10 ottobre 2007

Burqa sì burqa no: scontro politico nel silenzio totale dei laicisti radicali!


Vedi anche:

Il gatto Chico: quella volta in cui il piccolo Joseph fece splash nel laghetto...

Curiosità: le foto di Chico, il "gatto scrittore"

Natura e democrazia secondo Papa Benedetto

Böckenförde: legittimo il tentativo di Papa Benedetto di far tornare la religione al centro della vita pubblica

Politi spettegola dal palcoscenico di raidue

Asianews: in Cina qualcuno tenta di impedire la diffusione della lettera del Papa...con ogni mezzo!

SPECIALE: LA LETTERA DEL PAPA ALLA CHIESA CINESE

Commissione mista cattolico-ortodossa: due commenti sui lavori

Ecumenismo su tutto ma non sul diritto alla vita?

Decisione choc del prefetto di Treviso: sì al burqa

ANGELUS DEL 7 OTTOBRE: VIDEO DI SKY

“Accanimento terapeutico”, “espressione fasulla”

LEGGE NATURALE E MODERNITÀ: NOTA SIR

Mons. Fragnelli commenta per Radio Vaticana l'Angelus di ieri

Gli Angelus papali che i media ignorano (nonostante i 50mila fedeli di ieri!) di Sandro Magister

SPECIALE: IL MOTU PROPRIO "SUMMORUM PONTIFICUM"

CONSIGLIO DI LETTURA: IL SITO DI FRANCESCO

Cari amici, continua la polemica sulla clamorosa decisione del prefetto di Treviso riguardo la possibilita' di indossare il burqa. Come dicevamo ieri, questa presa di posizione e' quantomeno sorprendente visto che cozza con una legge dello Stato che vieta di circolare con il volto coperto (quindi non riconoscibile).
Clamoroso il silenzio dei politici laicisti della compagine di maggioranza che non perdono occasione di sbandierare ai quattro venti la parola laicita' quando si tratta di attaccare la Chiesa Cattolica, ma tacciono nel momento in cui si parla di burqa! Complimenti, cari laicisti: d'ora in poi non sara' piu' credibile ne' accettabile la vostra ossessione nei confronti dei Cattolici, nemmeno in sede europea...che zappa sui piedi!

Raffaella


Sì al burqa, Pollastrini contro la Bindi Il Viminale frena il prefetto: inaccettabile

Il responsabile delle Pari opportunità: sono indignata, offende la donna

Alessandra Arachi

ROMA — Il prefetto di Treviso dice sì al burqa? E i ministri litigano tra di loro. «Sono sconcertata e indignata, ritengo la copertura integrale del volto un'offesa alla dignità delle donne», la voce decisa di Barbara Pollastrini, delega alle Pari Opportunità. Che non esita: «Dunque non deve esserci nessuna ambiguità: il no al burqa è netto. Come del resto sono sempre stati chiari il premier e il ministro dell'Interno Giuliano Amato».
E anche ieri c'è stata questa chiarezza evocata dalla Pollastrini, quanto meno per quel che riguarda Amato. Che proprio ieri dal Viminale mandava a ripetere (nelle stesse ore in cui in Francia un'albergatrice veniva condannata a 4 mesi con la condizionale e 1.000 euro di multa per aver respinto due clienti che indossavano il velo): «Abbiamo già più volte detto e lo ribadiamo che l'uso del burqa è inaccettabile».
Eppure nel governo c'è tutto tranne che unanimità. E non soltanto per via di Rosy Bindi, ministro della Famiglia. Ieri, dopo la ridda di polemiche sulla decisione del prefetto di Treviso, è stato anche Paolo Ferrero, ministro della Solidarietà sociale, che ha approvato l'iniziativa del prefetto di Treviso: «Un provvedimento intelligente. Credo che dovremmo imparare dal suo buon senso per fare una legge sulla libertà religiosa a livello nazionale». La verità è che c'è ben poca chiarezza nella maggioranza in materia. Perché anche Mario Morcone, al Viminale è il capo del dipartimento immigrazione, difende il prefetto: «Non ha fatto altro che dire la verità. Ha infatti chiarito che indossare il burqa non costituisce reato in assoluto, ma vanno valutati i casi». (??????? punti interrogativi di Raffaella)
Ma le polemiche sono diventate sempre più esplosive. Non solo a livello di governo. Anche dentro al Parlamento la spaccatura nella maggioranza è evidente. E se Marina Sereni (Ulivo), Vittoria Franco (Ds), Silvana Mura (Italia dei valori) e Maura Leddi (Dl) hanno fatto un fronte compatto per dire no al burqa, ci sono state invece altre, come la verde Luana Zanella o Albertina Soliani dell'Ulivo, che si sono schierate sullo stesso fronte di Ferrero e della Bindi, parlando di «buon senso del prefetto di Treviso».
Dall'opposizione il fronte del «no» è praticamente compatto.
E se la voce più alta sembra quella di Daniela Santanchè, An, («com'è possibile che una circolare della polizia vada contro le leggi vigenti? »), alla sua si accostano anche quelle dei suoi compagni di partito, a partire dal presidente Gianfranco Fini («Non condivido la decisione del prefetto ») a Maurizio Gasparri.
Per Alessandra Mussolini, di Azione sociale, non ci sono dubbi: «Il burqa in Italia è un problema che non esiste, semplicemente perché è illegale». Senza via di mezzo le reazioni della Lega. Mario Borghezio: «Il prefetto di Treviso metta il burqa a sua moglie». E Roberto Calderoli: «Aboliamo già in questa Finanziaria la figura dei prefetti, un'istituzione inutile ».

