21 luglio 2008

Mons. Bruno Forte: "Un Dio giovane che parla al cuore della gioventù"


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Un Dio giovane che parla al cuore della gioventù

di Bruno Forte *

È un quadro dalla splendida cornice, che racchiude una tela bianca. L'immagine dell'Australia geografica non potrebbe essere più fedele: questo spiega perché su un territorio immenso, dove si susseguono ben tre fusi orari - gli abitanti siano poco più di venti milioni. E si capisce così anche la sensibilità acuta che l'opinione pubblica del continente australiano dimostra nei confronti della crisi ambientale e dei processi che possono favorirne la progressiva desertificazione.

Non può bastare, però, l'immagine geografica a spiegare quello che in questi giorni è successo a Sydney: la Giornata mondiale della gioventù ha radunato nella splendida città australiana oltre mezzo milione di giovani, di cui quasi la metà provenienti dai più diversi Paesi del mondo, in rappresentanza di tutti i continenti. A convocarli il vescovo di Roma, Papa Benedetto XVI, accolto con incontenibile entusiasmo da questa immensa folla colorata e festosa.

Forse, a spiegare quello che è avvenuto e che ha spiazzato gli stessi media locali, spingendoli da un atteggiamento di aperta diffidenza a un'attenzione che sfiora sempre più la meraviglia e l'entusiasmo, può essere latrasposizione dell'immagine geografica a metafora capace di descrivere la situazione culturale e spirituale del continente Australia: una splendida cornice, fatta di benessere avanzato, di consumismo marcato e di idolatria del business e del piacere di vivere, racchiude spesso una sorta di deserto dell'anima, di cui un indice certamente parziale, e tuttavia estremamente significativo, è l'alto numero di suicidi fra adolescenti e giovani.

È come se alla bellezza esteriore dell'"Australian way of life" non corrisponda un'analoga motivazione interiore, quasi che l'assenza di senso e di speranza lavori come un tarlo nascosto, che desertifica l'anima di questa società, specialmente nella sua componente più fragile ed esposta alla crisi: i giovani.
Non è difficile leggere questo processo nella chiave di ciò che sta avvenendo nell'Occidente del "villaggio globale": la società australiana, in questo, non è differente da quella europea o nordamericana. E tuttavia, lo specifico australiano sembra richiedere un ulteriore supplemento di comprensione: a differenza dell'"American dream", il sogno australiano non è nato dai Padri pionieri, ricchi di motivazioni religiose e di rigorismo etico, ma dalle undici navi della "first fleet", che portavano nel continente deserto i galeotti delle galere britanniche.
Da allora, molto è stato fatto, e l'opera di tanti lavoratori onesti venuti da ogni parte del mondo - in modo speciale dall'Italia-ha contribuito a costruire una coscienza morale di non poco spessore. La sfida, però, resta aperta per le nuove generazioni, che vivono una drammatica difficoltà di comunicazione con il passato e cercano di costruirsi un nuovo futuro senza preoccuparsi delle radici.
Si comprende allora quale sia il messaggio che questa Giornata sta lanciando al continente australiano e all'intero villaggio globale: ai giovani del Paese che la ospita, ma anche ai tanti venuti da ogni parte del mondo e attraverso di essi a tutti i giovani del pianeta, quello che è avvenuto a Sydney sembra raccontare la bellezza di un senso possibile, di un'avventura attraente, dove Dio non è il concorrente, ma l'alleato dell'uomo.L'insistenza di Papa Benedetto sulla gioia e la bellezza che l'esperienza di credere dà al cuore e alla vita, va precisamente in questa direzione: nel deserto del cuore un nuovo inizio è possibile. Dio è bello. In modo speciale, il Dio con noi del Vangelo cristiano, solidale con l'uomo fino all'abisso del dolore e della morte e sorgente di vita nuova nella forza del Suo Spirito, è capace di contagiare bellezza alla fatica di vivere. Si potrà non condividere, liberi perfino di avanzare il sospetto di un gigantesco inganno: eppure, il fatto che questi ragazzi di Sydney abbiano affrontato ogni sorta di sacrificio per esserci, la loro gioia contagiosa, la serietà della loro partecipazione ai momenti di catechesi e di preghiera, hanno qualcosa da dire a tutti. Anche a chi non crede o non ritiene possibile un senso al di là della morte.
Perciò, la celebrazione che si conclude in Australia mi pare racchiudere un messaggio, su cui vale la pena di riflettere tutti, credenti o non credenti, arrivati o cercatori del mistero.
Con buona pace dei teorici della secolarizzazione e della morte di Dio, Dio è giovane e capace di parlare al cuore dei giovani per aiutarli a trovare il senso e la bellezza di vivere: a Sydney, come nella nostra Europa post-moderna, che qualcuno vorrebbe già post-cristiana.

© Copyright Il Sole 24 Ore, 20 luglio

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