19 novembre 2007

Molti inglesi decidono di tornare Cattolici per protesta contro la svolta "liberal" della Chiesa Anglicana


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Niente scisma, siamo inglesi

WILLIAM WARD

Conversioni L’ultimo è Tony Blair, che farà il gran passo entro Natale. Ma sono molti i britannici che scelgono di tornare cattolici. Per protesta contro Canterbury.

Sembra la volta buona: entro Natale, salvo interventi divini o «non possumus» in zona Cesarini dal Vaticano, Tony Blair sarà un cattolico a tutti gli effetti. Non più «separato in chiesa» dalla moglie Cherie e dai quattro figli, tutti battezzati secondo i riti di Roma e non di Canterbury, crugiuolo storico della Chiesa cristiana inglese, e da 5 secoli sede del primate anglicano, non più fedele al Papa di Roma.
Per molti fedeli cattolici potrebbe sembrare un passo falso, o almeno strano. Nel suo decennio al 10 di Downing street Blair, infatti, ha varato una serie di riforme a favore del laicismo, dello scientismo e delle libertà sessuali: dalle unioni civili per persone dello stesso sesso all’obbligo legale, perfino per le agenzie di ispirazione cattolica, di favorire le adozioni da parte dei gay; dai minori vincoli all’aborto ai fondi per le ricerche sulle cellule staminali. Senza contare il fermo rifiuto di cambiare quella legge del ’700 (The Act of settlement) che blocca l’accesso al trono (o al talamo reale) di un fedele di Santa romana chiesa.
Certo, anche la devota Cherie, nata e cresciuta cattolica a Liverpool, da brava figlia d’Irlanda, ha dato molti dispiaceri all’insegnamento della Chiesa romana schierandosi a favore non solo delle donne sacerdote, ma anche delle vescovesse (di prossimo arrivo) e degli omosessuali, orgogliosamente palesi, in clergyman.
Se Blair non ha fatto il salto prima d’ora è stato per non forzare una questione ancora molto delicata nell’establishment britannico e per non mettere in imbarazzo la sovrana, sua preziosa interlocutrice negli anni a Downing street, nonché capo ufficiale («governor») della Chiesa anglicana. Certo, qualche anno fa l’imbarazzo aveva lambito la corona inglese, quando Katherine Worsley, l’amata duchessa di Kent (e moglie del cugino della regina), dopo una lunga crisi mistica e un esaurimento nervoso si è convertita.

Ma se Blair e la duchessa hanno fatto il gran passo perché attratti della forte aura di spiritualità emanata dalla Chiesa di Roma, rispetto al carattere più pragmatico (e francamente laico) di quella di Canterbury, per molti altri credenti inglesi la conversione è stata un’autentica protesta contro la «pericolosa deriva liberal» della Chiesa britannica. Molti sono infatti i sacerdoti anglicani conservatori passati al Cattolicesimo perché offesi dall’ordinazione delle donne.
In realtà, l’ortodossia della Chiesa cattolica inglese non è granitica: sono molti ormai i sacerdoti sposati e con prole, grazie allo «sconto» concesso da Giovanni Paolo II pur di mandare un messaggio più generale ai fratelli anglicani «che sbagliano». All’interno della Chiesa inglese, inoltre, rimane ancora forte la corrente Anglo-Catholic le cui funzioni sembrano a tutti gli effetti identiche a quelle della Chiesa di Roma. Gli Anglo-Catholics sono in grande parte dei liberal che, pur apprezzando molti aspetti del rituale cattolico universale (l’adorazione della Vergine e dei santi, assenti nelle altre chiese anglicane o protestanti), non intendono, però, rinunciare alle libertà storiche per tornare sotto il più severo magistero di Roma.

© Copyright Panorama n.47/2007

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