18 novembre 2007

Lezionario liturgico, i giornali hanno fatto confusione: non cambiano i testi delle preghiere (Avvenire)


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NEL PRESENTARE I NUOVI LEZIONARI QUALCHE GIORNALE HA FATTO CONFUSIONE

Le preghiere non cambiano

Non vogliamo certo difendere a spada tratta ogni scelta fatta nella recente revisione della Bibbia, da cui sono tratte le letture dei nuovi Lezionari liturgici. È fatale che in una traduzione qualcosa resti di opinabile, soprattutto quando si tratta di un testo sacro, per il quale non è facile indovinare il giusto equilibrio tra spinta verso la maggiore comprensibilità, nel contesto culturale in cui oggi deve risuonare, e l’esigenza di mantenere vivo un patrimonio linguistico che costituisce un elemento sostanziale di tradizione della fede. In ogni caso, per un giudizio ben fondato basta attendere la pubblicazione ormai prossima dell’intera Bibbia.
Resta qualcosa da dire su certe critiche piovute di recente su alcune traduzioni di cui si è potuto prendere visione grazie alla pubblicazione dei tre volumi del Lezionario domenicale e festivo.
Cominciamo dal 'Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te' di Lc 1,28.

Nessuno però ha mai pensato di modificare le parole iniziali dell’Ave Maria.

La preghiera infatti non si trova così com’è nei Vangeli, ma trae le espressioni che formano la sua prima parte da alcuni passi evangelici, quella introduttiva per l’appunto da Luca. Pregando, continueremo dunque anche in futuro a recitare: 'Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te'. Cambia invece la traduzione del testo biblico e quindi la lettura liturgica quando ricorre questa pagina evangelica, come nell’ultima domenica di Avvento dell’anno B. Fino ad ora il 'chàire' del testo originale greco era tradotto con 'Ti saluto', traduzione giustificata, ma che impoveriva il senso del passo, in cui tutti gli esegeti riconoscono risuonare il riferimento a testi profetici, in particolare di Sofonia e Zaccaria, dove si parla della gioia che deve inondare Gerusalemme all’annuncio della salvezza che il suo Signore sta per operare in essa. È difficile contestare il guadagno ottenuto con il passaggio dalla vecchia alla nuova traduzione, grazie all’esplicito rimando lessicale allo sfondo anticotestamentario che aiuta a leggere con maggiore profondità l’episodio dell’annunciazione.
Più discutibile per taluno potrebbe risultare la scelta di abbandonare il tradizionale 'Mammona' per una parola più immediata ma anche meno precisa 'ricchezze'. C’è forse uno svilimento del rifiuto evangelico del possesso iniquo? No, l’intero contesto ribadisce la contrarietà di Gesù verso chi fa del possesso dei beni il fine della vita. Semmai, traducendo 'ricchezze' si può perdere la visibilità di una delle poche parole aramaiche presenti nei Vangeli, 'mamonàs', e quindi una reminiscenza del linguaggio stesso di Cristo. Ma è pur vero che sono state recuperate altre parole tipiche del linguaggio cristiano, evitando traduzioni impoverenti. Questo vale per 'Verbo', 'Paraclito', 'Parasceve', ecc.
Ma c’è chi ha tirato a indovinare e, non avendo sotto gli occhi il testo, si è inventato che la nuova traduzione avrebbe abbandonato l’immagine del cammello e della cruna dell’ago. Ci dispiace smentirlo: tutti e tre i passi sinottici riportano questa traduzione: 'È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio' (Mt 19,24 e Mc 10,25); 'È più facile infatti per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio!'.
(Lc 18,25) Qualcosa infine su una vecchia questione riguardante la traduzione di un passo (finale) del Padre Nostro. Anche qui, nulla per ora cambia per la preghiera che facciamo bene a recitare spesso (e magari anche in latino). Per quanto riguarda invece il Lezionario , i traduttori hanno inteso superare le difficoltà dell’attuale 'non indurci in tentazione', dove sembrerebbe che sia Dio a spingerci al male. No, qui semplicemente il calco del latino rappresentato dal verbo 'indurre' non offriva un’esatta visione dell’agire di Dio nei confronti dell’uomo.
'Indurre' in italiano si è sovraccaricato di una connotazione volitiva ('introdurre', 'spingere dentro') che non gli fa più dire la stessa cosa dell’'inducere' latino o dell’'eisfèrein' greco, dove era implicito un senso concessivo ('non lasciar entrare', 'fa’ che non entriamo').
Così, tra le molte traduzioni possibili, è stata scelta un’espressione, 'non abbandonarci alla tentazione', che apre sia alla richiesta di essere preservati dall’entrare nella tentazione sia di essere soccorsi quando si è nella tentazione, evitando quindi di lasciar pensare, come accade con l’attuale traduzione ('non ci indurre in tentazione'), a un Dio tentatore, che tra l’altro sarebbe in palese contraddizione con Gc 1,13: 'Nessuno, quando è tentato, dica: 'Sono tentato da Dio'; perché Dio non può essere tentato al male ed egli non tenta nessuno'.
Insomma, se la Chiesa una preoccupazione ha non è certo quella di confondere i fedeli, semmai di aiutarli, quando pregano, a pensare Dio per ciò che Egli davvero è.

© Copyright Avvenire, 18 novembre 2007

2 commenti:

brustef1 ha detto...

Beh ora è tutto chiaro, l'idea che proprio durante il papato di Benedetto XVI si imponesse di non dire più ave, come si è detto da sempre, ma "rallegrati" Maria mi sembrava piuttosto peregrina

Luisa ha detto...

Mi ricordavo che Papa Benedetto aveva già pronunciato quel "rallegrati maria" ma non mi ricordavo più dove..l`ho ritrovato finalmente...fu durante la sua visita al Santuario del Divino Amore dopo la recita del Rosario :

http://www.santuariodivinoamore.it/visita.html
Benedetto XVI disse:

"Abbiamo ripetuto e fatto nostre le parole dell'Angelo: "Rallegrati Maria, piena di grazia, il Signore è con te".

Anche se siamo abituati a dire Ave e continueremo a farlo, il "rallegrati" è senza dubbio più esatto !