22 ottobre 2008

Il professor Ratzinger spiega l’aldilà. Torna in libreria il volume " Escatologia - Morte e vita eterna" (Galli)


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IL LIBRO:

Joseph Ratzinger, "Escatologia - Morte e vita eterna", Cittadella 2008

anticipazioni

CULTURA E RELIGIONE

Tornano in libreria le lezioni di escatologia in cui il futuro Papa reagisce a una lettura troppo «terrestre» del Regno di Dio e rivaluta perfino l’idea di inferno: che aiuta ad affermare la grandezza dell’uomo

Il professor Ratzinger spiega l’aldilà

DI ANDREA GALLI

E se il messaggio del Vangelo fosse stato puramente «esca­tologico»? Se la sua forza d’ur­to fosse derivata cioè solamente dal­l’annuncio di un imminente quan­to tangibile Regno di Dio? O se l’es­ser cristiani fosse stato in origine un attuare l’invocazione del Padre No­stro, «Venga il tuo Regno», da inten­dersi come attesa della fine del mondo?
In tal caso la storia della Chiesa – con la codificazione di dogmi, con la creazione di strutture atte a sfidare i secoli, con una dottrina sulle «co­se ultime» – non sarebbe forse un complesso processo di «de-escato­logizzazione », il mascheramento di un’attesa tradita e la sua proiezione in un futuro alienante?
Sono queste domande che hanno attraversato, come una tentazione esiziale, non poca teologia del XX se­colo. In Italia era già Ernesto Buo­naiuti a scrivere nelle sue Lettere a un prete modernista che «il Regno nel­la predicazione autentica di Cristo non è affatto il Paradiso Cattolico: ma un regno terrestre di beatitudi­ne corporale e di gioia». Un suo epi­gono, Sergio Quinzio, fece poi dell’eschaton tradito il filo condut­tore delle sue riflessioni, arrivando alle conclusioni più estreme e in­quietanti: «Come non può nascere l’uomo nuovo se non è ucciso l’uo­mo vecchio… così non può nascere la Chiesa-comunione, la nuova Ge­rusalemme, il regno, se non è ucci­sa la Chiesa-istituzione. Essa è vera­mente l’ostacolo», scriveva la guar­dia di finanza fattasi esegeta nel suo

Diario profetico.

Ma soprattutto è stato il pungolo del marxismo, nella seconda metà del ’900, ad alimentare la ripresa di u­na lettura esclusivamente «escato­logica » dell’annuncio evangelico, come messaggio di liberazione hic et nunc. Dall’analisi di questa sfida portata alla teologica cattolica pren­de l’avvio Escatologia, morte e vita eterna, il volume di Joseph Ratzin­ger apparso per la prima volta nel 1979 come contributo a una Picco­la Dogmatica Cattolica – un pro­getto ideato e diretto da un ex col­lega di Monaco, lo storico della sco­lastica medievale Johan Baptist Auer – e che oggi viene riproposto da Cit­tadella Editrice (pp. 300, euro 23,90) con una nuova prefazione firmata dallo stesso Benedetto XVI (di cui pubblichiamo un estratto in questa pagina).
In questo testo denso, che risente di un confronto serrato con il mondo accademico tedesco, Ratzinger ro­vescia, per così dire, la tesi per cui l’attesa di una parusìa imminente sarebbe propria della prima comu­nità cristiana. Con un’analisi del di­scorso escatologico di Mc 13 e dei corrispettivi passi negli altri sinotti­ci, dimostra invece che la «tensione temporale» è stata acuita o allenta­ta a seconda delle circostanze. Non è stata sicuramente lineare. E in al­cuni casi l’idea di una fine del mon­do prossima a venire potrebbe es­sere stata il risultato di un riavvici­namento al giudaismo – ricco allo­ra di fermenti apocalittico-messia­nici – verificatosi nel prosieguo, non agli inizi dell’esperienza cristiana.
Il profondo e precoce equilibrio raggiunto dalla Chiesa per quanto ri­guarda il tema della parusìa sareb­be da scorgere, secondo Ratzinger, nell’orientamento ad oriente delle chiese e della preghiera proto-cri­stiana: «La fusione di due simbolismi nella figura del sole che sorge dal­l’oriente può dare anche, in qualche modo, un’idea di quanto si confon­dano la fede nella Resurrezione e la speranza nella parusìa, quanto stret­tamente esse siano unite nella figu­ra del Signore, il quale, come Risor­to, è già tornato, ma ritorna sempre nuovamente nell’Eucaristia, rima­nendo in tal modo colui che viene, la speranza del mondo».
Né regge, per il teologo bavarese, l’i­dea di Regno di Dio ridotta a riscat­to e benedizione materiale. In Cristo stesso, scrive sempre Ratzinger, «nel suo operare pneumatico, che af­franca l’uomo dal suo asservimen­to ai demoni, si realizza il regno di Dio e Dio stesso assume il Governo del mondo». È questa la vera libera­zione. La quale non significa che l’annunzio del Regno debba essere «considerato come praticamente ir­rilevante e quindi trasformato taci­tamente in una giustificazione del­la situazione esistente». Semplice­mente, «il messaggio sul Regno di Dio ha importanza per la politica non in quanto è escatologia, ma in quanto è etica politica».
Dopo aver dato una valutazione, al­la luce di queste premesse, di auto­ri come Barth, Bultmann, Moltmann e Metz, dopo essersi soffermato sul­l’immortalità dell’anima come dato autentico della rivelazione cristiana e non un semplice sedimento del platonismo, Ratzinger giunge poi al tema dei novissimi. «Inutile volerlo negare: il pensiero della dannazio­ne eterna…. ricorre costantemente tanto nell’insegnamento di Gesù stesso… che degli Apostoli » è l’incipit sull’inferno. Una «terrifi­cante realtà» che allo stesso tempo contiene, per quanto paradossale e difficile da comprendere, anche una «affermazione della grandezza del­l’uomo: la sua vita è un caso di e­strema serietà; non tutto in definiti­va può essere presentato astuta­mente come un momento dei dise­gni di Dio». Ma soprattutto una realtà per evita­re la quale l’uomo ha accanto a sé l’alleato più potente, Dio stesso. E­gli chiama le sue creature a un pa­radiso che sarà anche la vera realiz­zazione delle istanze di liberazione di pienezza esistenziale. Un paradi­so in cui « l’intero creato sarà un 'cantico', un gesto con cui l’essere si libera nel tutto e insieme un en­trare del tutto nel proprio, un gau­dio in cui tutte le domande avranno risposta».

© Copyright Avvenire, 22 ottobre 2008

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