19 ottobre 2008
Padre Gumpel denuncia, ma il Vaticano smentisce: la scritta non è determinante (Giansoldati)
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Padre Gumpel denuncia, ma il Vaticano smentisce: la scritta non è determinante
FRANCA GIANSOLDATI
dal nostro inviato
POMPEI
Papa Pacelli beato non s’ha ancora da fare. Almeno non per ora. Le pressioni del mondo ebraico e di quello israeliano piovute su Papa Ratzinger per farlo desistere dal progetto, sono state così tante che lui, seppur con dolore, ha deciso, di accantonarlo in attesa di tempi migliori.
Nessun blocco teologico alla causa, dunque, si tratta solo di un atto di «cortesia, di riguardo, nei confronti degli ebrei, teso ad evitare dissapori e difficoltà» fa sapere il Postulatore padre Peter Gumpel che, subito dopo, aggiunge: «Benedetto XVI non nutre nessun dubbio sulla santità di questa figura», come peraltro si è visto giorni fa, a San Pietro, in occasione del 50esimo anniversario della morte, quando dopo la messa si è andato ad inginocchiare davanti alla sua tomba, scendendo nelle Grotte Vaticane.
«Aiutò tanti ebrei» e per loro «agì con coraggio». La ieratica figura di Eugenio Pacelli, tuttavia, continua a dividere fino ad assumere le sembianze di un ingombrante caso politico, capace perfino di generare tensione con lo Stato di Israele dove la questione religiosa si mescola inevitabilmente a quella politica, tanto che persino rappresentanti diplomatici non hanno esitato a pronunciarsi contro la beatificazione. Ieri l’ultimo esempio. Il portavoce del ministero degli Esteri, Yossi Levy, premettendo che esiste «un dialogo aperto e buono con la Chiesa», ha poi criticato Pio XII per il «comportamento nei giorni in cui migliaia di ebrei venivano quotidianamente mandati al massacro. Egli ebbe un ruolo controverso».
Padre Gumpel ha commentato: «E’ una indebita intromissione in un campo prettamente religioso». Papa Ratzinger, filtra dal suo entourage, è «addolorato». Riconosce che ci sono troppe lacerazioni, lui che vorrebbe procedere al più presto ad innalzare all’onore degli altari Papa Pacelli». Si tratta di aspettare tempi migliori. «La causa è oggetto di approfondimento e riflessione» ha precisato il portavoce padre Lombardi. Dal quartier generale dei Gesuiti, Gumpel sottolinea che la causa «non è affatto bloccata, che il Papa spera di portarla a felice conclusione al più presto» anche se non sa quando. «Al momento è solo stata accantonata». Non si tratta affatto di esaminare le prove necessarie al riconoscimento delle virtù eroiche, stavolta «la questione ha solo connotati di natura politica ed ideologica». Fatto sta che il dossier relativo alla beatificazione, nonostante il placet papale, si trova in Segreteria di Stato, all’attenzione del cardinale Bertone, il quale dovrà sbrogliare la matassa e risolvere pure il pasticcio della didascalia contestata allo Yad Vashem. Nel museo dell’Olocausto, a Gerusalemme, in quella che si chiama «Sala della Vergogna», tra le tante foto, ce n’è una di Pacelli sotto la quale si leggono pesanti critiche per i silenzi davanti alla Shoah. Il Vaticano, in passato, ha protestato con Israele affinchè provvedesse a togliere quella scritta, ma inutilmente.«E' auspicabile che sia oggetto di una nuova obiettiva e approfondita considerazione da parte dei responsabili del Museo. Tuttavia, per quanto rilevante - ha aggiunto il portavoce del Papa-, non si può considerare questo fatto come determinante per una decisione circa un eventuale viaggio papale in Terra Santa». Pregare al Santo Sepolcro è nei desideri di Papa Ratzinger, ma fintanto che Israele non si deciderà a siglare l’accordo economico con la Santa Sede - una specie di mini concordato - della trasferta non se ne parla proprio.
© Copyright Il Messaggero, 19 ottobre 2008 consultabile online anche qui.
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