© Copyright Corriere della sera, 10 ottobre 2007


«Si tratta di un simbolo culturale bisogna riflettere prima di vietarlo»

Il ministro della Famiglia dopo le critiche: è chiaro che non deve essere un'oppressione

Virginia Piccolillo

ROMA — «Sia ben chiaro che io non voglio le donne con il burqa perché penso che può essere una forma di oppressione. Ma non usiamo l'argomento della riconoscibilità del volto perché allora vale anche per il casco del motorino usato dai nostri ragazzi». È indignata Rosy Bindi perché, dice, «estrapolando una frase dal contesto » è stata presentata come fautrice del burqa. E lo dice con veemenza al termine di un dibattito organizzato dalla rivista Reset, in cui ha avuto modo di lodare la «secolarizzazione che ha fondato la laicità dello Stato, che è garanzia di pluralismo culturale e religioso» e di sottolineare come la vera sfida del futuro sia «il rapporto tra credenti e come far convivere le diverse religioni».

Dunque non è per il burqa?

«Ma se siamo andati in Afghanistan per togliere il burqa alle donne, figuriamoci se io glielo voglio mettere in Italia ».

Allora cosa intendeva dicendo che il burqa può essere un simbolo della propria civiltà?

«Volevo dire che se non è una forma di oppressione, ripeto se non lo è, il velo è un simbolo culturale. E nella civiltà postsecolare i simboli delle varie culture devono avere tutti la possibilità di esprimersi. Non ci deve essere un annullamento dell'identità. È questo lo Stato laico. E se indossare il burqa è una libera scelta, prima di proibirlo con argomenti pretestuosi credo che dovremmo riflettere».

Ma il burqa non è diventato anche il simbolo della negazione dei diritti delle donne da parte dei loro uomini?

«Non c'è dubbio che quelli devono essere tutelati. Ci mancherebbe. Lo Stato laico deve essere garanzia dei diritti delle persone e quindi le donne islamiche vanno difese anche dall'imposizione del velo. Ma non con le argomentazioni di Gentilini (il vicesindaco leghista di Treviso, ndr) ».

Ovvero?

«Lui vuole negare alle donne musulmane di esprimere la propria identità. E questo è ancora più pericoloso. Anche l'omologazione alla civiltà occidentale se imposta è una violenza».

La legge vieta di rendere il volto non riconoscibile. Questo non è un argomento da prendere in considerazione?

«Questo è un argomento serio ma non può essere usato in senso strumentale. A richiesta il volto deve essere reso visibile e riconoscibile».

Non pensa che le stesse donne immigrate abbiano paura di ritrovarsi qui in Italia maggiormente in balia dell'integralismo che nei loro Paesi d'origine?

«Le donne immigrate sono fragilissime e hanno paura non solo che si riproduca qui la sottomissione che si esercita nelle loro civiltà, ma anche di subire da parte nostra il non rispetto della loro civiltà. La vera sfida è costruire la loro libertà nel rispetto della loro differenza».

