverso è invece il discorso quando si consi­dera la natura dei rapporti all’interno della cop­pia. E in questo caso «se sul piano sociologico le convivenze si possono definire 'famiglia', non è così sul piano giuridico e le tutele andrebbero proporzionate alle obbligazioni assunte» dalla coppia verso la società in generale, sottolinea Pierpaolo Donati.
Il confronto, così, si conclude registrando una certa distanza. Per il ministro occorre «più laicità sulla famiglia. Se qualcuno legge questo rapporto non si otterrà più nulla sulle politiche familiari», dice alzando i toni. Lei ammette è «insoddisfat­ta, insoddisfattissima» per come la Finanziaria tratta la famiglia, viste le misure inadeguate. Ma, è la conclusione di Rosy Bindi, la colpa sarebbe di un eccessivo ideologismo cattolico.
«Il certificato di matrimonio non può essere un discrimine Sono insoddisfattissima delle misure contenute nella Finanziaria»

© Copyright Avvenire, 13 novembre 2007

1 commento:

Anonimo ha detto...

ogni volta che parla la Bindi mi fa cadere le braccia...

la sua è sempre più marcatamente ed apertamente una posizione ideologica (cioè aprioristica e avulsa dalla realtà), che ritiene sacrosanti i diritti, e solo opzionali i doveri (nella fattispecie quelli che si assume chi fonda un nucleo familiare stabile)

inoltre dissemina coscientemente menzogne (che il giornalista correttamente sottolinea) relativamente ai presunti svantaggi della donna non sposata per l'asilo del figlio: non posso credere che un Ministro sia così smaccatamente disinformato, mente sapendo di mentire

so inoltre di famiglie di immigrati cui viene "consigliato" di divorziare (la donna e il figlio sono in Italia, il marito è rimasto nel paese d'origine) per acquisire più punteggio in vista dell'assegnazione di case popolari...


come può una persona serva dell'ideologia e palesemente menzognera continuare ad autodefinirsi "cattolica"?? è un controsenso!!

Luigi