13 novembre 2007

Mons. Monari: la liturgia deve occupare un posto centrale nella forma­zione dei sacerdoti


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Liturgia: formare i preti per «comunicare Gesù»

DAL NOSTRO INVIATO AD ASSISI

MIMMO MUOLO

La liturgia deve occupare un posto centrale nella forma­zione dei sacerdoti. Com’è, infatti, che si diventa prete, oggi? La domanda, all’apparenza scon­tata, nasconde invece una plura­lità di significati che sono stati a­nalizzati ieri dal vescovo di Bre­scia, Luciano Monari.
La relazio­ne del vice presidente della Cei ha infatti inaugurato ieri il convegno dei direttori degli Uffici liturgici diocesani e delle scuole di musi­ca liturgica, che fino a giovedì riu­nirà ad Assisi oltre duecento per­sone da tutta Italia.
Per diventare sacerdoti, ha detto il presule, «bisogna farsi strumen­ti di Gesù». Un prete, dunque, «dovrà cercare di offrire a Cristo un’e­sistenza che sia la più adatta pos­sibile a far passare l’azione di Ge­sù come pastore».
Egli infatti – ha spiegato Monari – «opera attiva­mente per trasmettere la vita in pienezza». Non solo. «È lui stesso la vita». Dunque, «il presbitero che desidera comunicare la vita agli uomini sa che, in realtà, deve co­municare loro Gesù stesso, deve permettere all’uomo il contatto con la persona viva del Risorto at­traverso la sua parola, i sacramenti e in particolare l’Eucaristia nella quale Gesù è presente nella for­ma della sua donazione di amore ».
Si comprende, perciò, il partico­lare legame tra la liturgia e la for­mazione al sacerdozio. Uno degli aspetti che – come ha ricordato monsignor Felice Di Molfetta, pre­sidente della Commissione epi­scopale per la liturgia – il Conve­gno intende indagare, insieme a «una nuova figura di presidenza per l’assemblea, all’importanza dell’omelia, alla formazione mu­sicale e alla sensibilità artistica». La liturgia infatti – ha aggiunto il vescovo di Cerignola-Ascoli Sa­triano nel suo saluto iniziale ad Assisi, appena giuntovi da Roma dove in mattinata aveva presen­tato il nuovo Lezionario – «pos­siede una varietà di registri co­municativi, che non sempre ven­gono messi bene in atto». Eppure «il bello è connaturale al sacro». Ma per «suscitare incanto e stu­pore, che sono profondamente diversi dal mero intrattenimento dell’assemblea», occorre una a­deguata formazione. E questa de­ve iniziare fin dagli anni del semi­nario.
La relazione di Monari, dunque, ha fornito lo scenario di fondo del discorso. Amore per l’uomo, profonda convinzione che davve­ro Gesù è la vita, una antropolo­gia «ricca e aperta alla trascen­denza », necessità del «supera­mento di sé» per aprirsi agli altri sono gli elementi fondamentali del percorso formativo, ha detto il vescovo di Brescia. «Se l’esistenza del discepolo è stata realmente toccata dall’irruzione di Dio nella sua vita attraverso l’incontro con Cristo, questa irruzione non può che manifestarsi in una trasfor­mazione profonda dello stile di vi­ta: povertà, castità e obbedienza ne sono i segni più evidenti». Chi, infatti, «ritiene il Vangelo valore supremo, sarà necessariamente portato a ridimensionare il valore delle cose». Analogamente, per l’obbedienza (che non è solo ver­so i superiori), essa significa «a­pertura del cuore a ogni persona, a ogni situazione di vita, a ogni cambiamento che ci venga ri­chiesto ». E infine per la castità («oggi scelta incomprensibile ai più») «si tratta di lasciarsi prende­re dal volto di Cristo fino a esser­ne innamorati e ricondurre a lui tutte le altre cose belle che incon­triamo nel mondo». Essenziale, ha aggiunto il vescovo, «è giungere a controllare gli impulsi della ses­sualità, senza censure, natural­mente, ma senza ambiguità, sa­pendo che c’è una lotta da fare in questo campo e che, senza lotta, non c’è possibilità di vittoria». Per­ciò, ha concluso Monari, «segno di un cammino di integrazione po­sitiva della sessualità è la capacità di rapportarsi con gli altri e in par­ticolare con le ragazze in modo se­reno, senza provocare o lasciarsi provocare».
Alla giornata d’apertura del Con­vegno ha preso parte anche il ve­scovo di Assisi-Nocera Umbra­Gualdo Tadino. «La liturgia – ha detto Domenico Sorrentino nel suo saluto – è esperienza di spiri­tualità. E più si vedono i frutti del­lo Spirito nella comunità, più si è fatta 'buona liturgia'».
Si è aperto ieri ad Assisi il convegno dei direttori degli Uffici liturgici diocesani Oltre 200 partecipanti da tutta Italia. Monari: «Farsi strumenti di Cristo per farlo incontrare a tutti nella Parola e nell’Eucaristia»

© Copyright Avvenire, 13 novembre 2007

2 commenti:

Gianpaolo1951 ha detto...

Un po’ come dire: solo una pianta ben curata nella crescita e sviluppo, potrà dare buoni frutti!

euge ha detto...

Qui è il caso di dirlo....... Alleluja!!!!! Ci voleva tanto a capirlo che la liturgia deve essere rivalutata come insegnamento ai giovani sacerdoti............ Meglio tardi che mai!!!!!
Sempre che sia data una preparazione liturgica, che sia degna di questo nome..... e che non dia i risultati che tutti abbiamo sotto i nostri occhi.