© Copyright Corriere della sera, 10 ottobre 2007

La Bindi fa volutamente confusione fra simboli culturali. Sara' perche' pensa di guadagnare qualche voto in vista delle primarie di domenica? Anche ieri sera ho sentito in tv: "Come cattolica, conosco il significato di peccato originale". Bindi, La smetta di sbandierare la sua fede per questioni politiche! E' una cosa francamente paradossale...
Perche',Bindi, non spende due parole sui Cristiani perseguitati in Medio Oriente?

R.


«Quel copricapo è una prigione, non diamola vinta ai violenti»

Roberto Rizzo

MILANO — Nella sua azienda assumerebbe una donna che si presentasse a un colloquio di lavoro con il volto coperto dal burqa? «Guardo il curriculum non l'aspetto fisico delle persone, dunque, per lealtà nei confronti della donna e se avesse i requisiti, l'assumerei. Questo, se ci fosse una legge che consentisse alle persone di girare e lavorare a volto coperto. Chiaro che non auspico un simile provvedimento ». Marina Salamon, imprenditrice «di sinistra », veronese ma trevigiana d'adozione, fondatrice di Altana, la maggiore azienda italiana produttrice di abbigliamento medio-alto per bambini, prende le distanze dal prefetto Vittorio Capocelli («Non è che l'ha fatto in spregio al prosindaco Gentilini? Il prefetto dovrebbe capire che il Paese non può andare avanti a forza di capricci individuali ») e si dichiara contraria alla sua decisione: «Sono contraria perché sono una donna oltre che un'imprenditrice. Non ho difficoltà a riconoscere il diritto a coprirsi i capelli o parte del capo, ma l'uso del burqa mi terrifica perché è una discriminante. Ribalto la domanda: quale supermercato, per esempio, assumerebbe come cassiera una donna che porta il burqa? Presumo nessuno. Lo stesso vale per la mia azienda. Non potrei far lavorare in un ufficio a contatto con il pubblico una donna con il volto coperto. Al massimo in qualche settore amministrativo anche se, con le colleghe, avrebbe vita dura. Però significherebbe un bel passo indietro nella battaglia per i diritti delle donne che lavorano. Ho avuto lunghe discussioni con i miei dipendenti albanesi che hanno fatto molta fatica ad accettare di prendere ordini da una donna. Vedere ogni giorno delle collaboratrici arrivare in ufficio a volto coperto mi darebbe una grande tristezza».
Salamon non ha dubbi, portare il burqa non può essere una libera scelta. È solo un atto di costrizione: «Mi occupo di programmi di sostegno a donne immigrate e conosco tante storie di donne blindate dai mariti tra le quattro mura domestiche. Il burqa è un'altra di queste prigioni ». Scusi, ma il ministro Rosy Bindi ha offerto la sponda al prefetto Capocelli. Dice che «se è simbolo di una cultura liberamente scelta, va tollerato». «La fede religiosa va rispettata se non è aggressiva ma non possiamo darla vinta a chi fa della violenza una propria caratteristica — ribatte Marina Salamon —.

Ragionando come fa il ministro, il prossimo passo sarà l'ammissione dell'infibulazione, a patto che sia una libera scelta. E perché non accettare nel nostro ordinamento anche la sharia, la legge coranica? Mi sembra che in Italia si cerchi di darla sempre vinta a chi è più violento, a chi prevarica».

Parole che sembrano pronunciate dal prosindaco di Treviso Gentilini, o da un suo sostenitore, e non da un'imprenditrice «illuminata» com'è considerata Marina Salamon. «Mai stata dalla parte di Gentilini, sempre contro. Quando fece togliere le panchine dalle piazze di Treviso per non far sedere gli immigrati, fui tra quelli che le rimise pagandole di tasca propria. Non sto con lui nemmeno sul burqa, ma neanche con l'integralismo islamico. Sto dalla parte di Magdi Allam, che è quella di un Islam diverso».

Non per deluderla, ma un altro ministro, molto a sinistra, Paolo Ferrero della Solidarietà sociale, parla di «provvedimento intelligente e di buonsenso» il non vietare un costume religioso: «Mi sembra il solito buonismo a tutti i costi che fa male, molto male, alla sinistra».

© Copyright Corriere della sera, 10 ottobre 2007

Grandissima donna...la Salamon! Condivido in tutto e per tutto le provocazioni contro Bindi e Ferrero!
R.

Nessun commento: