17 aprile 2008

Domani la visita del Papa all'ONU: intervista con mons. Migliore (Radio Vaticana)


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Domani la visita del Papa all'ONU: intervista con mons. Migliore

Si svolgerà domani l’attesa visita del Papa all’ONU. Benedetto XVI lascerà in mattinata Washington per trasferirsi a New York. Al Palazzo di Vetro sarà accolto dal segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon: quindi terrà il suo discorso davanti all’Assemblea generale. In Italia saranno le 16.45. La Radio Vaticana seguirà in diretta questo importante evento. Ma quali sono le attese? Pietro Cocco lo ha chiesto a mons. Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU:

R. – Si attende il Papa come un’autorità morale, capace di suscitare buona volontà e fiducia nel futuro, e per questo c’è grande attesa. Fin dall’inizio del suo pontificato, Papa Benedetto ha saputo cogliere ed esprimere la sfida del XXI secolo: il rapporto fede- ragione. E si adopera senza sosta per creare una coscienza su questo punto e trovare insieme delle soluzioni ai riverberi che questa crisi ha sulla coesistenza pacifica internazionale, sulla visione e implementazione dei diritti umani, sulla conduzione della politica e della vita sociale in ogni Nazione. Il Papa è per un dialogo che investe la premessa di ogni incontro, e cioè l’accettazione e il rispetto dell’uguale dignità di ogni persona e gruppo umano, e non è una promessa da poco: essa richiede un minimo comune denominatore nella visione che si ha dell’Uomo, della vita umana e pertanto dei diritti umani, della democrazia, della libertà, della coesistenza tra i popoli.

D. – La visita del Papa cadrà nel 60.mo della Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo, proclamata il 10 dicembre 1948. Nella sua qualità di rappresentante della Santa Sede presso le Nazioni Unite, quali sono i punti più critici, oggi, nell’applicazione di questa Carta?

R. – L’applicazione dipende, anzitutto, dall’interpretazione e dal valore che si dà alla Dichiarazione. Oggi non si trova uno solo dei diritti più fondamentali che non sia trascurato o violato in qualche parte del mondo, e ciò è dovuto alla persistente convinzione che siano i governi a concedere i diritti ai cittadini e a determinarne la portata e l’estensione, invece che considerarli come diritti innati ed inerenti alla persona umana. E poi, bisogna rilanciare la cooperazione giuridica: infatti, la produzione di sempre nuove norme e il perfezionamento dei meccanismi, di implementazione, procedono a ritmi sostenuti e non tutti i Paesi sono in grado di tenere il passo. In questo senso, la cooperazione giuridica tra Paesi e l’assistenza delle organizzazioni internazionali sono componenti preziose e indispensabili all’applicazione dei diritti umani.

D. – Oggi, mons. Migliore, da più parti viene sottolineato proprio il problema anche di un’interpretazione iper-individualistica dei diritti, come l’ha definita recentemente in un suo libro la professoressa Mary Ann Glendon, attuale ambasciatrice degli Stati Uniti presso la Santa Sede. Interpretazioni alle quali è particolarmente attento il Papa ...

R. – Infatti, la tendenza che lei menziona viene a svuotare i diritti del loro corrispettivo dovere e ne fa delle preferenze, o interessi personali disgiunti da ogni senso di responsabilità verso gli altri. E’ importante mantenere la filosofia che ha ispirato ed accomunato i redattori della Carta: altrimenti, il sistema dei diritti dell’Uomo si rivolta contro se stesso e diventa una tirannia di chi ha risorse, voce e accesso e può far prevalere sui più deboli i propri interessi, ammantandoli anche del nobile concetto di diritti fondamentali.

D. – Mons. Migliore, tuttavia secondo molti osservatori politici le religioni sono oggi più un fattore di destabilizzazione e conflitto che non costruttrici di pace. Anzi, secondo alcuni sarebbero una delle cause dello scontro tra le culture e le civiltà ...

R. – Purtroppo è vero che talora le religioni vengono usate per destabilizzare, dividere e combattere. La questione è che dobbiamo trattarle per quello che sono: vie per dar gloria a Dio e far felice l’Uomo, e metterle in condizione di essere parte della soluzione e non del problema. Ad esse non chiediamo che conducano operazioni di pace, né mediazioni o risoluzioni nella loro accezione tecnica. Le religioni debbono creare spiritualità, cultura, umanità nuova, pensiero agile orientato alla cura dell’Uomo e del mondo. Negli ultimi quattro-cinque anni, nell’ambito dell’ONU, si è sviluppato un grande interesse attorno alle religioni. Non sembrano però esistere una vera ipotesi di lavoro ed una strategia per canalizzare in modo fecondo questo interesse. Il contributo che la Delegazione della Santa Sede all’ONU si propone di dare è piuttosto nel senso di focalizzare il dibattito su tutti gli aspetti della libertà di religione che coinvolgono governi, società civile, religioni e anche coloro che ritengono la religione un “problema” ed un ostacolo alla pace ed allo sviluppo.

D. – Quale accoglienza trova oggi la voce della Chiesa, nel contesto delle Nazioni Unite?

R. – La Chiesa è tenuta in considerazione soprattutto per il suo contributo a mantenere vive e alimentare spiritualità e trascendenza, senza le quali la società si sfalderebbe. Inoltre il suo messaggio, improntato alla fratellanza universale, alla riconciliazione, alla prossimità con l’Uomo e la natura ne fa un alleato naturale nel dialogo e nella cooperazione per lo sviluppo. Agenzie, fondi e programmi dell’ONU che operano nei campi dell’educazione, dello sviluppo, dell’assistenza umanitaria mantengono rapporti di collaborazione con le Chiese locali presenti anche negli angoli più remoti della terra.

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