20 ottobre 2008

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nostro servizio

Alberto Bobbio

Città del Vaticano

Ancora polemiche sulla figura di Pio XII in quell'autunno del 1943, quando le SS di Herbert Kapler arrestarono e deportarono ad Auschwitz più di mille ebrei del ghetto di Roma. Lo spunto per una nuova puntata l'hanno offerto le ricerche di due studiosi, Mario J. Cereghino e Casarrubea, che hanno scovato negli archivi inglesi e americani nuovi documenti che dimostrerebbero non solo i silenzi, ma la tacita approvazione di papa Pacelli della retata nel ghetto.
La notizia era stata lanciata venerdì in tarda serata da alcune agenzie straniere e ieri è arrivata la risposta del postulatore della causa, il padre gesuita Molinari, e del relatore padre Gumpel, anche lui gesuita. Hanno smentito la ricostruzione degli storici e hanno aggiunto che ci sono molti altri problemi che Israele non vuole risolvere, legati alla figura di Pacelli, e che impediscono di fatto un viaggio del Papa a Gerusalemme. In serata è arrivata una precisazione del direttore della Sala Stampa vaticana, che ha ridimensionato le dichiarazioni dei due gesuiti e ha ribadito che la causa di beatificazione di Pio XII è oggetto, da parte di Ratzinger, di «approfondimento e riflessione».
Uno dei documenti riferisce dell'incontro avvenuto il 18 ottobre del 1943, cioè due giorni dopo la retata nel ghetto, dell'inviato straordinario della Gran Bretagna presso la Santa Sede, durante il quale Pio XII tace sulla retata di fronte al diplomatico, che invece lo invita a un ruolo di maggiore determinazione a difesa degli ebrei. Pacelli avrebbe riferito in quella occasione che i tedeschi si sono comportati «correttamente» con il Vaticano. Di più non dicono gli studiosi e annunciano un libro di prossima pubblicazione. Gumpel e Molinari vedono le dichiarazioni e, interpellati dalle agenzie, intervengono. In particolare Gumpel smentisce seccamente la ricostruzione dei due storici e spiega che l'incontro con il plenipotenziario inglese c'è stato, ma due giorni prima della retata e che quindi Pacelli non poteva sapere né dire niente.
Ma i due gesuiti hanno colto l'occasione per allargare il ragionamento. Hanno detto entrambi che il Papa non sblocca la causa di beatificazione perché attende dal mondo ebraico «un gesto» di «ravvedimento» che cancelli la «leggenda nera» circa i presunti silenzi di Pacelli sulla Shoah e metta fine alle «falsità». Entrambi hanno fatto riferimento alla didascalia che si trova nel nuovo Museo della Shoah a Gerusalemme sotto la fotografia di Pio XII, che già l'anno scorso aveva provocato polemiche e una protesta del nunzio apostolico. Nella didascalia viene definita «questione controversa» la reazione di Pacelli all'Olocausto e si ricorda il ruolo di Pio XII nel 1933, quando era segretario di Stato, nella firma del Concordato con la Germania nazista. Un mese fa proprio il relatore della causa, padre Gumpel, aveva ricordato l'episodio, tornando ad accusare il Museo di Gerusalemme di «falsificare la storia».
Sia padre Molinari che padre Gumpel hanno legato alla rimozione di quella didascalia un eventuale viaggio del Papa a Gerusalemme. Così è dovuto intervenire in serata padre Lombardi per mettere un po' di ordine. Il direttore della Sala Stampa ha detto che sulla didascalia «è noto» che la Santa Sede ha «manifestato obiezioni» e quindi è «auspicabile da parte del Museo un ripensamento». Tuttavia la vicenda, «per quanto rilevante», non è «determinante per una decisione su un eventuale viaggio del Santo Padre in Terra Santa», che è «nei desideri del Papa», ma «non è ancora stato programmato». Poi Lombardi ricorda la riflessione di Ratzinger sulla causa di beatificazione e spiega che «in questa situazione non è opportuno cercare di esercitare su di lui pressioni in un senso o nell'altro».
Nella tarda serata anche il portavoce del ministro degli Esteri israeliano Yossi Levy ha confermato che il Papa è «ospite gradito e benvenuto», mentre non ha voluto commentare le altre dichiarazioni.

© Copyright Eco di Bergamo, 19 ottobre 2008

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